Quattro giornalisti italiani sono stati rapiti questa mattina in Libia. Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera, Domenico Quirico de La Stampa e Claudio Monici di Avvenire ora sono tenuti prigionieri da militari lealisti in un appartamento a Tripoli e sono in buone condizioni.
A Claudio Monici, storico inviato di guerra di Avvenire, è stato consentito di telefonare in redazione. Ha raccontato che i quattro cronisti si stavano spostando in macchina insieme da Zawiya a Tripoli quando sono stati rapiti da un gruppo di civili. L’autista è stato ucciso, mentre a loro è stato portato via tutto, inclusi computer, soldi e telefoni satellitari. Poi sono stati consegnati ai militari: da questo si deduce che i giornalisti siano in mano a truppe lealiste. Monici ha detto ai colleghi: “Siamo stati malmenati, ma stiamo bene”.
In tarda serata, anche l’inviato de La Stampa, Domenico Quirico, ha potuto telefonare in Italia. Ha chiamato casa per tranquillizzare i congiunti: “Stiamo bene”.
“Io avevo sentito Claudio stamattina alle 10 – racconta il suo collega della redazione esteri che ha raccolto la telefonata verso le 19 -, avevamo concordato il pezzo. Non sapeva ancora se sarebbero andati a Tripoli, perché c’era il problema di trovare un autista fidato”. Nella telefonata di circa cinque minuti successiva al sequestro, comunque, sottolineano ancora ad Avvenire, “Claudio non era trafelato, aveva la voce ferma: d’altronde lui di queste situazioni ne ha vissute parecchie”. Grande preoccupazione, ma fiducia nell’operato del governo e della diplomazia italiana filtrano dalla direzione dell’Avvenire. Il contesto in cui si trova Monici non è certamente dei migliori – dicono dalla direzione – ma tutti hanno fiducia nelle capacità umane di Monici che già in altre occasioni si è trovato per il suo lavoro in momenti molto difficili. La telefonata è avvenuta attraverso un telefono satellitare del proprietario della casa nella quale sono detenuti.
I giornalisti sono stati portati in un appartamento a Tripoli, tra Bab Al-Aziziya e l’Hotel Rixos. Lo ha detto all’Ansa il console di Bengasi Guido De Sanctis, dopo essere riuscito a mettersi in contatto con uno dei giornalisti. Gli inviati “stanno bene” ed hanno fatto sapere, nella telefonata, che al termine del Ramadan “sono stati anche rifocillati con cibo e acqua”. Dall’appartamento, ha aggiunto, si vede un noto centro commerciale di proprietà della figlia di Gheddafi. Al giornalista dell’Avvenire è stato permesso di fare più di una telefonata. E questa circostanza, oltre al buon trattamento ricevuto dai nostri connazionali, ha spiegato ancora il console De Sanctis, “viene interpretata come un buon segno”.
La Farnesina ha confermato il sequestro, precisando che “sembrerebbe da parte delle forze lealiste”. L’Unità di crisi si è prontamente attivata e sta seguendo il caso e , sia la presidenza del Consiglio che il Capo dello Stato, in continuo contatto con il ministero degli Esteri, seguono di minuto in minuto la vicenda. Un appello per la liberazione è stato lanciato dall’Ue per bocca del portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Catherine Ashton: “Auspichiamo che i giornalisti italiani rapiti siano rilasciati sani e salvi il prima possibile. Siamo molto preoccupati”.
”Seguiamo con trepidazione le vicende dei colleghi. Attraverso la Federazione internazionale dei giornalisti stiamo cercando di attivare i contatti con i colleghi della Federazione araba”. Questo il primo commento del segretario della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi. “Speriamo che ciò possa risultare di utilità senza per questo intralciare – ha concluso – il lavoro delle nostre istituzioni”. Vicinanza ai rapiti è stata espressa da Bruno Tucci, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, che “si augura che le autorità si attivino immediatamente per la loro liberazione”.