Decine di morti, il Mediterraneo come una bara liquida che ingoia corpi destinati a restare senza nome. L’ultima tragedia dell’immigrazione viene raccontata dai superstiti soccorsi dalla guardia costiera mentre navigavano alla deriva in acque libiche. “All’inizio eravamo trecento, ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi”. Numeri tutti da confermare riferiti da testimoni sotto choc su cui forse non si avrà mai certezza: al momento la Guardia Costiera, infatti, ha avvistato un solo corpo in acqua.
Ma l’ultima tragedia dell’immigrazione rischia di avere anche conseguenze diplomatiche: a 27 miglia dal barcone in avaria c’era una nave della Nato che sarebbe stata sollecitata dalle autorità italiane a intervenire in soccorso dei migranti. L’Alleanza, però, avrebbe risposto picche e la carretta con centinaia di uomini, donne e bambini senza acqua e senza cibo da giorni avrebbe continuato il suo viaggio disperato. Un no, quello della Nato, su cui il ministro degli Interni Roberto Maroni vuole risposte. Tanto da chiedere ai ministri della Difesa La Russa e degli esteri Frattini un intervento presso la coalizione.
Secondo quanto hanno raccontato i migranti a bordo, comunque, il natante sarebbe partito venerdì dalla Libia. Dopo qualche ora il motore si sarebbe guastato. Ieri un rimorchiatore cipriota che incrociava in acque libiche l’ha avvistato e ha avvertito le autorità italiane rassicurate dalla presenza dell’imbarcazione. I ciprioti avrebbero gettato in acqua delle zattere di salvataggio ma poi si sarebbero allontanati. Alcuni migranti, disperati, si sarebbero buttati in acqua per seguirli. Il legno è stato poi nuovamente avvistato questa mattina da un elicottero della Guardia Costiera decollato da Catania. Dal velivolo è stato calato il cestello con acqua e cibo: qualcuno, a bordo dell’imbarcazione, ha tentato disperatamente di attaccarsi e raggiungere l’elicottero. Alle 14.40 i naufraghi a bordo del barcone e delle zattere, sono stati raggiunti da tre delle quattro motovedette nel frattempo partite da Lampedusa e hanno iniziato il trasbordo al sicuro degli occupanti, ridotti ormai allo stremo delle forze. Disidratati, affamati e sotto choc. In cinque – un uomo e quattro marocchine – sono stati portati con l’elisoccorso al Poliambulatorio di Lampedusa. Due, intubate e in gravissime condizioni, verranno trasferite in ospedale a Palermo: i medici definiscono il loro stato “molto preoccupante”.
Intanto il ministero della Giustizia ha autorizzato la procura di Agrigento a procedere nell’indagine per omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico dei sei scafisti che guidavano il barcone giunto lunedì notte a Lampedusa con a bordo 25 cadaveri. L’autorizzazione, chiesta due giorni fa dai pm, era necessaria perché il decesso dei migranti era avvenuto in acque internazionali. I pm, nell’attesa del via libera da parte del Guardasigilli hanno agito in via d’urgenza delegando alla polizia gli interrogatori degli altri migranti che erano sul barcone coi cadaveri. I testimoni hanno raccontato che i 25 morti sono stati costretti a viaggiare nella stiva dell’imbarcazione priva di prese d’aria. Gli extracomunitari, prigionieri in una stanzetta di tre metri per due, avrebbero tentato di salire sul ponte ma sarebbero stati ricacciati giù con la forza: due, come emerge dall’autopsia, sarebbero stati ammazzati a bastonate, gli altri sarebbero morti per asfissia.
All’autorizzazione del ministro potrebbe seguire ora il fermo degli scafisti, indagati a vario titolo, anche di omicidio. Finora i sei sono al centro di accoglienza sorvegliati dalla polizia: tra loro, un marocchino, siriani e somali.