Riassunto della puntata precedente: la Commissione europea, vale a dire il mio datore di lavoro, propone – nell’ambito del tetto di bilancio Ue fino al 2020 – drastici tagli alle spese amministrative. Tra questi, la base di negoziato prevede:
- La riduzione del 5% del personale delle istituzioni Ue (il personale della Commissione è già congelato – crescita zero – dal 2012);
- L’aumento delle ore di lavoro settimanali in modo da compensare la riduzione di personale (perché il carico di lavoro, lui, aumenta!);
- L’aumento dell’età pensionabile a 65 anni, con incentivi per restare fino a 67, e modifica della base di calcolo (ovviamente in ribasso);
- L’eliminazione progressiva dei funzionari della categoria “assistenti”, vale a dire segretari/e e simili.
Tutto buono e giusto. Ma facciamoci due conti: ci sono circa (calcolo per eccesso) 50mila persone che lavorano a vario titolo per le Istituzioni europee (non a Bruxelles, ma nel mondo intero). Ci sono invece circa 50.000.000 (cinquanta milioni) di dipendenti pubblici nazionali nei 27 Stati dell’Unione (da una rapida ricerca su Google ho trovato una stima di 3 milioni 600mila solo per l’Italia… sarà il federalismo?). Insomma, tagliando un euro a me e ai miei colleghi si ha un euro di risparmio, tagliandolo a livello nazionale se ne hanno mille. Quindi non si taglia a livello Istituzioni Ue per risparmiare. Si taglia per essere solidali. E’ un gesto di solidarietà con gli Stati membri.
Ed è qui che mi girano un po’ le scatole perché, come ho detto nel post precedente, gli Stati dicono di tagliare e invece, cifre alla mano, spendono sempre di più. E pazienza. Pazienza anche che i paladini dei tagli alla Commissione siano governi orientati da partiti populisti e uno, quello del Regno Unito, abbia avuto un ruolo non minore nel creare la crisi economica.
Il punto che proprio non mi va giù ha a che fare con il mio Paese, l’Italia.
Tutti sappiamo che in Italia l’evasione è sport nazionale, persino ufficializzato dal governo attuale con la famosa giustificazione “tasse troppo alte = evasione legittima”. Però quando ho letto l’articolo di Bruno Tinti mi sono, per usare un eufemismo, indignato. Un dato tra tutti: nel 2010, in Italia, lavoratori dipendenti e pensionati hanno pagato il 93% dell’Irpef. I cinque milioni e passa di lavoratori autonomi, commercianti, artigiani, imprenditori eccetera hanno pagato dunque il 7%, pur rappresentando il 12% della popolazione e – presumo – la maggior parte della ricchezza del Paese. Non mi sembra una generalizzazione esagerata dire che in Italia praticamente nessuno, a parte i dipendenti che non hanno scelta, paga tutte le tasse dovute.
A me è capitato, e capita purtroppo frequentemente, di sentirmi apostrofare con frasi del tipo “Ti pago io lo stipendio”. Quando si è funzionari dell’Ue uno come Brunetta pare un moderato… Però, dati alla mano e proposte della Commissione sul tavolo, non accetto più di essere cornuto e mazziato. Ed esorto i lettori dipendenti pubblici e pensionati a fare altrettanto.
Siamo noi, dipendenti pubblici e dipendenti in generale, a pagare la Cayenne agli evasori. Siete soprattutto voi, dipendenti residenti in Italia, a tenere a galla un’economia che fa 160 miliardi di evasione, 60 miliardi di corruzione, 350 miliardi di economia sommersa e 500 miliardi nascosti da italiani in paradisi fiscali, per un totale di più di metà del debito pubblico (vedi Soldi rubati di Nunzia Penelope). Siete e sarete voi a pagare per evitare la bancarotta dello Stato, provocata non da voi ma dagli evasori.
Con voi, piena solidarietà. Con i cinque milioni di connazionali evasori invece non sento nessun dovere di solidarietà, anzi. Vorrei prima che pagassero fino all’ultimo centesimo per i danni che hanno provocato alla collettività.
Disclaimer: Come riportato nella bio, il contenuto di questo e degli altri articoli del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.