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Pesce grigliato? Per la casta solo tre euro

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Tutti lo sanno e tutti ne approfittano. La polemica monta ciclicamente: mangiare nei ristoranti di Senato e Camera costa nel peggiore dei casi quanto una pizza, nel migliore più o meno quanto un panino e una bevanda. Ma nell’era di Internet e in tempi di lacrime e sangue farla franca diventa più difficile. Qualche giorno fa Carlo Monai, deputato Idv, novello Spider Truman, ha deciso di denunciare uno dei tanti privilegi di cui godono i parlamentari, fornendo all’Espresso, la prova provata, certificata e fotografata: il menù del ristorante di Palazzo Madama. Un euro e 60 centesimi per un primo piatto, 3 euro e 55 per un secondo di pesce (spada alla griglia) o di carne (lombatina di vitello ai ferri), piatti pregiati come filetto di orata in crosta di patate o di bue a 5,23 euro. Un dolce costa 1 euro e 74. Altrettanto un contorno. Il ristorante di Montecitorio non è da meno: si può spendere addirittura 5 euro e 30 per un risotto gamberi e pachino, ma anche cavarsela con 2 per un piatto di pasta patate e zucchine. Un pesce del giorno può, sì, arrivare a 17 euro e 20, ma parte da 4 e 60. Mentre un carrè di agnello al forno costa 5 euro e 30. Monai parlando all’Espresso in quanto a privilegi ha vuotato il sacco: “La tavola è apparecchiata come un tre stelle Michelin, i camerieri sono in livrea, lo chef è bravo e prepara piatti di grande qualità”. A pancia piena si scherza meglio. E lui la battuta non se l’è fatta sfuggire: “L’unico appunto riguarda la cantina: ci sono ottimi vini, ma nessuna bottiglia friulana”. Le rivelazioni di Monai non si sono fermate alle delizie del palato: ha raccontato come si entra gratis allo stadio e a teatro o come non si pagano le multe per eccesso di velocità.

Rivelazioni che non sono piaciute ai suoi colleghi, che lo hanno insultato in Aula. Una per tutte, Donata Lenzi del Pd, che difendendo il lavoro suo e dei colleghi ha dichiarato accorata: “Cerchiamo di capire, ci prepariamo, incontriamo gente, studiamo…”.

Per tornare in tema di ristorante, da notare che il prezzo pagato dagli avventori non basta a coprire le spese. Così per ogni coperto il Senato deve raddoppiare la cifra corrisposta. Uno scherzetto che costa circa 1.200.000 euro l’anno.

E alla fine la rete s’è indignata: ieri una serie di gruppi nati su Facebook hanno rilanciato con grande enfasi lo scandalo pasti. Al grido (ironico) di “poverini”, che “hanno troppe spese”, il popolo della rete ha scelto di far sentire “il proprio disgusto contro l’ultima ‘vergogna’ messa a segno dalla casta”. Tanto che l’ufficio stampa del Senato si è trovato costretto a ricordare che “è stato approvato un ordine del giorno specifico (G100)” per far pagare ai senatori quanto devono. Inoltre, “il presidente del Senato, Renato Schifani, ha già invitato i senatori Questori ad assumere nel più breve tempo possibile tutte le necessarie iniziative e decisioni”.

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Il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2011

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