Huang Nubo è un uomo d’affari cinese. A fine agosto il suo Zongkun investment group ha offerto l’equivalente di quasi nove milioni di dollari per comprare 300 chilometri quadrati di terra in Islanda. Il progetto di Nubo è un piano di sviluppo turistico che dovrebbe collegare i parchi naturali di Vatnajokull e Jokulsargljufur. Oltre ai soldi per comprare la terra, il businessman cinese promette altri 160 milioni di dollari di investimenti per costruire un resort turistico. Gli islandesi, la cui economia è in crisi nera dal 2008, hanno avuto reazioni divergenti. Una parte del Paese vede di buon occhio il ritorno dei capitali esteri. Altri temono che un pezzo della loro amata isola passi in mani straniere e si preoccupano per le risorse naturali, a partire dall’acqua dolce. Nel Paese se ne discute. E anche se non è un caso “tipico”, la proposta di Huang Nubo potrebbe essere il primo esempio di “land grabbing” in un paese dell’emisfero nord.
I cittadini islandesi sono fortunati. Nessuno convincerà con la forza i proprietari dei terreni a sloggiare. Non sono stati altrettanto fortunate le 22 mila persone che abitavano in Uganda sui terreni su cui aveva messo gli occhi la New Forest Company, un’azienda forestale britannica. Le loro testimonianze, raccolte nel rapporto “Land and power” diffuso oggi dalla Ong internazionale Oxfam, raccontano di aggressioni, minacce, case distrutte per “convincerli” ad abbandonare le terre. Quello della New Fores Company in Uganda è solo uno dei tanti casi – più di 1100 – esaminati dai ricercatori di Oxfam per la stesura del rapporto. La conclusione è che il fenomeno del “land grabbing” è cresciuto esponenzialmente dal 2008 in poi, quando la crisi finanziaria internazionale e gli alti prezzi delle derrate alimentari hanno spinto investitori, multinazionali e fondi di investimento a comprare enormi fette di terreni agricoli. L’ammontare complessivo calcolato da Oxfam è di 227 milioni di ettari di terre fertili comprate o affittate a lungo termine. I ricercatori di Oxfam sono riusciti a esaminare i contratti per circa 67 milioni di ettari, la metà dei quali – per una superficie agricola pari alla Germania – in Africa.
Vittime di queste transazioni sono le comunità locali: “Il ritmo senza precedenti delle compravendite di terre e l’accresciuta competizione per la terra sta peggiorando la situazione dei più poveri del mondo – ha detto presentando il rapporto Jeremy Hobbs, direttore esecutivo di Oxfam – Nella frenesia per la terra, gli investitori ignorano le persone che su quelle terre vivono e da esse dipendono per la propria sopravvivenza”.
I paesi con i casi più evidenti di violazioni dei diritti delle comunità locali, secondo Oxfam, riguardano l’Uganda, il Sud Sudan, l’Indonesia, il Guatemala e l’Honduras, ma il fenomeno è diffuso in tutto il Sud del mondo.
Il rapporto di Oxfam non si limita a fotografare la realtà ma suggerisce anche dei correttivi, primo fra tutti la consultazione delle comunità locali, che nella maggior parte dei casi vengono scavalcate dagli investitori che trattano direttamente con i governi. Una seconda misura necessaria a fermare quella che viene definita “una nuova corsa all’oro” è bloccare gli incentivi per i biocarburanti. Secondo Oxfam, gli obiettivi dell’Unione europea – 10 per cento di carburanti per i trasporti ottenuti da fonti vegetali entro il 2020 – creano un effetto “perverso”: terre agricole vengono sottratte alle comunità locali e alle coltivazioni alimentari per essere destinate alla produzione di piante da cui ricavare biocarburanti.
L’Onu, e in particolare la Fao – prosegue Oxfam – dovrebbero adottare un approccio più orientato a tutelare i diritti dei poveri, e in particolare delle donne, nella gestione della terra, anche per aumentare la sicurezza alimentare di alcune delle zone del pianeta più esposte al rischio di denutrizione.
Il Comitato per la sicurezza alimentare della Fao si riunirà il mese prossimo a Roma. Il rapporto di oggi è un utile memorandum per governi e multinazionali, se fossero disposti ad ascoltare argomenti diversi dai grafici dell’andamento macroeconomico e dei profitti a breve termine.
di Joseph Zarlingo