Quando il buio arriva Nemoli sparisce. Salendo sul monte Sirino, il più alto dell’Appennino meridionale con i suoi duemila metri, il borgo diventa un puntino e i suoi 20 chilometri quadrati di strade e case scompaiono come inghiottiti nella notte. Il sindaco ha spento le luci. Lo deve fare. Il comune non ha più soldi per l’illuminazione pubblica e tiene accessi solo i lampioni che stanno nel cuore del paese e lungo la strada principale, uno ogni due perché tutti insieme è troppo. Il resto del paese scompare nel buio. Nemoli, a metà tra collina e montagna nell’entroterra di Potenza, è uno dei duemila micro comuni che il governo voleva eliminare (con i suoi 1.520 abitanti) e che invece sopravvive alla manovra d’agosto. Per vivere però come un fantasma, come l’ombra di se stesso. Perché a furia di tagli è lo spettro di quello che era un tempo. L’amministrazione non governa il territorio, non fa politiche attive. Si limita a ratificare tagli, a mettere pezze. E’ ormai un mero fornitore di servizi a basso costo che cerca di salvare il salvabile seguendo l’unica legge che conta, la legge di bilancio.

In lontananza, quasi nella campagna aperta, si intravvede la sagoma della scuola che un tempo era l’anima del paese e poi è stata chiusa per mancanza di fondi. I bambini di oggi vanno a scuola in un comune vicino trasportati da un pulmino in convenzione che fino al 1996 era gratuito, poi è iniziato a costare 10mila lire e oggi 10 euro al mese. Non una cifra proibitiva. Ma è il segno dei tempi. Quella scuola è una scatola vuota per tutto l’anno e rivive solo per una settimana in agosto grazie ai boyscout che attrezzano un campo estivo. “Un tempo accoglievamo i ragazzi gratuitamente ma oggi se non ci danno un contributo per acqua e luce dobbiamo negarglielo. Così, a malincuore, abbiamo messo una piccola retta anche su questo. E lo stesso accade per tutte le strutture gestite dall’amministrazione come la palestra, lo spazio polivalente, la sala cinema”. Un tempo chiunque poteva usarli gratis, bastava compilare un modulo. Oggi è gratis solo per le associazioni. Ogni altro uso deve generare un guadagno a copertura di ogni possibile spesa.

A raccontare la Nemoli che non c’è più e la sua copia sbiadita di oggi è il sindaco Antonio Filardi, 58 anni, ingegnere e insegnante, da sette amministratore in trincea. “Io qui sono nato e ho passato tutta la vita. Difficile spiegare cosa è successo negli ultimi anni. E’ cambiato tutto. Quello che un tempo i cittadini potevano dare per scontato non lo è più. Abbiamo fatto tutte le economie possibili ma i servizi dobbiamo metterli a pagamento o cancellarli. Altri che garantivamo non siamo già più in condizioni di farli proseguire. Domani chissà”.

In Comune c’è ormai poco da tagliare. Da tempo il personale che va in pensione non viene sostituito. C’è ancora una segretaria comunale per un giorno e mezzo la settimana ma sarà l’ultima nella storia di Nemoli. Una volta che anche la signora Angela avrà lasciato il posto non sarà sostituita e ad aprire fisicamente le porte del municipio sarà forse qualcuno di un comune vicino, un segretario a ore, in condivisione, in affitto, meglio se in comodato d’uso gratuito. Fino a oggi è stata Angela ad aprire le buste con le minacce di morte (e tanto di proiettile) recapitate regolarmente al sindaco fino a febbraio del 2010. Domani chissà. La mafia, probabilmente, si metterà a scrivere direttamente ai cittadini.

Ma a spaventare Filardi sono altri fatti. Su tutti, quello che a furia di tagliare i servizi essenziali (trasporti, scuola, attività sociali) le famiglie e i lavoratori di Nemoli facciano come in altre cittadine depresse della Basilicata, ormai alle prese con fenomeni di spopolamento senza ritorno. “La nostra fortuna è di avere la Salerno-Reggio Calabria a pochi chilometri e un paesaggio ancora bello. Ma la qualità della vita in un paese dove il comune è un fantasma è destinata a scendere e i giovani che vanno a scuola altrove rischiano di essere degli adulti in fuga domani”. Le uniche due consulenze del 2011 sono per uno psicologo e un assistente sociale. Nessun portaborse, avvocato o commercialista. Segno che qui c’è bisogno di lavorare sul sociale. Ma non è aria.

“La regione Basilicata ogni anno dava un contributo di 150mila euro ai comuni piccoli per fare politiche sociali. Nel 2011 nel “fondo di coesione” non ha versato un centesimo. Noi ci pagavamo ad esempio una parte del trasporto scolastico ma ora non siamo più in grado e rischiamo che sia il prossimo doloroso taglio per un comune che viene svenduto pezzo per pezzo sull’altare dei costi della politica. Ma io lo ripeto a tutti: il sindaco di Nemoli guadagna 480 euro lordi al mese e lavora tutti i giorni, spesso supplendo alle mancanze degli altri enti e apparati che centellinano i fondi. Da anni pago io la benzina per la macchina dell’amministrazione”.

La notte scorsa il cellulare di Filadi ha preso a squillare a ripetizione. E’ una signora che non ha più acqua in casa. L’acquedotto deve avere una perdita. La competenza è della Regione ma lì, ovviamente, non risponde nessuno. Risponde solo il sindaco che si attiva con tutti i canali possibili per mettere una pezza. E dopo mille insistenze ce la fa. “Io temo che a queste condizioni e con il lavoro di amministratore che è diventato quasi di protezione civile e dei servizi essenziali si faticherà a trovare un giovane candidato a mandare avanti le cose. Così il piano di abolizione dei piccoli comuni sarà perseguito senza riforme impopolari ma scientemente e giorno per giorno, togliendo l’ossigeno necessario a farli vivere”.

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