Ci sono gli autonomi e le casalinghe. Le donne velate e i bambini dalla pelle scura, veri banditori di fischietti e slogan. E poi ci sono pensionati e universitari. Si chiama società civile, quella che si raduna a Parma, in piazza Garibaldi, e che sfila sotto un sole ancora cocente lungo la via Crisis, processione non del dolore ma dei debiti. Debiti accumulati dalle casse pubbliche per 600 milioni di euro, tra nuova stazione (126), teatro dei dialetti (5) e ponte nord (25), solo per citarne alcuni.
La crisi di Parma si può dividere dunque in tappe. Tanti tasselli che insieme, per il comitato cittadino denominato La piazza compongono un mosaico che riflette corruzione, appalti mai onorati, nomine sospette. Proprio per questo gli indignados parmigiani, che da tre mesi si danno appuntamento sotto ai portici del Grano per protestare contro l’amministrazione guidata dal sindaco Pietro Vignali, oggi pomeriggio hanno messo in scena la Via Crisis: una vera e propria processione che ha toccato i luoghi dello ‘scempio’ parmigiano.
Stazione ferroviaria, piazza Ghiaia, biblioteca civica, piazzale Inzani: quattro luoghi che ricordano senza bisogno di troppe spiegazioni gli sprechi e gli errori commessi dal Comune. La prima tappa della Via Crisis infatti ha voluto essere piazzale della Chiesa, cantiere aperto della Stu Stazione.
“Per questa riqualificazione sono stati spesi 108 milioni e altri 30 milioni di euro”, spiega Andrea Bui, del movimento La Piazza. “Il tutto con a capo una persona dal curriculum alquanto discutibile: Costantino Monteverdi, assessore comunale dimissionario perché coinvolto nel caso di Emmanuel Bonsu. È ascrivibile a lui il cantiere più importante della città, ora fermo visto che non ci sono investimenti sufficienti per concludere il tunnel sotto alla stazione. Senza contare la costruzione di appartamenti di lusso che si era pensata, che nessuno comprerà, come dimostra l’esperimento di Stu Pasubio. Qualcuno ci può spiegare la sua utilità?”
Seconda fermata: il ponte Nord. Un colosso che svetta sul torrente Parma, che collega due vie poco più che a un senso, ovvero via Reggio e via Brennero. Un colosso che è costato moltissimi soldi, circa 30 milioni di euro, richiesti quando Stu Authority e Stt già stavano collassando dai debiti. Il tutto per un’utilità invisibile agli occhi dei cittadini: è difficile capire cosa il ponte voglia collegare, visto che si trova a pochi metri dal ponte delle Nazioni. Ma secondo La piazza il pericolo è un altro: se realmente molti cittadini lo preferissero al ponte delle Nazioni, le due piccole vie che unisce collasserebbero dal traffico. Senza contare l’aspetto estetico.
La terza sosta della processione è piazza Ghiaia. Qui sono i commercianti a pagare il prezzo più alto per un cantiere senza fine: “Ci sono stati molti cambiamenti rispetto al progetto iniziale”, commenta Alberta Cardinali di Monumenta, “a causa delle scarse risorse finanziarie e per decisioni saltate. È il caso delle strutture leggere per il mercato diurno, mai viste, o la riqualificazione prevista fino a via Garibaldi, che si è fermata prima. Il progetto prevedeva anche una rampa nel cortile della cavallerizza e l’abbassamento di via Romagnosi: cose non realizzate, trasformando la Ghiaia in un ghetto senza clienti nei negozi”.
Il corteo, un migliaio di persone con striscioni e fischietti, invita chi osserva ai lati delle piazze e delle strade a unirsi. “La crisi è di tutti, anche vostra. Non guardate, marciate”, gridano dal corteo. Però, poi, a osservare, c’è anche un’altra Parma, quella del mezzo gaudio. “Noi non vi guardiamo, vi compatiamo”, dice una venticinquenne ai lati di piazza Garibaldi.
Ma come? Seicento milioni di debiti e il compatimento va ai manifestanti? “Sì, perché i debiti ci sono dappertutto, non solo a Parma. Dunque perché preoccuparsi?” aggiungono altre persone. E altre ancora, lungo la marcia: “Se va via Vignali, arriva qualcun altro che di certo non fa di meglio”. Sicuri? Un sospiro per rispondere: “E chi lo sa”. Intanto però il corteo prosegue lungo le vie del centro verso il fiume e qualche altro manifestante, in corsa e senza averlo programmato, decide di aggregarsi. E quando per un attimo chi protesta si ferma sotto la sede degli industriali, ecco che parte il coloro: “La crisi che avete determinato voi non la paghiamo”.
di Antonella Beccaria e Caterina Zanirato