Greenpeace nel suo rapporto “Make it green” si è occupata di qualcosa di assolutamente controcorrente rispetto a quanto percepito dal senso comune: ha provato a scuotere l’opinione pubblica sul consumo di energia sporca conseguente all’attività apparentemente “immateriale” che si concentra nelle reti internet che coprono tutto il pianeta. In questo post riorganizzerò dati già diffusi, sforzandomi tuttavia di leggerli e confrontarli alla luce della nostra consumata esperienza in attività più tradizionali, per aprire la strada a ulteriori valutazioni.
La gran parte di noi quando invia una e-mail, chatta, naviga o si sofferma su un blog, pensa di fare azione virtuosa o perlomeno innocente dal punto di vista energetico. In fondo, ragioniamo, si tratta di azioni incorporee, legate ad attività neurali e non muscolari, assai lontane dall’idea di consumo e spreco di energia a cui associamo talvolta le nostre preoccupate valutazioni. È pur vero che comunicando con la rete evitiamo spostamenti materiali, non facciamo viaggiare dispacci su veicoli pesanti e inviamo solo bit alla velocità della luce, ma l’enorme infrastruttura (reti, server, computer, cellulari) che sorregge i nostri clic è pur sempre stata costruita con consumi di petrolio, uranio, gas e carbone. Per funzionare ha bisogno di fonti energetiche e continua ad emettere enormi quantità di CO2.
Alcuni esempi che saranno ritenuti a prima vista “incredibili”, ma che hanno a monte calcoli accuratissimi, sono stati pubblicati dal quotidiano Le Parisien. Provo a tradurli in quantità paragonabili alla nostra quotidianità. Tra il click di invio e la ricezione di un messaggio nella casella di posta elettronica di una foto (1Mb in buona risoluzione) emettete 19 grammi di anidride carbonica nel sistema energetico attuale alimentato per la grandissima parte dai fossili. Che non è poco, considerando che la media delle emissioni delle auto immatricolate in Europa nel 2010, è di 140 grammi di CO2 per chilometro percorso. Di conseguenza, se inoltrate la mail con foto a tutti i vostri familiari è come se guidaste una vettura per un paio di chilometri. Poiché sono 250 miliardi le e-mail inviate in media ogni giorno nel mondo, è come se oltre 100mila auto compissero quotidianamente un giro completo lungo la linea virtuale dell’equatore. Se poi riflettiamo sul lavoro a computer, tenuto conto che secondo le statistiche un impiegato di una media azienda riceve in media ogni giorno 58 mail e ne invia a sua volta 33 (con logo dell’impresa e allegati) e contando 250 giorni lavorativi l’anno, un “travet” amministrativo o un tecnico di routine, esclusivamente per l’attività al calcolatore emetterebbe 13,6 tonnellate di CO2 ogni anno.
Infine, un accenno sulla crescente “nuvola” che circonda noi e i nostri sempre più sofisticati terminali e dentro la quale competono grandi gruppi come Facebook, Yahoo, Google, Apple, Microsoft, Amazon etc. Immagazzinare dati multimediali su enormi server è sempre più indispensabile ed è sempre più stringente la richiesta di energia e, di conseguenza, risulterebbe necessario ricorrere all’efficienza e alle fonti rinnovabili. Mentre Facebook ha costruito il suo nuovo centro in Oregon alimentato da una centrale a carbone, Yahoo ha scelto per la sua espansione la fornitura da idroelettrico, riducendo l’impronta di carbonio conseguente. Intanto la domanda di energia della “nuvola” aumenta del 9% ogni anno e Greenpeace, preoccupata dell’effetto sul cambiamento climatico, chiede che la riduzione effettiva di emissioni ammonti al 15% nel 2020 rispetto al 2008. Ad oggi, per quanto riguarda la componente di rinnovabili utilizzata, Microsoft e Apple sono le peggio messe (nella fornitura ricorrono quasi esclusivamente a carbone e nucleare), mentre Google e Yahoo stanno abbandonando le fonti fossili per l’alimentazione dei nuovi centri in allestimento.
Alla luce di questi dati, chi avrebbe mai pensato che un clic di condivisione o un download di un filmato potrebbe contribuire a innalzare la temperatura del pianeta?