Che la strada per Ivano Dionigi fosse tutta in salita si era capito già dal momento del suo insediamento, nell’autunno del 2009. Appena varcata la porta di Palazzo Poggi nelle nuove vesti di magnifico rettore, Dionigi si trova costretto a guidare un’Università come quella di Bologna (83000 studenti, 23 facoltà e sedi sparse tra Bologna, Rimini, Forlì, Cesena e Ravenna) in un mare in tempesta per i tagli di Tremonti prima e per i piani di riforma della Gelmini poi. E in un contesto come quello, il passo dal ruolo accademico a quello politico è breve e quasi impercettibile.
Classe 1948, pesarese d’origine, ma bolognese d’adozione, Dionigi inizia la carriera da docente di Latino a Bologna. Dopo una breve parentesi alla Ca’ Foscari di Venezia, torna in Emilia Romagna dove oltre a diventare titolare della cattedra di Letteratura Latina a Bologna, fonda e dirige il Centro Studi “La permanenza del Classico” per promuovere gli studi classici nella scuola e nella società, con cicli di letture e lezioni. È per diversi anni consigliere nel Cda dell’Università, membro del Senato accademico e Direttore del Dipartimento di Filologia Classica e Medioevale.
All’attività accademica affianca sempre quella politica, sedendo in Consiglio comunale per 14 anni, in quota Ds poi Pd. Nel 2009 la vittoria al ballottaggio contro Giorgio Cantelli Forti, professore di Farmacologia ( per questo sostenuto dalla facoltà di Medicina) ed ex- assessore all’Ambiente a alla Sanità nella giunta Guazzaloca. Dionigi diventa rettore dell’Ateneo felsineo, succedendo a Pier Ugo Calzolari e portando a casa il 56,7% delle preferenze (circa 1280 voti) contro il 40,1% (905 voti) del suo avversario. Alla base del suo programma elettorale tre punti: il cambiamento nell’autonomia, l’alleggerimento della burocrazia e l’impulso alla ricerca.
Dionigi vince anche per la sua estraneità al pragmatismo scientifico: l’ amore per la cultura classica fa di lui un uomo appassionato, pronto ad ascoltare la sua università e lontano dalla fredda figura del rettore-manager. Un’immagine che piace, insomma, e su cui tanti ripongono le proprie speranze.
Ma tempo qualche mese e le aspettative si infrangono sulla porta del rettorato. È la primavera del 2010 e docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo delle università da nord a sud sono mobilitati contro il Decreto Legge di riforma del ministro per l’Istruzione Gelmini. Bologna non è da meno e chiede a Dionigi di mettere nero su bianco la sua posizione, firmando l’appello contro la legge. Ma il Magnifico non firma, perché è “un progetto che deve essere emendato, non respinto. Il mio compito è quello di dialogare con tutti, governo compreso”. Ecco, Dionigi diventa ufficialmente rettore e insieme attore politico. I sindacati rimangono a bocca asciutta: “Con la Moratti i rettori si dimisero”.
In autunno i primi venti di tempesta. L’avevano annunciato a maggio e a settembre rispettano le promesse: per protestare contro il Governo quasi 400 ricercatori decidono di bloccare la didattica rendendosi indisponibili a svolgere le lezioni. Il rettore prima li ascolta e assicura solidarietà, ma poi dà loro l’ultimatum perché l’Università “deve andare avanti” e quindi i ribelli saranno rimpiazzati da docenti a contratto. Salvo poco dopo fare marcia indietro, definendo la sostituzione dei ricercatori l’ ”estrema ratio” (pochi mesi e Dionigi introdurrà, primo caso in Italia, il pagamento per ogni ora di lezione fatta dai ricercatori). A dicembre la bufera: tutt’Italia è invasa da manifestazioni antigelmini. E mentre a Roma si arriva alla guerriglia, a Bologna per paura di proteste e contestazioni, Dionigi decide di sospendere l’inaugurazione del nuovo anno accademico.
Passano le feste e passa la legge Gelmini. A Bologna i malumori riemergono prepotenti con l’avvio dei lavori per la riscrittura dello statuto dell’Ateneo, un passo obbligato dalla riforma che prevede l’approvazione entro la fine di luglio (pena il commissariamento). Secondo molti in Ateneo la Commissione incaricata da Dionigi di realizzare la nuova “costituzione” dell’Università avrebbe dovuto essere rieletta dopo l’approvazione della legge Gelmini, garantendo anche la rappresentanza dei ricercatori e dei professori associati.
La road map procede comunque, tra le proteste degli studenti, che spostano la mobilitazione dalle piazze al rettorato, e di parecchi docenti che si riuniscono in un gruppo dal nome abbastanza esplicativo “Docenti preoccupati”. Il Rettore raccoglie tutte le proposte di emendamento, le valuta insieme alla commissione, ma alla fine non riesce a soddisfare i sindacati. A giungo infatti le sigle si riuniscono e decidono di indire un referendum interno per sollecitare la modifica di alcuni punti della bozza. Risultato: quasi 2300 dipendenti dell’università bocciano lo statuto così come è stato presentato.
Dionigi tira dritto e presenta anche la seconda bozza, ignorando quasi tutte le richieste degli elettori. Il resto è storia recente: l’ultimatum lanciato dall’Intersindcale e il richiamo dei poli romagnoli sono solo gli ultimi segnali di sfiducia che l’Università di Bologna sta lanciando a colui che avrebbe dovuta traghettarla con coraggio lontano dalla tempesta.
Emilia Romagna
Bologna, Ateneo in rivolta contro Dionigi
Il rettore “del Pd” schierato con la Gelmini
Tempi difficili per il latinista eletto nel 2009 a capo dell'Alma Mater. Prima la non bocciatura del decreto della ministra, il braccio di ferro con studenti e ricercatori, infine la riscrittura della statuto sottoposta a referendum e bocciata. Eppure era il candidato forte del centrosinistra
Classe 1948, pesarese d’origine, ma bolognese d’adozione, Dionigi inizia la carriera da docente di Latino a Bologna. Dopo una breve parentesi alla Ca’ Foscari di Venezia, torna in Emilia Romagna dove oltre a diventare titolare della cattedra di Letteratura Latina a Bologna, fonda e dirige il Centro Studi “La permanenza del Classico” per promuovere gli studi classici nella scuola e nella società, con cicli di letture e lezioni. È per diversi anni consigliere nel Cda dell’Università, membro del Senato accademico e Direttore del Dipartimento di Filologia Classica e Medioevale.
All’attività accademica affianca sempre quella politica, sedendo in Consiglio comunale per 14 anni, in quota Ds poi Pd. Nel 2009 la vittoria al ballottaggio contro Giorgio Cantelli Forti, professore di Farmacologia ( per questo sostenuto dalla facoltà di Medicina) ed ex- assessore all’Ambiente a alla Sanità nella giunta Guazzaloca. Dionigi diventa rettore dell’Ateneo felsineo, succedendo a Pier Ugo Calzolari e portando a casa il 56,7% delle preferenze (circa 1280 voti) contro il 40,1% (905 voti) del suo avversario. Alla base del suo programma elettorale tre punti: il cambiamento nell’autonomia, l’alleggerimento della burocrazia e l’impulso alla ricerca.
Dionigi vince anche per la sua estraneità al pragmatismo scientifico: l’ amore per la cultura classica fa di lui un uomo appassionato, pronto ad ascoltare la sua università e lontano dalla fredda figura del rettore-manager. Un’immagine che piace, insomma, e su cui tanti ripongono le proprie speranze.
Ma tempo qualche mese e le aspettative si infrangono sulla porta del rettorato. È la primavera del 2010 e docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo delle università da nord a sud sono mobilitati contro il Decreto Legge di riforma del ministro per l’Istruzione Gelmini. Bologna non è da meno e chiede a Dionigi di mettere nero su bianco la sua posizione, firmando l’appello contro la legge. Ma il Magnifico non firma, perché è “un progetto che deve essere emendato, non respinto. Il mio compito è quello di dialogare con tutti, governo compreso”. Ecco, Dionigi diventa ufficialmente rettore e insieme attore politico. I sindacati rimangono a bocca asciutta: “Con la Moratti i rettori si dimisero”.
In autunno i primi venti di tempesta. L’avevano annunciato a maggio e a settembre rispettano le promesse: per protestare contro il Governo quasi 400 ricercatori decidono di bloccare la didattica rendendosi indisponibili a svolgere le lezioni. Il rettore prima li ascolta e assicura solidarietà, ma poi dà loro l’ultimatum perché l’Università “deve andare avanti” e quindi i ribelli saranno rimpiazzati da docenti a contratto. Salvo poco dopo fare marcia indietro, definendo la sostituzione dei ricercatori l’ ”estrema ratio” (pochi mesi e Dionigi introdurrà, primo caso in Italia, il pagamento per ogni ora di lezione fatta dai ricercatori). A dicembre la bufera: tutt’Italia è invasa da manifestazioni antigelmini. E mentre a Roma si arriva alla guerriglia, a Bologna per paura di proteste e contestazioni, Dionigi decide di sospendere l’inaugurazione del nuovo anno accademico.
Passano le feste e passa la legge Gelmini. A Bologna i malumori riemergono prepotenti con l’avvio dei lavori per la riscrittura dello statuto dell’Ateneo, un passo obbligato dalla riforma che prevede l’approvazione entro la fine di luglio (pena il commissariamento). Secondo molti in Ateneo la Commissione incaricata da Dionigi di realizzare la nuova “costituzione” dell’Università avrebbe dovuto essere rieletta dopo l’approvazione della legge Gelmini, garantendo anche la rappresentanza dei ricercatori e dei professori associati.
La road map procede comunque, tra le proteste degli studenti, che spostano la mobilitazione dalle piazze al rettorato, e di parecchi docenti che si riuniscono in un gruppo dal nome abbastanza esplicativo “Docenti preoccupati”. Il Rettore raccoglie tutte le proposte di emendamento, le valuta insieme alla commissione, ma alla fine non riesce a soddisfare i sindacati. A giungo infatti le sigle si riuniscono e decidono di indire un referendum interno per sollecitare la modifica di alcuni punti della bozza. Risultato: quasi 2300 dipendenti dell’università bocciano lo statuto così come è stato presentato.
Dionigi tira dritto e presenta anche la seconda bozza, ignorando quasi tutte le richieste degli elettori. Il resto è storia recente: l’ultimatum lanciato dall’Intersindcale e il richiamo dei poli romagnoli sono solo gli ultimi segnali di sfiducia che l’Università di Bologna sta lanciando a colui che avrebbe dovuta traghettarla con coraggio lontano dalla tempesta.
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Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.