Eccolo l’appunto manoscritto che tira in ballo nuovamente il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo nel caso P3. Caliendo sembrava uscito indenne dall’inchiesta perché non figurava tra gli indagati nell’avviso di chiusura notificato dai pm Capaldo e Sabelli, ma negli atti allegati c’è questo bigliettino che – se pure non rilevante penalmente – è molto imbarazzante sul piano politico.
L’appunto documenta un intervento del sottosegretario nella causa Mondadori ed è stato consegnato al pm Giancarlo Capaldo dal giudice Enrico Altieri, il magistrato della sezione della Corte che avrebbe dovuto decidere sulla causa, se non fosse stata spostata all’ultimo momento alle Sezioni Unite, meno ostiche per il gruppo Berlusconi. Caliendo sentito dal Fatto ammette: “Ricordo di avere chiesto ad Altieri il suo orientamento sulla causa e di avergli detto di richiamarmi al mio numero di telefono per farmi sapere qualcosa di più preciso ma – precisa subito – era solo una curiosità dottrinaria”. Che però valeva 170 milioni di euro per il gruppo Berlusconi. Per la vicenda dello spostamento della causa Mondadori, grazie al quale si è trovato il tempo per fare una leggina che ha permesso alla società di chiudere con 8 milioni un contenzioso da 174, è indagato l’allora presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone. Ora il bigliettino svela un retroscena precedente allo spostamento alle Sezioni Unite, politicamente molto più grave.
Enrico Altieri, giudice esperto di diritto tributario con un orientamento ostico nella materia del contendere e quindi, nelle previsioni della vigilia, pericoloso per Berlusconi, ha raccontato ai pm romani che il 12 ottobre del 2009, due settimane prima dell’udienza per la causa Mondadori affidata alla sua Sezione, durante un convegno giuridico a Cassino, presieduto da Caliendo, il sottosegretario lo avvicinò: “Caliendo effettuò con me un sondaggio circa le mie opinioni relativamente alla causa pendente tra l’Agenzia delle Entrate e la Mondadori. In particolare, mi disse che era molto importante e che le conseguenze della decisione potevano essere assai pesanti per la parte privata”. Caliendo, in pratica, prima chiede come si stava orientando Altieri e poi fa notare al collega che Berlusconi, se la legge 408 del 1990 sull’abuso del diritto fosse stata interpretata in modo restrittivo, avrebbe perso una valanga di milioni senza appello. “Quindi – prosegue Altieri – Caliendo cercò di sondare il mio orientamento. Risposi in modo evasivo dicendogli che dovevo ancora terminare di studiarla per formare il mio convincimento”. Caliendo però non si accontenta. Di fronte alle risposte evasive stringe: “A questo punto il Caliendo mi diede un foglietto su cui erano scritti a mano la data dell’udienza (28 ottobre 2009), l’oggetto della causa (IRPEG/ILOR 1991), la parte privata (Mondadori) e il numero di Milano al quale mi pregò di chiamarlo, dopo lo studio del fascicolo. Non ricordo se il foglietto lo scrisse di suo pugno davanti a me. Produco il citato foglietto”.
Caliendo torna alla carica subito: “Effettivamente – prosegue Altieri – sentii telefonicamente Caliendo al quale dissi che la questione era molto complessa e che si trattava di una problematica ben conosciuta dallo stesso Caliendo. Non ricordo chi abbia chiamato. Per quanto riguarda ciò che è accaduto in Cassazione, dopo il rinvio della causa alle Sezioni Unite, confermo quanto già da me dichiarato. Ricordo di aver letto, sempre sul Web, alcuni articoli molto critici sul rinvio della causa alle Sezioni Unite, in cui si ipotizzava la strumentalità di detto rinvio al fine di consentire l’approvazione di una legge favorevole alla Mondadori. Aggiungo che, nei giorni successivi al colloquio con Caliendo a Cassino, ho avuto modo di parlare con diversi colleghi anche della Sezione Tributaria ai quali ho raccontato l’episodio. Tra tali colleghi ricordo Paolo D’Alessandro, Giuseppe Magno, Camilla Di Iasi e Giuseppe Berruti che allora era al Csm”.
Altieri, a dire il vero, non ricorda subito l’episodio. Quando viene sentito la prima volta dal pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli, nel 2010, infatti, non racconta nulla della storia del “pizzino di Caliendo.
Solo il 13 giugno scorso – dopo essere andato in pensione – rovista nella memoria e nei cassetti della sua casa di Cagliari e torna in Procura a consegnare il racconto e il bigliettino pubblicato oggi dal Fatto e del quale aveva parlato anche L’Unità nei giorni scorsi. Al Fatto Quotidiano, il consigliere del CSM Giuseppe Maria Berruti conferma: “Altieri mi raccontò l’intervento di Caliendo per conoscere il suo orientamento nella causa Mondadori e anche la vicenda del bigliettino. Era molto agitato e gli consigliai di scrivere una relazione per sua tutela. Gli dissi che se avvertiva un tentativo di condizionarlo doveva immediatamente fare un esposto. Non so se poi lo abbia fatto”.