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Tremonti spiato, la Finanza smentisce
“Da sette anni non dormiva più da noi”

La replica informale delle Fiamme gialle raccolta oggi da Repubblica. Il ministro aveva affermato di essersi trasferito nell'appartamento di Marco Milanese, indagato per corruzione, per sfuggire all'indebito controllo dei militari
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Tremonti spiato: gravissimo caso di dossieraggio o bufala per deviare l’attenzione dal caso Milanese? La Procura della Repubblica di Roma si avvia ad aprire un’inchiesta sulla vicenda denunciata pubblicamente dal ministro dell’Economia, ma nello stesso giorno la Guardia di Finanza nega di averlo “ospitato” in caserma in tempi recenti: “L’ultima volta che Giulio Tremonti fu ospite con cadenza regolare di una struttura del Corpo fu quando, nei primi mesi dell’estate del 2004, alloggiava in una delle foresterie al secondo piano della caserma di via Sicilia”. Si tratta di una smentita non ufficiale – ma circostanziata – raccolta da Repubblica in edicola oggi.

La vicenda era emersa nell’indagine della procura di Napoli a carico di Marco Milanese, deputato del Pdl ed ex consigliere del ministro, inseguito da un ordine di arresto per corruzione e altri reati. Tremonti non è indagato, ma è finito al centro di polemiche roventi per aver utilizzato un lussuoso appartamento romano del suo collaboratore, pagandogli, a suo dire, una quota di affitto “in contanti”. Forse un “errore”, lo ha definito, determinato appunto dalla necessità di sottrarsi alle indebite attenzioni dei militari: “Non ero più tranquillo, mi sentivo spiato, controllato, persino pedinato”.

Ricorda però la Repubblica che lo stesso Tremonti colloca il trasloco da Milanese nel febbraio 2009, cioè cinque anni dopo aver definitivamente lasciato la vita da caserma, come la Guardia di finanza sarebbe in grado di documentare, perché delle attività di vigilanza su una carica così importante “naturalmente si tiene traccia”. Il ministro, inoltre, non ha mai parlato esplicitamente di questi timori nei suoi interrogatori di fronte ai pm napoletani, ma si è riferito genericamente a “cordate” interne al Corpo che si contendevano le prospettive di carriera ai massimi livelli, con relativi rapporti politici. Una di queste, secondo il ministro, farebbe capo al generale Michele Adinolfi, molto vicino a Gianni Letta e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

I ricordi di Tremonti, nota il quotidiano romano, diventano invece ben più drammatici “in assoluta coincidenza temporale con l’aggravarsi della posizione processuale e politica di Marco Milanese, con l’impossibilità di togliersi d’impaccio dalla vicenda di via di Campo Marzio con una scrollata di spalle, o rapide scuse”. A questo punto è possibile che il ministro dell’Economia sia risentito dalla Procura di Napoli per chiarire tutta la vicenda.

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