Il diritto di accendere i riflettori sui Cie (Centri di identificazione) e sui Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): è la richiesta proveniente dalla giornata di mobilitazione, intitolata “LaciateCIEntrare”, che vede oggi giornalisti italiani e stranieri, parlamentari di diverse forze politiche, consiglieri regionali, sindacalisti, associazioni e attivisti della società civile manifestare davanti ad alcuni centri in tutta Italia.
Obiettivo dell’iniziativa – promossa da un comitato composto da Fnsi, Ordine dei giornalisti, Articolo 21, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), Primo marzo, Open Society Foundation, European Alternatives; tra i parlamentari, da Jean Leonard Touadi, Rosa Villecco Calipari, Savino Pezzotta, Fabio Granata, Giuseppe Giulietti, Furio Colombo, Francesco Pardi (Leggi l’elenco completo degli appuntamenti); i consiglieri regionali di Sel Giulio Cavalli e Chiara Cremonesi – dire no al divieto, stabilito nella circolare n. 1305 del ministero dell’Interno emanata il 1° aprile 2011, con cui si nega ai cronisti la possibilità di accedere a questi centri. Tra i promotori persino Livia Turco, che nel 1998 firmò insieme all’attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la legge che istituiva i centri di identificazione e espulsione – che allora si chiamavano Cpt, ovvero centri di permanenza temporanea. La manifestazione si è svolta a Roma, Bologna, Modena, Gradisca, Torino, Milano, Bari, Cagliari, Santa Maria Capua Vetere, Trapani, Catania, Lampedusa, Porto Empedocle. I Cie e i Cara “sono da tempo off limits per l’informazione – ha spiegato il comitato promotore -, luoghi interdetti alla società civile e in cui soltanto alcune organizzazioni umanitarie arbitrariamente scelte riescono ad entrare”.
“La circolare voluta da Roberto Maroni – ha denunciato ancora il comitato – ha reso ancora più inaccessibili tali luoghi, fino a data da destinarsi, in nome dell’emergenza nordafricana”. Giornalisti, sindacati, esponenti di associazionismo antirazzista umanitario nazionale e internazionale, presenti nel territorio in cui sono ubicati Cie e Cara, “sono considerati secondo il testo ministeriale “un intralcio” all’operato degli enti gestori e per questo tenuti fuori. Questo si traduce di fatto in una sospensione del diritto-dovere di informazione che si va ad aggiungere alle tante violazioni già riscontrate in questi centri”.
Il primo appello per l’abrogazione della circolare era stato pubblicato il 26 maggio dal sito Fortress Europe. Lo stesso sito che oggi ha diffuso la notizia, corredata da quattro foto di una giovane tunisina percossa – secondo il suo stesso racconto – da due uomini della Guardia di finanza. La donna, reclusa nel centro di identificazione ed espulsione di Roma, a Ponte Galeria, mostra gli evidenti segni di percosse e manganellate sulla schiena e sul braccio. E racconta: “Stavamo giocando a calcio, io ho colpito la palla e ho preso una ragazza nigeriana sul viso, abbiamo iniziato ad insultarci e alla fine ci siamo prese per i capelli. In quel momento a Ponte Galeria c’era una grande ostilità tra ragazze tunisine e nigeriane anche perché sono le nazionalità più numerose. Nessuna mollava la presa e sentendo le grida sono entrati tre uomini, due della Guardia di Finanza e uno in borghese. Hanno iniziato a manganellarmi per separarci, davanti a tutte le ragazze che assistevano alla scena. Sono stata picchiata dietro la schiena, sul braccio e alla spalla. Mi sono lamentata più volte con gli infermieri del Cie per i forti dolori chiedendo di poter essere accompagnata in ospedale. Ma mi hanno dato sempre e solo dei tranquillanti.” I fatti risalgono agli inizi di giugno 2011. Adesso la ragazza è stata rimessa in libertà. Le foto sono state scattate all’interno della biblioteca del Cie e consegnate da una fonte anonima a Fortress Europe, che le diffonde in anteprima attraverso l’agenzia Redattore Sociale.