Perché le pubbliche amministrazioni italiane dovrebbero rivolgersi, in via esclusiva, e al di fuori di ogni procedura di gara, all’Istituto Poligrafico dello Stato Spa – società della quale il Ministero dell’Economia è azionista unico – per la produzione ed erogazione di tutta una serie di prodotti e servizi che, per contro, potrebbero essere acquistati, probabilmente più a buon mercato, da centinaia di piccole e medie imprese italiane? E’ questa la domanda che, sollevando forti dubbi in relazione alla disciplina attualmente vigente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rivolto al Parlamento italiano in una segnalazione dello scorso 26 maggio nella quale evidenzia l’opportunità di intervenire sulle attuali norme per rimuovere ogni ostacolo alla libera concorrenza che non sia giustificato da esigenze di sicurezza, come accade per la produzione di carte valori e moneta di corso legale.
L’Istituto Poligrafico dello Stato è uno dei grandi monopolisti italiani al quale lo Stato riconosce, per legge, un regime di esclusiva per la produzione, per conto di tutte le amministrazioni, di una straordinaria varietà di prodotti e servizi tra i quali, oltre a monete e banconote di corso legale, “il conio di medaglie e fusioni artistiche per conto dello Stato italiano, di Stati esteri, di enti e privati, la fabbricazione di sigilli ufficiali e marchi metallici recanti l’emblema dello Stato, la fabbricazione di timbri metallici e marchi per conto di enti pubblici e di privati, la fabbricazione di contrassegni di Stato, la fabbricazione di targhe, distintivi metallici, gettoni ed altri prodotti artistici, la promozione dell’attività della Scuola dell’arte della medaglia e del Museo della Zecca, l’esecuzione di saggi su monete e metalli per conto dello Stato e di privati, la riparazione di congegni e macchinari in uso o in proprietà dello Stato, la partecipazione a studi, rilevazioni e prove sperimentali nelle materie attinenti al campo specifico della meccanica, la perizia delle monete ritenute false, il conio di monete commemorative o celebrative” e, infine, “la fabbricazione di contrassegni per macchine affrancatrici per conto dello Stato”.
L’Istituto Poligrafico, grazie a tale posizione di monopolio, ha realizzato nel 2009 (secondo l’ultimo bilancio reso disponibile sul sito dell’Ente) un fatturato di oltre 440 milioni di euro, costituito per circa la metà dalla produzione, conio e distribuzione di valori e monete, e per il resto dalla produzione ed erogazione da tutta una serie di prodotti e servizi editoriali e informatici che, probabilmente – anche stando a quanto oggi messo nero su bianco dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato – ben potrebbero essere prodotti ed erogati da società terze operanti sul libero mercato.
E’ difficile, in effetti, comprendere per quale ragione l’Istituto dovrebbe operare in regime di monopolio sul mercato della stampa di prodotti editoriali o, piuttosto, in quello dello sviluppo di siti internet o dell’erogazione di servizi informatici. Cosa impedisce allo Stato di dettare a un fornitore terzo delle specifiche tecniche di sicurezza idonee a consentire la produzione delle targhe delle automobili o, piuttosto, la produzione della Gazzetta ufficiale della Repubblica nella sua edizione cartacea ed elettronica?
Mentre la piccola e media impresa italiana – specie quella editoriale e tipografica – piange miseria per colpa della crisi e del progressivo abbandono dei tradizionali supporti cartacei in favore di quelli digitali, lo Stato sembra continuare a fare la parte del leone sul mercato, tenendo per sé tutta una serie di servizi che ben potrebbero – e, anzi, forse dovrebbero – essere immessi sul mercato e affidati a privati all’esito di gare pubbliche e sulla base di parametri obiettivi e trasparenti.