Appoggio elettorale in cambio di favori. Lo spartito è noto. Altrettanto gli interpreti. Oggi, infatti, i boss della ‘ndrangheta padana sono in grado di mettere sul tavolo pacchetti di voti a disposizione del miglior offerente. Il gioco è aperto a chiunque. Politicamente non c’è preclusione. Ogni schieramento vale. Di destra, di sinistra. Ma anche liste civiche o partiti nati per difendere i diritti. Come il Meda, ovvero Movimento europeo diversamente abili. Anche qui la ‘ndrangheta ha cercato di pescare voti. Il particolare emerge dalle migliaia di pagine dell’inchiesta “Infinito” che il 13 luglio 2010 ha fatto scattare le manette per 169 presunti affiliati alle cosche lombarde.
La vicenda, contenuta nel capitolo chiamato “Capitale sociale della ‘ndrangheta”, non porterà ad alcun provvedimento penale. I pm, nelle pagine finali della loro richiesta, si riservano, però, di “accertare il grado di coinvolgimento nel sodalizio di soggetti che allo stato paiono solo contigui”. Tra questi Francesco Bertè che nel 2007 ricopre l’incarico di direttore sanitario del carcere di Monza. Nello stesso penitenziario di Monza il boss Rocco Cristello sarà detenuto per droga dall’8 luglio 2006 al 27 marzo 2007. Cristello, collegato alle cosche di Melito Porto Salvo, per anni gestisce gli affari mafiosi tra Seregeno e Mariano Comense. La sua carriera, però, finisce in maniera tragica. Cristello, infatti, viene ucciso fuori dalla sua villa di Verano Brianza il 27 marzo 2008. Omicidio di mafia. Incastrato dentro a una faida che per anni insanguina la ricca brianza.
Nel frattempo, il padrino, tra i tanti affari trattati, si occupa di racimolare voti. E per farlo tenta anche la carta dei disabili. I fatti risalgono all’estate del 2007 quando lo stesso Francesco Bertè (non indagato) chiede un appoggio elettorale allo stesso boss della ‘ndrangheta, il quale “lo mette in contatto con un movimento politico apparentemente di secondo piano a livello locale”. Si tratta del movimento europeo che si occupa di tutelare i diritti dei disabili. Il suo referente viene indicato dai magistrati in Sergio Riboldi, anche lui non toccato dall’inchiesta. L’obiettivo, però, è chiaro: raccogliere voti.
Il primo contatto tra Bertè e il rappresentante del Movimento politico avviene il 10 luglio 2007 al Giardino degli Ulivi, un vivaio di Seregno teatro di molti summit tra ‘ndranghetisti locali. Il dato viene definito dagli inquirenti “meta di pellegrinaggi mafiosi”. E’ qui che si presentano sia Bertè che Riboldi. Cristello, in fondo, sa che “un eventuale incarico pubblico” tornerebbe a favore delle sue imprese. Il boss, pochi minuti prima dell’arrivo di Bertè, svela così i suoi progetti: “Lui è un dottore, è dirigente sanitario del carcere, pare che adesso dovrebbe prendere in mano anche la sanità”. Il suo interlocutore che non viene, però, identificato gli risponde che Bertè potrebbe “entrare a far parte del loro movimento (ndr Meda) e che questo movimento dovrebbe diventare un partito”. Il boss replica: “Questo è un amico mio, mangiamo insieme, vado a casa sua, lui mi sta dando una mano per fare queste cose (..) Se io gli dico c’è questo ospedale, dobbiamo prendere la manutenzione degli impianti”. Il rapporto tra i due è buono. Tanto che Bertè, secondo i pm, si mostra disponibile per agevolare visite mediche a Cristello. Di più: “Bertè oltre ad aiutare Cristello in prestazioni mediche, si impegna a fargli ottenere, in modo incondizionato e in breve tempo, una licenza di 15 giorni nell’agosto del 2007”. Cristello sa come sdebitarsi. E così, sostiene l’accusa, manda un suo compare a ristrutturare la taverna di proprietà dello stesso medico.
Dopodiché si passa alla fase operativa. Come racimolare voti. La spiegazione tocca allo stesso Riboldi il quale “illustra lo stratagemma utilizzato per accaparrare voti da far poi confluire all’uno o all’altro schieramento politico”. Il rappresentante del Meda spiega come “il movimento politico, per il sol fatto che si occupa delle problematiche connesse ai diversamente abili è sicuro di attirare i consensi di una moltitudine di persone portatrici di handicap di vario genere, ma non solo”. Quindi passa all’elenco delle varie categorie di disabilità. “La persona in carrozzina, ma può essere la persona down, può essere la persona che ha perso il posto di lavoro, ha tre figli da mantenere, è un problema, quindi vive socialmente delle problematiche che lo rendono una persona diversamente abile per uno invece che ha il posto di lavoro”. In questo modo lo stesso Riboldi paragona la disabilità alla condizione del carcerato “affiancandosi” al ruolo di Bertè, il quale “ricoprendo la carica di direttore sanitario di un istituto di pena, potrebbe utilizzare la sua posizione istituzionale per trarne un vantaggio indiscutibile per l’accaparramento di consensi elettorali anche da parte dei vari detenuti”.
Insomma, se da un lato gli investigatori fotografano i rapporti tra il boss della ‘ndrangheta, il direttore sanitario e il referente del movimento per i disabili, dall’altro lato le indagini alla fine si perderanno tra i mille rivoli dell’operazione “Infinito”. Tanto che i magistrati si riservano di ritornare sul caso. Dal canto suo lo stesso Bertè, che non risulta indagato, ha precisato: “Non ho mai favorito Cristello perché ottenesse licenze premio”. E ancora: “Non è vero che Cristello ha ricambiato favori con dei lavori di ristrutturazione della mia taverna”.