di Pascal Bruckner
Sgomento. È la condizione del nostro tempo. Cosa so del progresso, della scienza, della demografia, del clima, della tecnica, dell’alimentazione? In cinque, dieci anni, la Terra sarà divenuta inabitabile, le temperature saranno aumentate, si moltiplicheranno i terremoti, le inondazioni e la siccità, le guerre opporranno i popoli, tutte le centrali nucleari saranno esplose. L’uomo ha peccato d’orgoglio, ha distrutto il suo habitat, ha devastato il pianeta, perciò deve espiare. «La festa industriale è finita», avvertiva già nel 1979 il filosofo tedesco Hans Jonas, che invocava un uso illuminato della paura e una nuova responsabilità nei confronti della natura. Nella nostra vecchia Europa, il pathos dominante è quello della fine dei tempi. L’apocalissi è ineluttabile.
La paura è come un enzima: s’impadronisce di tutti i soggetti, se ne nutre e poi li abbandona per degli altri, nuovi, che saranno a loro volta abbandonati. Guardate Fukushima: il dramma non ha fatto che confermare un’inquietudine che lo precedeva e che stava cercando nutrimento per giustificarsi. Fra sei mesi saremo sollecitati da qualcosa di nuovo: una pandemia, l’influenza aviaria, la crisi alimentari, lo scioglimento dei ghiacci, onde malefiche e antenne paraboliche… A questo proposito, doppio sgomento: il catastrofismo regna soprattutto nei paesi occidentali come fosse la residenza secondaria di popoli privilegiati, sospiri di gatti paffuti che fanno le fusa nel confort.
Da noi l’avversione al rischio ha raggiunto una tale estensione che viviamo l’intreccio dei nostri drammi privati e dell’epopea mondiale come una minaccia permanente. La sconvolgente disgrazia lontana ha un che di singolare, poiché trasforma il grigiore in un’avventura ad alto rischio: potrebbe succedere anche noi. Strano paradosso: a dispetto della crisi, viviamo meglio in Europa che in qualsiasi altro posto, a tal punto che i migranti del mondo intero vogliono mettervi piede, eppure mai come oggi offendiamo le nostre società.
I discorsi allarmisti sull’atomo, sul clima, sul futuro del pianeta, nascondono una contraddizione. Se la situazione è così grave come dicono, a che serve insorgere? Perché non lasciarsi andare aspettando il diluvio? Per quanto riguarda le soluzioni suggerite, sembrano inferiori alla gravità del male. Sappiamo tutti cosa propongono la maggior parte delle correnti di questo movimento: abbandonare le automobili, i viaggi in aereo, consumare prodotti locali, abbandonare la carne, riciclare i rifiuti, piantare alberi, moderare i desideri, impoverirsi volontariamente. Tanto rumore per nulla! Enormità della diagnosi, derisione dei rimedi. Come fossimo gentili boy scout, ci prodigano di consigli d’economia casalinga degni delle nostre nonne. Poiché siamo sprovvisti di qualsiasi potere di fronte al Pianeta, facciamo fruttare quest’impotenza con piccoli gesti propiziatori: salire le scale a piedi, diventare vegetariani, andare in bicicletta… Gesti che ci danno l’illusione di agire per la terra.
Quanto ai cinesi, gli indiani e i brasiliani, che ritornino alla loro miseria, seduta stante. È fuori questione che si sviluppino, perché potrebbero farci ombra. L’involontaria ironia del discorso apocalittico è di mettere tutto al neutro: volendo persuaderci del caos planetario, incorporano la nostra eventuale sparizione al tepore quotidiano. Vorrebbero risvegliarci, invece ci intorpidiscono. Le energie sporche, l’inquinamento, le multinazionali che cospirano per avvelenarci, eccitano la nostra calma esistenza con un brivido inedito. Il nemico è fra noi e con noi, spia le nostre minime debolezze, tanto più insidioso quanto è visibile. Se i riti antichi avevano la funzione di incanalare la violenza di una comunità su una vittima sacrificale, i riti contemporanei hanno la funzione di drammatizzare lo status quo e farci vivere nell’esaltante prossimità del cataclisma.
Per sfuggire all’incertezza della storia, si decreta quindi la certezza del disastro: questo permette di cullarci, sereni, nelle dolcezze dell’abominio. Che c’importa della data della fine, tanto ci colpirà comunque quando s’abbatterà. Il discorso del catastrofista non dice «forse», dice: l’orrore è sicuro. Impermeabile al dubbio, lo sa da sempre, e si accontenta di registrare le tappe del degrado. Il profeta è un riduttore di destino, offre le stesse risposte a ogni interrogazione.
Ci viene allora un sospetto, quando le innumerevoli Cassandre, che vaticinano sui nostri climi, più che metterci in guardia vogliono fustigarci. Quando cioè l’intellettuale europeo indossa la maschera della Pizia, una Pizia bardata di scienza e di statistiche, che cumula gli attributi del ribelle che insorge a quelli del veggente che profetizza. Nel giudaismo classico, il profeta cercava di far rivivere la causa di Dio contro i re e i potenti. Nel cristianesimo, i movimenti millenaristi promuovevano una speranza di giustizia contro la Chiesa e i suoi prelati che vivevano nel lusso, tradendo il messaggio dei Vangeli. In una società laica, il profeta non ha nulla di viatico se non la sua indignazione. Capita allora che, inebriato dalla sua stessa parola, si attribuisce una legittimità indebita, e invoca con le sue orazioni la distruzione che egli pretende di ripudiare.
Questo è il rovesciamento: l’Apocalisse diventa per i suoi partigiani la nostra sola via di scampo. Come quei reazionari che, negli anni Sessanta e Settanta, auguravano alla gioventù europea una buona guerra per calmarli, i nostri Atrabiliari sperano che toccheremo il fondo affinché ci si possa svegliare. Meritate una bella lezione, non avete sofferto abbastanza, dovete passarne di cotte e di crude! È un vero augurio di morte che rivolgono alle popolazioni. Non sono anime belle che ci mettono in guardia, ma spiriti piccoli piccoli che ci augurano tutto il male possibile se avremo la spudoratezza di non ascoltarli. La catastrofe non è la loro ossessione, è loro gioia più profonda. Fukushima è stata per loro come ciò che è stato l’affaire Dreyfus per l’estrema destra francese: non uno spaventoso dramma, ma una «divina sorpresa». E allora si tengano la loro tragedia! Fra la lucidità e l’asprezza, la predizione e l’anatema, la distanza è corta.
traduzione di Marco Filoni
Saturno, Il Fatto quotidiano, 24 giugno 2011
Saturno
“Ambientalisti, che voglia di catastrofe”
È diventata la psicosi dei giorni nostri? Il filosofo francese Pascal Bruckner racconta come un certo pensiero ecologico si alimenta della retorica dell'apocalisse. Aggiungendo che non è altro che un augurio di morte: "Non sono anime belle che ci mettono in guardia, ma spiriti piccoli piccoli che ci augurano tutto il male possibile se avremo la spudoratezza di non ascoltarli".
Sgomento. È la condizione del nostro tempo. Cosa so del progresso, della scienza, della demografia, del clima, della tecnica, dell’alimentazione? In cinque, dieci anni, la Terra sarà divenuta inabitabile, le temperature saranno aumentate, si moltiplicheranno i terremoti, le inondazioni e la siccità, le guerre opporranno i popoli, tutte le centrali nucleari saranno esplose. L’uomo ha peccato d’orgoglio, ha distrutto il suo habitat, ha devastato il pianeta, perciò deve espiare. «La festa industriale è finita», avvertiva già nel 1979 il filosofo tedesco Hans Jonas, che invocava un uso illuminato della paura e una nuova responsabilità nei confronti della natura. Nella nostra vecchia Europa, il pathos dominante è quello della fine dei tempi. L’apocalissi è ineluttabile.
La paura è come un enzima: s’impadronisce di tutti i soggetti, se ne nutre e poi li abbandona per degli altri, nuovi, che saranno a loro volta abbandonati. Guardate Fukushima: il dramma non ha fatto che confermare un’inquietudine che lo precedeva e che stava cercando nutrimento per giustificarsi. Fra sei mesi saremo sollecitati da qualcosa di nuovo: una pandemia, l’influenza aviaria, la crisi alimentari, lo scioglimento dei ghiacci, onde malefiche e antenne paraboliche… A questo proposito, doppio sgomento: il catastrofismo regna soprattutto nei paesi occidentali come fosse la residenza secondaria di popoli privilegiati, sospiri di gatti paffuti che fanno le fusa nel confort.
Da noi l’avversione al rischio ha raggiunto una tale estensione che viviamo l’intreccio dei nostri drammi privati e dell’epopea mondiale come una minaccia permanente. La sconvolgente disgrazia lontana ha un che di singolare, poiché trasforma il grigiore in un’avventura ad alto rischio: potrebbe succedere anche noi. Strano paradosso: a dispetto della crisi, viviamo meglio in Europa che in qualsiasi altro posto, a tal punto che i migranti del mondo intero vogliono mettervi piede, eppure mai come oggi offendiamo le nostre società.
I discorsi allarmisti sull’atomo, sul clima, sul futuro del pianeta, nascondono una contraddizione. Se la situazione è così grave come dicono, a che serve insorgere? Perché non lasciarsi andare aspettando il diluvio? Per quanto riguarda le soluzioni suggerite, sembrano inferiori alla gravità del male. Sappiamo tutti cosa propongono la maggior parte delle correnti di questo movimento: abbandonare le automobili, i viaggi in aereo, consumare prodotti locali, abbandonare la carne, riciclare i rifiuti, piantare alberi, moderare i desideri, impoverirsi volontariamente. Tanto rumore per nulla! Enormità della diagnosi, derisione dei rimedi. Come fossimo gentili boy scout, ci prodigano di consigli d’economia casalinga degni delle nostre nonne. Poiché siamo sprovvisti di qualsiasi potere di fronte al Pianeta, facciamo fruttare quest’impotenza con piccoli gesti propiziatori: salire le scale a piedi, diventare vegetariani, andare in bicicletta… Gesti che ci danno l’illusione di agire per la terra.
Quanto ai cinesi, gli indiani e i brasiliani, che ritornino alla loro miseria, seduta stante. È fuori questione che si sviluppino, perché potrebbero farci ombra. L’involontaria ironia del discorso apocalittico è di mettere tutto al neutro: volendo persuaderci del caos planetario, incorporano la nostra eventuale sparizione al tepore quotidiano. Vorrebbero risvegliarci, invece ci intorpidiscono. Le energie sporche, l’inquinamento, le multinazionali che cospirano per avvelenarci, eccitano la nostra calma esistenza con un brivido inedito. Il nemico è fra noi e con noi, spia le nostre minime debolezze, tanto più insidioso quanto è visibile. Se i riti antichi avevano la funzione di incanalare la violenza di una comunità su una vittima sacrificale, i riti contemporanei hanno la funzione di drammatizzare lo status quo e farci vivere nell’esaltante prossimità del cataclisma.
Per sfuggire all’incertezza della storia, si decreta quindi la certezza del disastro: questo permette di cullarci, sereni, nelle dolcezze dell’abominio. Che c’importa della data della fine, tanto ci colpirà comunque quando s’abbatterà. Il discorso del catastrofista non dice «forse», dice: l’orrore è sicuro. Impermeabile al dubbio, lo sa da sempre, e si accontenta di registrare le tappe del degrado. Il profeta è un riduttore di destino, offre le stesse risposte a ogni interrogazione.
Ci viene allora un sospetto, quando le innumerevoli Cassandre, che vaticinano sui nostri climi, più che metterci in guardia vogliono fustigarci. Quando cioè l’intellettuale europeo indossa la maschera della Pizia, una Pizia bardata di scienza e di statistiche, che cumula gli attributi del ribelle che insorge a quelli del veggente che profetizza. Nel giudaismo classico, il profeta cercava di far rivivere la causa di Dio contro i re e i potenti. Nel cristianesimo, i movimenti millenaristi promuovevano una speranza di giustizia contro la Chiesa e i suoi prelati che vivevano nel lusso, tradendo il messaggio dei Vangeli. In una società laica, il profeta non ha nulla di viatico se non la sua indignazione. Capita allora che, inebriato dalla sua stessa parola, si attribuisce una legittimità indebita, e invoca con le sue orazioni la distruzione che egli pretende di ripudiare.
Questo è il rovesciamento: l’Apocalisse diventa per i suoi partigiani la nostra sola via di scampo. Come quei reazionari che, negli anni Sessanta e Settanta, auguravano alla gioventù europea una buona guerra per calmarli, i nostri Atrabiliari sperano che toccheremo il fondo affinché ci si possa svegliare. Meritate una bella lezione, non avete sofferto abbastanza, dovete passarne di cotte e di crude! È un vero augurio di morte che rivolgono alle popolazioni. Non sono anime belle che ci mettono in guardia, ma spiriti piccoli piccoli che ci augurano tutto il male possibile se avremo la spudoratezza di non ascoltarli. La catastrofe non è la loro ossessione, è loro gioia più profonda. Fukushima è stata per loro come ciò che è stato l’affaire Dreyfus per l’estrema destra francese: non uno spaventoso dramma, ma una «divina sorpresa». E allora si tengano la loro tragedia! Fra la lucidità e l’asprezza, la predizione e l’anatema, la distanza è corta.
traduzione di Marco Filoni
Saturno, Il Fatto quotidiano, 24 giugno 2011
Articolo Precedente
Frale, la storica che imita Dan Brown
Articolo Successivo
Esser ambientalisti non significa abbandonare la ragione
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Summit di Parigi sull’Ucraina: presente anche Meloni. Scholz frena: “Sbagliato parlare di truppe europee sul terreno”. Starmer: “Serve intesa duratura con Mosca”
Politica
Russia ancora contro Mattarella: ‘Parallelo con Hitler? Conseguenze’. Ovazione in Aula per il Presidente. M5s: “Noi non l’avremmo detto”
Politica
Conte lancia la piazza anti-governo: “Stanchi di prese in giro”. Schlein: “Ci siamo, organizziamola insieme”
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha invitato gli Stati Uniti a fornire "una garanzia di sicurezza" in Ucraina, affermando che è "l'unico modo" per dissuadere la Russia dall'attaccare nuovamente il Paese.
"Sono pronto a prendere in considerazione un impegno delle forze britanniche sul terreno insieme ad altri se si raggiungerà un accordo di pace duraturo", ha dichiarato il leader, dopo un incontro di emergenza a Parigi con i suoi omologhi europei. “Ma deve esserci il sostegno degli Stati Uniti, perché una garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti è l’unico modo per scoraggiare efficacemente la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”, ha aggiunto.
Milano, 17 feb. (Adnkronos) - Luca Tomassini, ex rappresentante legale della Vetrya, che si era aggiudicata l'incarico per lo sviluppo dei servizi digital delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano-Cortina 2026, si è presentato in procura a Milano e si è riservato di tornare per spiegare alcuni aspetti dell'inchiesta per turbativa d'asta e corruzione. Accompagnato dal difensore Giordano Balossi, l'indagato ha interloquito con i titolari dell'indagine - l'aggiunta Tiziana Siciliano e coi pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis - e si è riservato su un possibile interrogatorio più approfondito. Confronto atteso a breve e comunque prima della scadenza del termine delle indagini che è previsto per metà marzo.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato di voler creare un'agenzia speciale per la "partenza volontaria" dei residenti di Gaza, dopo l'impegno del primo ministro a rispettare il piano del presidente americano di prendere il controllo del territorio palestinese e di sfollarne gli abitanti.
"Il ministro della Difesa Israel Katz ha tenuto una riunione oggi sulla partenza volontaria dei residenti di Gaza, dopo di che ha deciso di creare un'agenzia speciale per la partenza volontaria dei residenti di Gaza all'interno del Ministero della Difesa", si legge in una nota del ministero.
Almaty, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera di rame nel Kazakistan centrale a causa di un crollo. Lo hanno reso noto le autorità locali, aggiungendo che sono in corso le operazioni di soccorso. Secondo quanto riportato dai media kazaki, l'incidente è avvenuto a una profondità di circa 640 metri.
"A causa della rottura dei cavi, al momento non c'è comunicazione con i lavoratori", ha affermato in una nota il gestore della miniera, Kazakhmys. Non è stato specificato quando è avvenuto l'incidente, ma si è verificato presso lo stabilimento "Zhomart" dell'azienda, inaugurato nel 2006 nella regione centrale di Ulytau.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni ha lasciato il vertice di Parigi senza alcuna dichiarazione all'uscita. Per il momento non c'è una valutazione in chiaro da parte della presidente del Consiglio. Ma a Roma, a Montecitorio, le opposizioni incalzano e chiedono alla premier di venire in aula a chiarire in Parlamento cosa sta accadendo e quale è la linea dell'Italia nello sconquasso provocato dalle mosse dell'amministrazione Trump in Europa e sul fronte del conflitto ucraino. Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si fanno portatori della richiesta. I 5 Stelle chiedono comunicazioni in aula con un voto.
"La presidente Meloni deve venire in aula a riferire su quanto sta accadendo. Su quella -dice Nicola Fratoianni- che potrebbe diventare la road map per una pace, per un cessate il fuoco, per un accordo in Ucraina. Si annuncia a Riad l'incontro tra la delegazione americana e quella russa. Un incontro in cui l'Europa non esiste e penso che questo sia un problema di cui il Parlamento, tutto il Parlamento, dovrebbe discutere. Non c'è tempo da perdere".
A nome del Pd parla il responsabile Esteri, Peppe Provenzano: "Giorgia Meloni deve venire in Aula, perché siamo alla fine del mondo di ieri", esordisce. "Gli alleati che ci avevano aiutato a liberarci dall'abisso del nazifascismo, oggi spalleggiano gli estremisti di destra, nostalgici del nazismo, in Germania. L'idea di escludere l'Europa dal negoziato per la pace in Ucraina è un attacco diretto al nostro continente". Di fronte a tutto questo, incalzano i dem, la premier "deve dirci da che parte vuole stare". Provenzano richiama "l'improvvida solitaria presenza della premier alla cerimonia giuramento di Trump", modo per sottolineare un "rapporto privilegiato" con la nuova amministrazione. Ma "in pochi giorni si è aperta una voragine nell'Atlantico" E "l'Italia deve scegliere da che parte stare. Il governo deve dirci da che parte vuole stare. Se partecipare al rilancio di un necessario protagonismo dell'Europa o continuare a stare dalla parte di chi vuole picconare la nostra costruzione comune".
E se il Pd conferma la linea del supporto a Kiev insieme alla richiesta di uno sforzo diplomatico europeo, i 5 Stelle rivendicano di sostenere "da tempo che andava trovata una soluzione diplomatica". Fino "a pochi mesi fa la premier Meloni diceva che con Putin era inutile parlare. Mi chiedo se ora direbbe lo stesso anche a Trump. Vogliamo delle comunicazioni del governo sulle novità della situazione ucraina, e le vogliamo con voto. Vorremmo sentire almeno per una volta Giorgia Meloni. La aspettiamo''.
Sul punto è poi tornato anche il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, quando tutta l'aula si è alzata per una standing ovation in solidarietà al presidente Sergio Mattarella per gli attacchi subiti da parte del governo russo. Ricciardi nel dare solidarietà sottolinea però che il passaggio fatto dal capo dello Stato a Marsiglia, "che sicuramente è stato male interpretato, è un passaggio che noi non avremmo fatto perché dà la leva alla narrazione che da più due anni si sta facendo in Italia e in Europa, che giustifica il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora si rendono tutti conto dovrà arrivare a una trattativa".
A stretto giro la replica in aula del capogruppo Fdi, Galeazzo Bignami: "Sono maldestri i tentativi di qualcuno di aprire, anche su questo, una distinzione che non ha ragione d’essere perché ci sarà tempo e modo di poter discutere se la trattiva di pace” sull’Ucraina “si aprirà grazie magari all’invio delle brigate del reddito di cittadinanza o grazie al fatto che qualcuno è stato al fianco di Kiev, grazie alla postura di questo governo, in continuità anche rispetto a quando voi avevate votato a favore dell’invio di armi".
Riad, 7 feb. (Adnkronos/Afp) - La delegazione russa, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, è arrivata in Arabia Saudita per colloqui di alto livello con funzionari statunitensi. Lo ha riferito la televisione di Stato russa.
Il canale di notizie Rossiya 24 ha mostrato i funzionari sbarcare da un aereo nella capitale saudita Riad. "La cosa principale è iniziare una vera normalizzazione delle relazioni tra noi e Washington", ha detto Ushakov a un giornalista dopo l'atterraggio.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "La Lega, da sempre sincera sostenitrice della pace, confida che in Europa prevalga il buonsenso, anche grazie all’azione di un governo italiano forte e compatto. Incomprensibili gli attacchi di certa sinistra contro il Presidente Trump, che in poche settimane ha fatto - per la pace e la stabilità dell’intero Occidente - più di Biden in anni interi. Dopo troppi morti è l’ora di voltare pagina: il nemico non è Trump ma chi non vuole mettere fine ai conflitti". Così fonti della Lega.