La manovra è stata approvata a Palazzo Madama con 165 voti a favore e 141 contrari, 3 astenuti. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Deputati.
Il testo è arrivato al Senato protetto dallo scudo del voto di fiducia e accompagnato da un maxiemendamento che, per quanto prometta il pareggio di bilancio nel 2013, contiene due clamorose retromarce rispetto a quanto annunciato in queste settimane da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. I tanto sbandierati tagli agli stipendi dei parlamentari sono stati ulteriormente ridotti e la lotta all’evasione è accompagnata da una sorta di salvacondotto: per evitare il carcere basta non evadere le tasse per più del 30% del volume d’affari.
Complessivamente il provvedimento vale 4,3 miliardi di euro in più per il 2012. Viene introdotto un punto percentuale in più all’Iva (dal 20 al 21%) e dal 2014 un aumento dell’età pensionabile per le donne. Il cosiddetto contributo di solidarietà, inoltre, è fissato al 3% per i redditi superiori ai 300mila euro, cioè per circa 35 mila contribuenti. Da questo contributo arriveranno 53,8 milioni nel 2012. Nel maxiemendamento, inoltre, c’è una correzione al condono del 2002: i termini per l’accertamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto “pendenti al 31 dicembre sono prorogati di un anno”.
Ma ciò che colpisce maggiormente, come detto, sono le modifiche ai tagli dei parlamentari e al carcere per gli evasori fiscali. Tagli più leggeri delle indennità parlamentari, per chi percepisce anche un reddito da attività lavorativa. Nella manovra approvata il 12 agosto è prevista una decurtazione dell’indennità pari al 50%, mentre nel maxiemendamento si stabilisce che “la riduzione dell’indennità parlamentare si applica in misura del 20% per la parte eccedente i 90.000 euro e in misura del 40% per la parte eccedente i 150.000 euro”.
Per quanto riguarda la norma che prevede il carcere per chi evade oltre 3 milioni di euro, invece, il maxiemendamento allenta la stretta: perché scattino le manette l’ammontare dell’imposta evasa dovrà essere superiore al 30% del volume d’affari. Si prevede infatti che la sospensione condizionale della pena prevista all’articolo 163 del codice penale “non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30% del volume d’affari; l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro”.
Il via libera del Senato alla manovraeconomica che da domani approderà alla Camera per l’ultimo passaggio soddisfa Silvio Berlusconi ma non lo rasserena. A turbare l’umore del Cavaliere, che non si reca palazzo Madama a seguire le ultime fasi del voto sul decreto e resta tutto il giorno chiuso a palazzo Grazioli con i suoi avvocati, è di nuovo la preoccupazione delle intercettazioni che arrivano da Bari. Dopo il caso Ruby, all’esame della giunta di Montecitorio, il Cavaliere si trova a dover fare i conti con le notizie di sue conversazioni telefoniche con Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini, accusato di estorsione ai danni del capo del governo. A tutto ciò si aggiunge il gelo con Giulio Tremonti e alcuni settori del Carroccio dopo il lungo braccio di ferro sull’impostazione del decreto. Martedì il presidente del Consiglio sarà ascoltato dai pm di Napoli a Palazzo Chigi come persona informata dei fatti ma a innervosire il Cavaliere, si ragiona in ambienti del Pdl, è il rischio che una nuova ondata di intercettazioni possa occupare le prime pagine dei giornali con ricadute anche a livello internazionale.
Le grane giudiziarie però non solo le uniche. Se è vero che ora l’imperativo per tutta la maggioranza è l’approvazione in tempi rapidi della manovra nel Pdl e nella Lega si affilano le armi. La richiesta che il ministro dell’Interno Beppe Pisanu fa a Berlusconi di farsi da parte a favore di un governo di “larghe intese” fa discutere. Ai mal di pancia piedellini va aggiunto il malumore di una parte della Lega che fa riferimento a Roberto Maroni, decisamente irritato per come è stata gestita dal governo fino ad ora la partita delle pensioni.
Fino al via libera definitivo della manovra le carte restano coperte in attesa poi di capire quale sarà l’atteggiamento del Carroccio sul caso Milanese ma, anche sulla questione delle Intercettazioni. A chiudere il cerchio c’è poi il capitolo Giulio Tremonti. Nonostante le modifiche alla manovra, a detta dei più maligni, abbiano indebolito il titolare del Tesoro, la paura è che dopo il sì Montecitorio al decreto, la tensione tra il premier ed il professore possa riaccendersi andando oltre il gelo latente di queste ore.