“Più polenta e meno kebab”. Da anni questo è uno dei tormentoni della Lega Nord che, a più riprese e da vari fronti, si è adoperata per limitare la proliferazione dei take away di carne allo spiedo di origine turca, appellandosi di volta in volta alla salvaguardia dei cibi nostrani, alla tutela delle attività tradizionali o ad altre ragioni urbanistiche, storiche e culturali. Come Roma ladrona, dunque, anche il kebab è uno dei cavalli di battaglia leghisti. Simboli delle crociate leghiste contro l’invasione straniera, a suon di ordinanze e manifesti.
Ma come gli uomini del Carroccio si sono ormai comodamente seduti a Roma, i kebab sono proliferati ovunque in Italia. E ora ne apre uno anche a Cassano Magnago, un anonimo paese in provincia di Varese se non avesse dato i natali al Senatur, Umberto Bossi.
Così, nel cuore della provincia più leghista d’Italia, sta per essere inaugurato il “Sammy Doner Kebab”. Il nuovo negozio di specialità turche si trova a poche decine di metri dalla sede cittadina della Lega Nord (in via IV Novembre), per di più in uno stabile di proprietà del Comune che, ça va sans dire, è amministrato da un sindaco leghista. Il contorno beffardo della nuova apertura va cercato nel fatto che l’amministrazione comunale ha dovuto ingoiare il rospo senza potersi opporre in alcun modo. Come spiega il quotidiano locale La Provincia di Varese, originariamente lo stabile era stato affidato al proprietario di un negozio di dischi che poco tempo fa ha deciso di rivendere la licenza al nuovo titolare che, nel pieno rispetto della legge, ha deciso di riconvertire in l’attività commerciale in un fastfood etnico.
La conferma arriva direttamente dal sindaco della cittadina padana, Aldo Morniroli, che quasi si giustifica: “È tutto regolare. Non ho potuto fare nulla per impedire l’apertura di questo nuovo locale. il problema risiede nella normativa statale che consente a chi é in possesso di licenza, di modificare il tipo di attività svolta”. Insomma, non si scappa: il kebab è regolare, potrà aprire senza problemi e, affari permettendo, rimarrà aperto almeno per i prossimi sei anni. Tanto dura infatti il contratto di locazione appena rinnovato dall’amministrazione comunale. Il sindaco Morniroli evidentemente non si è premunito in tempo di adeguati strumenti normativi in grado di frenare l’inaspettata avanzata dei kebabbari. Nella sua Cassano dal 2007 vige un regolamento che permette alle attività artigianali di tenere aperto al massimo fino all’una di notte, sarà dunque questo l’unico vincolo a cui dovrà sottostare il nuovo negozio.
Al contrario di Morniroli, molti altri borgomastri leghisti in altre città del Nord hanno da tempo ingaggiato una dura lotta contro il cibo straniero approvando delibere e ordinanze a tamburo battente. L’ultimo caso a Cittadella, in provincia di Padova, dove il sindaco e deputato leghista Massimo Bitonci, ha varato un provvedimento che limita le nuove aperture di attività che somministrano kebab e altre pietanze da asporto: “Non sono certamente alimenti che fanno parte della nostra tradizione e della nostra identità – ha detto Bitonci -, senza considerare che dove se ne è permessa l’indiscriminata apertura le amministrazioni comunali e i cittadini si sono pentiti amaramente”.
A fine luglio era toccato al comune di Bergamo approvare un provvedimento che pone vincoli all’apertura degli esercizi etnici nei centri storici, vincoli imposti sulla scorta di una norma della Regione Lombardia per salvaguardare il “decoro, la sicurezza urbana, la cultura e l’identità locale’’. Un risultato politico accompagnato dalle dichiarazioni di Daniele Belotti che, oltre ad essere consigliere comunale a Bergamo, è anche assessore regionale: “Sono molto soddisfatto per l’approvazione di una norma che rappresenta il primo passo per la tutela, dal punto di vista commerciale, degli esercizi storici nei borghi antichi. Non si tratta di una norma di propaganda leghista, basti pensare che da tempo analoghi regolamenti sono stati adottati in città come Pistoia, Siena, Firenze e Venezia”. Provvedimenti analoghi si contano a decine in tante altre città a guida leghista, dove i sindaci si sono appigliati di volta in volta agli orari, alla tipologia di negozi, al decoro urbano e a cavilli di ogni sorta pur di non vedere proliferare attività ad alto tasso extracomunitario.