Per tutti gli imprenditori del movimento antiracket la data del 29 agosto segna uno spartiacque. Da quel giorno Libero Grassi è diventato il nostro punto di riferimento e la ragione di un impegno. Quella mattina del 1991, con la violenza del piombo mafioso, si è avuta una conferma della posta in gioco: per un imprenditore affermare di voler lavorare in pace e in libertà può comportare la morte. Per me, in particolare, ha significato l’assunzione di una nuova e non prevista responsabilità.
Dal giorno dei suoi funerali, ogni anno, essere a Palermo era come confermare un giuramento di fedeltà a quei valori per i quali Libero non esitò a porsi nel rischio estremo. Tutt’altro che un rito. Essere lì alle nove in punto, per abbracciare Pina, Alice, Davide, assistere in silenzio all’affissione del manifesto scritto col pennarello come viva testimonianza rinnovata anno dopo anno, veder crescere il nipote, incontrare le autorità e gli amici della famiglia. E ogni anno sempre con Anna e Umberto. Per noi era un misurarci, un confrontarci con la tragedia. Da meno di un anno era nata la prima associazione antiracket a Capo d’Orlando e, fin da subito, da quel 29 agosto, ci fu chiara la prospettiva del rischio: da quel momento, ogni azione doveva servire a evitare altri drammi. Questo significava il confronto con Libero Grassi, impedire in ogni modo che altri potessero trovarsi in quelle condizioni; l’associazionismo antiracket, da questo punto di vista, nella misura in cui ha messo al riparo chi denunciava, si è rivelato una risposta efficace.
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La misura che cercavamo, invece, era segnata da qualcosa, in origine in quella città, disperante. Per capire questi venti anni di lotta al racket bisogna partire da Palermo e da quei funerali. Ricordo come fosse ieri il corteo funebre uscire dalla Sigma accompagnato dal gesto di Davide, per percorrere le strade della città sino a giungere in via Alfieri, innanzi ai negozi aperti e all’indifferenza generale degli operatori commerciali. Da quel momento divenne per noi una sfida continua far nascere anche a Palermo un’associazione antiracket capace di raccogliere l’impegnativa eredità. Per più di quindici anni, periodicamente, cercavamo di coinvolgere alcuni imprenditori, ma senza successo; organizzavamo manifestazioni nazionali, ma nulla si muoveva. Niente di niente. Solo qualche rara denuncia, niente di più. Per oltre quindici anni. La città e, soprattutto, gli imprenditori palermitani, avevano rimosso l’esempio di Libero, troppo eversivo per la tranquillità delle cattive coscienze della borghesia cittadina. Eversivo perché chiamava direttamente in causa ognuno dei commercianti, degli artigiani, degli industriali, dei professionisti; non li chiamava in causa astrattamente, ma nel concreto della loro vita quotidiana: Libero Grassi aveva detto no al pizzo e voi, come se nulla fosse, dite sì ogni giorno. Eversivo perché obbligava tutti a guardarsi allo specchio per prendere atto di non essere imprenditori, perché, come Libero ci ha insegnato, chi accetta i condizionamenti della mafia non può dirsi imprenditore.
Nulla cambiava. La mattina del 29 agosto, quando ci riunivamo davanti alla casa della famiglia Grassi, era un rarità incontrare qualche operatore economico palermitano, mentre non sono mai mancati quelli provenienti da altre parti d’Italia. Alla fine, per noi, la data del 29 agosto è diventata la cartina al tornasole della vitalità di un’esperienza. Perché il nome di Libero Grassi “circolava” assai di più altrove che a Palermo. Non a caso le prime associazioni antiracket nacquero nella Sicilia orientale, e poi in Calabria, in Puglia, infine a Napoli. Per me era un grande evento ogni anno presentare a Pina e ai figli di Libero una nuova associazione e nuovi commercianti che avevano denunciato.
Al primo anniversario erano presenti Paolo Caligiore con i colleghi di Palazzolo Acreide, Tanino Zuccarello a guidare la delegazione dell’associazione di Sant’Agata Militello, Pia Giulia Nucci con gli imprenditori di Catania; tutti assieme all’associazione di Capo d’Orlando con Sarino Damiano. A queste presenze si aggiungevano anno dopo anno tanti altri colleghi provenienti da ogni parte d’Italia: Maria Teresa Morano e Maria Concetta Chiaro con l’associazione di Cittanova, la prima della Calabria; Rosa Stanisci, il coraggioso sindaco di San Vito dei Normanni, con la prima associazione pugliese; Nunzio Di Pietro da Francofonte, Bruno Piazzese da Siracusa, Mario Caniglia da Scordia, Antonio di Fiore da Messina, Pippo Scandurra da Patti. Con loro, tanti altri come loro, imprenditori che avevano testimoniato nelle aule di giustizia e dato vita alle associazioni antiracket.
Finalmente, dal 2002, anche in Campania nascono le associazioni antiracket: così all’alba, col “postale” proveniente da Napoli, arriva a Palermo Silvana Fucito accompagnata da Rosario d’Angelo, Salvatore Cantone e altri colleghi. In seguito l’associazione si costituisce nella difficilissima Gela e, da allora, non c’è anno che Renzo Caponetti, insieme a Franca Giordano, la vedova di Gaetano ucciso dalla mafia nel 1992, non stia lì con noi. Tra tutti questi non possiamo non ricordare la sofferenza di Enzo Lo Sicco che, per avere denunciato gli uomini di Cosa nostra, dovette abbandonare Palermo e vivere lontano con la sua famiglia.
Poi c’è stato, prima, il 2004 con la straordinaria esperienza di Addio Pizzo e, nel 2007, finalmente, la nascita dell’associazione antiracket Libero Futuro. Per la prima volta un gruppo di imprenditori, inizialmente ristretto, ma destinato a diventare sempre più numeroso, ha realizzato, in quella che era sempre apparsa come la città “impossibile”, ciò che in tanti altri luoghi altri imprenditori avevano già fatto: costituirsi in associazione antiracket. Dopo venti anni una cosa può essere affermata con certezza: dal 1991 abbiamo sempre detto che se Cosa nostra con l’omicidio di Libero Grassi pensava di bloccare la crescita di quel movimento che aveva preso avvio da Capo d’Orlando, questo obiettivo, benché raggiunto nell’immediato a Palermo, non è stato però conseguito nel resto del Paese; anzi, lontano dal radicamento mafioso della Sicilia occidentale, si è ottenuto un effetto opposto: nel nome di Libero sono nate associazioni, tante, in provincia di Messina, di Siracusa, di Ragusa, di Catania e, poi ancora, in Puglia, Calabria, Campania. Adesso, per fortuna, anche a Palermo ci sono commercianti che non hanno più paura la mattina di guardarsi allo specchio, anche qui nel nome di Libero si è più liberi. In tanti ma non tutti.
di Tano Grasso (presidente onorario della Federazione antiracket italiana)
da “Libero Grassi. Cara mafia, io ti sfido”
Sceneggiatura di Laura Biffi e Raffaele Lupoli
Disegni di Riccardo Innocenti
Illustrazioni di Beatrice Gozzo Collana Libeccio, 150 pagine, 15 euro
La collana Libeccio è un progetto della casa editrice Round Robin e dell’associazione antimafia daSud
Società
Palermo ricorda Libero Grassi vent’anni dopo
“Nel suo nome la Sicilia lotta contro il pizzo”
Il 29 agosto del 1991 l'imprenditore tessile veniva ucciso dalla mafia per aver semplicemente affermato di voler lavorare in pace e in libertà. Il presidente onorario della federazione antiracket Tano Grasso ricorda quel giorno: "Per me significò assumere una nuova e non prevista responsabilità". Ricordarlo è "tutt'altro che un rito". Grazie a lui "anche nel capoluogo siciliano ci sono commercianti che non hanno più paura"
Dal giorno dei suoi funerali, ogni anno, essere a Palermo era come confermare un giuramento di fedeltà a quei valori per i quali Libero non esitò a porsi nel rischio estremo. Tutt’altro che un rito. Essere lì alle nove in punto, per abbracciare Pina, Alice, Davide, assistere in silenzio all’affissione del manifesto scritto col pennarello come viva testimonianza rinnovata anno dopo anno, veder crescere il nipote, incontrare le autorità e gli amici della famiglia. E ogni anno sempre con Anna e Umberto. Per noi era un misurarci, un confrontarci con la tragedia. Da meno di un anno era nata la prima associazione antiracket a Capo d’Orlando e, fin da subito, da quel 29 agosto, ci fu chiara la prospettiva del rischio: da quel momento, ogni azione doveva servire a evitare altri drammi. Questo significava il confronto con Libero Grassi, impedire in ogni modo che altri potessero trovarsi in quelle condizioni; l’associazionismo antiracket, da questo punto di vista, nella misura in cui ha messo al riparo chi denunciava, si è rivelato una risposta efficace.
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La misura che cercavamo, invece, era segnata da qualcosa, in origine in quella città, disperante. Per capire questi venti anni di lotta al racket bisogna partire da Palermo e da quei funerali. Ricordo come fosse ieri il corteo funebre uscire dalla Sigma accompagnato dal gesto di Davide, per percorrere le strade della città sino a giungere in via Alfieri, innanzi ai negozi aperti e all’indifferenza generale degli operatori commerciali. Da quel momento divenne per noi una sfida continua far nascere anche a Palermo un’associazione antiracket capace di raccogliere l’impegnativa eredità. Per più di quindici anni, periodicamente, cercavamo di coinvolgere alcuni imprenditori, ma senza successo; organizzavamo manifestazioni nazionali, ma nulla si muoveva. Niente di niente. Solo qualche rara denuncia, niente di più. Per oltre quindici anni. La città e, soprattutto, gli imprenditori palermitani, avevano rimosso l’esempio di Libero, troppo eversivo per la tranquillità delle cattive coscienze della borghesia cittadina. Eversivo perché chiamava direttamente in causa ognuno dei commercianti, degli artigiani, degli industriali, dei professionisti; non li chiamava in causa astrattamente, ma nel concreto della loro vita quotidiana: Libero Grassi aveva detto no al pizzo e voi, come se nulla fosse, dite sì ogni giorno. Eversivo perché obbligava tutti a guardarsi allo specchio per prendere atto di non essere imprenditori, perché, come Libero ci ha insegnato, chi accetta i condizionamenti della mafia non può dirsi imprenditore.
Nulla cambiava. La mattina del 29 agosto, quando ci riunivamo davanti alla casa della famiglia Grassi, era un rarità incontrare qualche operatore economico palermitano, mentre non sono mai mancati quelli provenienti da altre parti d’Italia. Alla fine, per noi, la data del 29 agosto è diventata la cartina al tornasole della vitalità di un’esperienza. Perché il nome di Libero Grassi “circolava” assai di più altrove che a Palermo. Non a caso le prime associazioni antiracket nacquero nella Sicilia orientale, e poi in Calabria, in Puglia, infine a Napoli. Per me era un grande evento ogni anno presentare a Pina e ai figli di Libero una nuova associazione e nuovi commercianti che avevano denunciato.
Al primo anniversario erano presenti Paolo Caligiore con i colleghi di Palazzolo Acreide, Tanino Zuccarello a guidare la delegazione dell’associazione di Sant’Agata Militello, Pia Giulia Nucci con gli imprenditori di Catania; tutti assieme all’associazione di Capo d’Orlando con Sarino Damiano. A queste presenze si aggiungevano anno dopo anno tanti altri colleghi provenienti da ogni parte d’Italia: Maria Teresa Morano e Maria Concetta Chiaro con l’associazione di Cittanova, la prima della Calabria; Rosa Stanisci, il coraggioso sindaco di San Vito dei Normanni, con la prima associazione pugliese; Nunzio Di Pietro da Francofonte, Bruno Piazzese da Siracusa, Mario Caniglia da Scordia, Antonio di Fiore da Messina, Pippo Scandurra da Patti. Con loro, tanti altri come loro, imprenditori che avevano testimoniato nelle aule di giustizia e dato vita alle associazioni antiracket.
Finalmente, dal 2002, anche in Campania nascono le associazioni antiracket: così all’alba, col “postale” proveniente da Napoli, arriva a Palermo Silvana Fucito accompagnata da Rosario d’Angelo, Salvatore Cantone e altri colleghi. In seguito l’associazione si costituisce nella difficilissima Gela e, da allora, non c’è anno che Renzo Caponetti, insieme a Franca Giordano, la vedova di Gaetano ucciso dalla mafia nel 1992, non stia lì con noi. Tra tutti questi non possiamo non ricordare la sofferenza di Enzo Lo Sicco che, per avere denunciato gli uomini di Cosa nostra, dovette abbandonare Palermo e vivere lontano con la sua famiglia.
Poi c’è stato, prima, il 2004 con la straordinaria esperienza di Addio Pizzo e, nel 2007, finalmente, la nascita dell’associazione antiracket Libero Futuro. Per la prima volta un gruppo di imprenditori, inizialmente ristretto, ma destinato a diventare sempre più numeroso, ha realizzato, in quella che era sempre apparsa come la città “impossibile”, ciò che in tanti altri luoghi altri imprenditori avevano già fatto: costituirsi in associazione antiracket. Dopo venti anni una cosa può essere affermata con certezza: dal 1991 abbiamo sempre detto che se Cosa nostra con l’omicidio di Libero Grassi pensava di bloccare la crescita di quel movimento che aveva preso avvio da Capo d’Orlando, questo obiettivo, benché raggiunto nell’immediato a Palermo, non è stato però conseguito nel resto del Paese; anzi, lontano dal radicamento mafioso della Sicilia occidentale, si è ottenuto un effetto opposto: nel nome di Libero sono nate associazioni, tante, in provincia di Messina, di Siracusa, di Ragusa, di Catania e, poi ancora, in Puglia, Calabria, Campania. Adesso, per fortuna, anche a Palermo ci sono commercianti che non hanno più paura la mattina di guardarsi allo specchio, anche qui nel nome di Libero si è più liberi. In tanti ma non tutti.
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da “Libero Grassi. Cara mafia, io ti sfido”
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".