Secessione. Roma ladrona. Sicurezza. Sprechi. Sono le quattro parole del leghista. Mentre Roberto Calderoli presenta una proposta di riforma costituzionale per ridurre i costi della politica, Umberto Bossi, da Piacenza, grida che i suoi sì che sarebbero disposti a ridursi lo stipendio, “ma è colpa degli altri se non è mai stato possibile”.

Smentire il senatùr è fin troppo facile. Basta ricordarsi quanto avvenuto in parlamento il 21 settembre scorso. L’Italia dei Valori, con il vicecapogruppo alla Camera, Antonio Borghesi, presenta una proposta per ridurre stipendi e pensioni ai parlamentari. Un pacchetto che avrebbe fatto risparmiare 15 miliardi di euro, tra cui il dimezzamento dei parlamentari, la riduzione delle province, delle auto blu e delle consulenze. Di Pietro e i suoi restano isolati: gli votano contro la Lega, appunto, il Pdl, il Pd e l’Udc. Il pacchetto prevedeva anche un ritocco sui compensi agli assenti, come oggi spiega Calderoli. Finisce 498 su 525 contrari. E i più irritati sono proprio quelli della Lega.

È già accaduto altre tre volte, a partire dal 1996, che la Lega, forza di governo o di opposizione, si sia espressa contro i tagli alla Casta e ai privilegi romani. A partire da uno stipendio che per ogni parlamentare, a oggi, è di 19.150 euro netti al mese. A questo vanno aggiunti i benefit: aereo gratis, treno gratis, traghetto gratis, niente spese per i francobolli, assicurazione sugli infortuni e in caso di morte, ma sempre gratis, così come la convenzione sanitaria. Gratis. Più altri piccoli e grandi privilegi. Tutte cose che la Lega, da quando è nata, non ha mai contestato. Anzi. La Freccia Alata, l’esclusivo club Alitalia che altro non è che una sala d’attesa di prima classe, era piena di leghisti. Ospite fisso, per citarne uno, Erminio Boso, costretto a fare il pendolare col Veneto, visto che all’epoca la sua compagna viveva a Feltre.

Insomma, Roma sarà anche ladrona, ma poi non si alloggia così male, visti gli agi. A proposito: anche i ristoranti sono gratis e nel 1999 le “colazioni di lavoro” dei parlamentari sono costate qualcosa come 1 milione e mezzo di euro. Contando i nove anni trascorsi, meglio non aggiornare il conto.

Anche nella verde terra padana i conti sono in rosso.  Non solo a Roma i leghisti si adeguano. Prendiamo il Veneto, la roccaforte guidata da Luca Zaia. Il 18 maggio 2004, quando ancora era un emergente nel Carroccio, alla guida della Provincia di Treviso, decide che è il tempo di cambiare sede. La Provincia – ente bollato come inutile ma difeso trasversalmente, da destra a sinistra, che Zaia guida – firma il contratto e si indebita fin sopra i capelli.

Non quelli di Zaia, ovvio: con 9.022.598 euro si assicura quello che era un vecchio manicomio dell’Asl. Il preliminare unificato viene approvato il giorno 11 novembre 2004. Prevede un primo stralcio per il restauro e la ristrutturazione urbanistica e un secondo stralcio per la viabilità di accesso all’area. Importo complessivo: 67,1 milioni di euro. Il 21 novembre 2005 si approva il progetto definitivo integrato dei lavori di ristrutturazione (esclusa la viabilità) per 57,1 milioni di euro, pagabili attraverso 42,9 milioni (in parte attraverso trasferimento di beni per 18 milioni) e 14,1 con somme a disposizione dell’ente.

Ma Zaia, uomo di classe, spende in un colpo solo per sedie, tavolo da lavoro e lampadari 2 milioni e 52 mila euro più Iva. Costo totale dell’operazione: 90 milioni di euro.

La Lega, del resto, ha sempre gridato allo scandalo per gli sperperi di Roma. Anche i finanziamenti ai giornali. Ma li riceve. In 16 anni di finanziamento pubblico ai giornali, 598 milioni di euro, in testa alla lista c’è l’Unità. A seguire la Padania, che dal dipartimento per l’editoria della presidenza del consiglio dei ministri ha preso 50 milioni di euro.

Per tornare agli arredi, invece, non serve spostarsi dal Veneto: a Venezia la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto ha speso 9.250 euro per un lume. Niente in confronto a Zaia, ma la sua bella figura l’ha fatta anche lei. Ancora dal Triveneto. Sono di nuovo leghisti i recordman certificati del doppio e triplo incarico. Un esempio su tutti, per l’inebriamento da potere, lo ha dato Edouard Ballaman: leghista della prima ora, parlamentare per tre volte e poi presidente del consiglio regionale in Friuli Venezia Giulia, a cui ora la procura della Corte dei Conti contesta un danno erariale di quasi 23 mila euro.

Uomo di ferro tra i bossiani, il più rigido, ricordano i compagni di partito, Ballaman è finito sotto inchiesta per 57 viaggi personali fatti da lui e la fidanzata (poi diventata moglie), a bordo dell’auto blu che la Regione gli metteva a disposizione. Anzi, più di una vettura, visto che prima si spostava con una Lancia Thesis, poi ha scelto una più robusta Audi A6, ammiraglia della casa tedesca. Secondo la Corte dei Conti, Ballaman avrebbe creato un danno erariale di 22.877 euro. Una spesa divisa tra carburante, pedaggi autostradali, gestione delle autovetture e compensi agli autisti.

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