“Se io sono un tappabuco, dev’essere un buco bello grande, vista la mole di lavoro che svolgo”. Lei, la chiameremo Silvana, lavora in questura allo sportello immigrazione. E’ precaria dal 2003: prima interinale con interruzione, poi senza interruzione. Dal 2008, dopo un concorso ad hoc, diventa a tempo determinato per 2 anni. Poi, il 31 dicembre 2010, scatta il rinnovo per un anno. E l’anno prossimo? Chissà.
Come Silvana ce ne sono 650 in tutta Italia. Una cifra che sarebbe molto più grande se si calcolassero tutti i precari della pubblica amministrazione. Loro “sono stati assunti sette o otto anni fa in ragione dell’emergenza flussi, che viene affrontata come emergenza ma ormai è una questione ricorrente”, racconta Fabrizio Venafro, funzionario della funzione pubblica in questura e delegato sindacale a Bologna. Silvana e i suoi colleghi, 18 a Bologna, 5 in prefettura allo sportello immigrazione e 13 in questura all’ufficio immigrazione, svolgono una fetta importante del lavoro in questi uffici, e se non venissero riconfermati il servizio ne risentirebbe gravemente. Nel caso della questura, dove lavora lei, “svolgiamo il venti per cento del lavoro: il resto è svolto dai poliziotti, che se venissero a mancare i precari non potrebbero svolgere la parte amministrativa del lavoro, e poi ci sono cinque interpreti e due civili a tempo indeterminato”.
Lo scorso dicembre 2010 questo gruppo di lavoratori aspettava un rinnovo che poi, all’ultimo secondo, è arrivato. “Tra promesse o porte chiuse, c’era un’atmosfera molto tesa, e la sensazione diffusa di non poter fare nulla, di non poter arrivare fin lassù, anche se io quando siamo andati alla manifestazione a Roma ci sono arrivata, fin su negli uffici del ministero. Erano i tempi delle manifestazioni degli studenti, ne abbiamo fatte di battaglie”. Oggi, nei giorni della manovra economica, il timore che i primi a rimetterci il posto di lavoro saranno i precari assume i contorni della certezza. “Se mancano i soldi si risparmia, e a questo punto come è già successo nella scuola verrà innanzitutto mandato via il personale che non ha un contratto a tempo indeterminato”.
“Ogni giorno ho a che fare con almeno 150 pratiche”, racconta Silvana. “Il cittadino comune vede l’ufficio immigrazione come un ufficio passaporti per stranieri, ma il lavoro che svolgiamo è molto più ampio e complesso: c’è il compito di monitoraggio e di verifica sui permessi di soggiorno, il lavoro al Cie, l’accertamento delle convivenze nel caso di matrimoni tra stranieri e italiani, e così via. Un grande lavoro lo fanno i poliziotti, ma il cuore di quello amministrativo siamo noi”.
E per la pubblica amministrazione è ancora una volta tempo di proteste, come il dicembre caldo raccontato da Silvana, anche questo agosto il clima si surriscalda. La preoccupazione è diffusa, tra i precari e non solo. Questa mattina a Bologna un centinaio di iscritti della Funzione Pubblica Cgil hanno fatto un presidio e incontrato il prefetto. In tutta la regione, a Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza, ci sono state iniziative contro la manovra: “colpisce i soliti noti”, dice la Cgil facendo riferimento ai dipendenti pubblici. Venticinquemila nella provincia di Bologna, 110.000 in Regione. E, nascosti tra le cifre, i precari come Silvana, e gli uffici come lo sportello immigrazione, dove le sedie cominciano a tremare.