Nove anni a Sergio Cragnotti e quattro a Cesare Geronzi per il crack Cirio. Queste le due principali condanne decise dai giudici della I Sezione penale di Roma del Tribunale. Condannati anche il genero e i figli di Cragnotti. In particolare, al genero Filippo Fucile sono stati inflitti 4 anni e sei mesi di reclusione. Quattro anni anche per Andrea Cragnotti, mentre sono stati condannati a 3 anni di reclusione gli altri due figli del patron di Cirio Elisabetta e Massimo.
Unicredit, come responsabile civile dovrà pagare 200 milioni di euro insieme agli altri imputati all’amministrazione straordinaria Cirio. La sentenza conclude il processo per il dissesto della società agroalimentare a carico complessivamente di 35 persone (una delle quali, Livio Ferruzzi è deceduta in questi giorni), e a una società di revisione. In particolare gli imputati erano sei componenti della famiglia Cragnotti, con in testa il ‘patron’, 17 tra dirigenti e funzionari del Gruppo Cirio, e 6 dirigenti della Banca di Roma, tra i quali Geronzi, all’epoca dei fatti presidente dell’istituto, e due dirigenti della vecchia Banca popolare di Lodi.
Bancarotta fraudolenta per le varie ipotesi previste dal codice e cioè per distrazione, documentale e preferenziale, nonché truffa oltre ad altri reati minori le accuse contestate a seconda della posizione processuale agli imputati dai pubblici ministeri Rodolfo Sabelli e Gustavo De Marinis. I pm avevano chiesto 15 anni di reclusione per Sergio Cragnotti, 8 anni oltre a pene accessorie per Cesare Geronzi, 12 anni per Fucile, genero di Cragnotti che ha avuto un ruolo di dirigente nell’azienda, 8 anni per i figli di Cragnotti Andrea e Elisabetta, 6 anni per la moglie dell’imprenditore Flora Pizzichemi e l’altro figlio Massimo. L’inchiesta, cominciata nel 2003, si concluse a metà del maggio 2005 e ha coinvolto inizialmente 45 persone. Il dissesto ha danneggiato 13mila persone che avevano sottoscritto bond e titoli di credito della Cirio.
”Resto tranquillo perché continuo a ritenere di avere agito correttamente, nell’ambito delle responsabilità statutarie, esercitando il compito proprio, naturale del banchiere, senza commettere alcun illecito. Diversamente, in casi della specie, la funzione di ogni banchiere resterebbe paralizzata”. Così Cesare Geronzi commenta con l’ANSA la sentenza di condanna a quattro anni di reclusione decisa questa sera nei suoi confronti dal Tribunale di Roma. “Per questa ragione e per la fiducia che nutro nella Magistratura – aggiunge – confido che in sede di appello come è già accaduto in un’altra circostanza del genere, l’ulteriore, ponderata riflessione consentirà di fare piena chiarezza e di riconoscere l’assoluta non colpevolezza del mio comportamento”.
Per la difesa di Cragnotti, invece, “siamo in presenza di una pena modesta (9 anni, ndr) rispetto alle richieste avanzate dai pm della procura (15 anni, ndr)”. E dunque “speriamo in appello di poter portare avanti le nostre ragioni perché il reato di bancarotta si può consumare anche in un singolo episodio”. Questo il commento di Massimo Krogh, uno dei difensori di Sergio Cragnotti, che per il crac del gruppo Cirio è stato condannato dalla prima sezione penale del tribunale di Roma alla pena più alta rispetto agli altri imputati.