Alla fine, dopo le proteste piovute sul governo da opposizione, sindacati, società civile e anche da ambienti della stessa maggioranza, la stretta sulle pensioni è saltata. E’ bastato un faccia a faccia tra Calderoli e Sacconi per far suonare il de profundis sulla contestata norma. L’alternativa? Per il momento quella più probabile, dicono nella maggioranza, è una “intensificazione della lotta all’evasione fiscale”. Dati e cifre però sono tutti da scoprire. Servirà il Consiglio dei ministri di domani per venirne a capo.
E meno male che la manovra doveva essere “più equa”, come garantito dal premier. Le uniche cose distribuite equamente, per il momento, sono l’insoddisfazione e la confusione. A cominciare proprio dalle pensioni. La decisione di intervenire sul riscatto degli anni della laurea e del militare, infatti, aveva cominciato ad insinuare dubbi non solo nella Lega, ma anche nel Pdl, tanto che ieri, fino a tarda sera, il ministro Sacconi e alcuni tecnici della maggioranza si sono attardati al lavoro con i vertici dell’Inps per ritoccare la proposta del governo. Così come era emersa a Villa San Martino, infatti, la norma rischiava di essere incostituzionale.
A far pendere per l’abolizione, però, il subbuglio nella Lega. Il problema è che il gettito previsto (650 milioni il primo anno e circa 1200 l’anno successivo) va ora coperto con un’altra misura che al momento non c’è, nonostante le voci del governo. A risultare particolarmente attivo nelle ultime ore è stato il ministro dell’Interno Maroni, che si è smarcato di nuovo dal ritrovato asse Tremonti-Bossi Berlusconi. A tentare di tenere insieme tutti i pezzi del Carroccio che si stanno nuovamente sgretolando il ministro Calderoli.
Del resto, il clima tra i leghisti non è certo dei migliori. Non fosse per il fatto che la promessa del titolare del Viminale ai Comuni (“I tagli agli enti locali saranno almeno dimezzati”) rischia di non poter essere mantenuta: “Vista la confusione sui numeri della manovra, e vista la fumosità del meccanismo per i Comuni, qualche timore ce l’abbiamo”, hanno spiegato alcuni deputati vicini a Maroni. Che hanno messo l’accento sull’attivismo di Calderoli che “di fatto ha intestato anche alla Lega una manovra che non ci piace affatto”.
Insomma, il risultato è che in molti, tra gli uomini di Maroni, sono più che preoccupati per come la Lega rischia di uscire dalla manovra, tanto che il Consiglio dei ministri di giovedì ha il compito di blindare il decreto proponendo un voto di fiducia alle Camere.
Una avvisaglia di quel che stava succedendo in casa leghista l’aveva data questa mattina la Padania, chiamata a fare da pompiere su una base sempre più insofferente, per non dire di peggio. E così sono piovuti titoli rassicuranti come “nuove riflessioni sulla manovra” o “manovra in discussione”. I leghisti insomma, non hanno gradito per niente il colpo al riscatto del militare. E il partito ha reagito di conseguenza con una azione stimolo-risposta.
E dire che solo poche ore prima del nuovo intoppo, Berlusconi si era dichiarato “molto, ma molto soddisfatto” per la ritrovata concordia e per un accordo che, a suo dire, aveva migliorato la manovra “senza modificare i saldi”.
All’appello, in ogni caso, mancano diversi miliardi di euro e li dovrà tirare fuori Tremonti, un ministro dell’Economia con il quale il Cavaliere giura di aver ritrovato il feeling di un tempo (“lo scontro è un romanzo d’agosto”) . Tanto che l’altra sera era ricominciato a girare il nome di Vittorio Grilli come suo successore.
Nella migliore delle ipotesi, il buco nella manovra si aggira attorno ai 5 miliardi di euro. Nella peggiore previsione si arriva invece a 20 miliardi. Come si arriva alle cifre? Nel primo caso il conto è ormai risaputo. Dal vertice di Arcore, infatti, la manovra è uscita senza contributo di solidarietà (a parte gli statali, sui quali la vessazione rimane) e con i tagli agli enti locali dimezzati. Cioè con quasi sei miliardi di gettito in meno. Recuperato e poi di nuovo perso solo in parte grazie alla norma ammazza-riscatto sulle pensioni, che nella migliore delle previsioni doveva portare nelle casse dello Stato non più di un miliardo e mezzo di euro. Ora che è saltata, quindi il buco torna a 6,5 miliardi.
Se però si considera che le stime sul Pil italiano nel frattempo sono crollate rispetto al +1,1% su cui il governo ha impostato i propri conti, il buco diventa una voragine di venti miliardi. Per il Fondo monetario internazionale il nostro paese si dovrà accontentare di un +0,7% quest’anno +0,8% l’anno prossimo. Risultato: a conti fatti altri 15 miliardi da recuperare nel rapporto con il deficit per arrivare all’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013.
E potrebbe non finire qui. Ieri lo spread con i Bund tedeschi ha ricominciato a crescere e si è avvicinato alla soglia dei 300 punti. Se dovesse continuare così (nonostante l’acquisto di titoli italiani operato dalla Bce) nessuno può escludere che a breve si parli di una nuova, ennesima manovra correttiva.
Aggiornato dalla Redazione Web alle 12:42 del 31 agosto 2011