La Guardia di finanza di Firenze, nei giorni scorsi, ha chiuso l’indagine sull’Istituto di studi umanistici (Isu) di Firenze, sul Consorzio interuniversitario e dell’Istituto superiore di Scienze umane (Sum). Nei guai è finito un big del Pd, il professore Aldo Schiavone, accusato assieme ad altre sette persone: il direttore amministrativo dell’università di Firenze, Michele Orefice, i due direttori amministrativi del Sum Antonio Cunzio e Loriano Bigi (già coinvolto nel mega buco di bilancio dell’ateneo senese), il funzionario amministrativo del Sum Giuliano De Stefani, il vicedirettore vicario del Sum Mario Citroni e la funzionaria amministrativa del Consorzio Interuniversitario, Daisy Sturmann. Sono sospettati, a vario titolo, di peculato, abuso d’ufficio, truffa aggravata e favoreggiamento personale.
In sintesi, ma molto in sintesi, dal 2005 al 2009 gli indagati — sostiene la Procura fiorentina — hanno speso oltre tre milioni di euro. Finanziamenti pubblici destinati agli enti universitari e che invece sono stati sistematicamente usati per viaggi, cene in ristoranti, pernottamenti in hotel di lusso, viaggi, spostamenti in taxi e anche per acquistare libri (come «La vampa d’agosto» di Camilleri).
Il procuratore capo Quattrocchi e il sostituto Monferini, nell’avviso di conclusione di indagine, ricostruiscono qualcosa come 1500 episodi di sprechi. Qualche esempio: per l’accusa i contratti stipulati nel 2007 con due professori sono in realtà “un compenso — annotano magistrati — che aveva come vera finalità l’organizzazione di un convengo a Washington”. Ma sono le cene e i pranzi a tenere banco: come quelli tra Schiavone e il veneto Massimo Cacciari, a Venezia (*). Oppure tra lo stesso Schiavone e il professor Prodi che scelgono la Cesarina di Bologna: l’ex direttore del Sum motiva la spesa per “il coordinamento della ricerca”, ma secondo la Finanza “tale motivazione non è prevista da alcun regolamento. Non è dato sapere quale sia il motivo del viaggio a Bologna, in agenda vi è solo l’impegno al ristorante”. Si pranza e si cena in mezza Italia e in mezzo mondo: per pagare poi si usa la carta di credito. A Venezia si va al mitico «Harrys’ Bar», a Firenze si opta, tra l’altro, per il «Cibreo», per la «Cantinetta Antinori» e per «Camillo»; a Roma si predilige «Fortunato al Pantheon»; a Napoli si sceglie «Zi Teresa». Ospiti vip, come nel caso del pranzo pagato 315 euro e 80 centesimi da «Romolo», a Roma, dove c’è pure Umberto Eco: “Il mandato di spesa — nota la Finanza — non ha alcuna motivazione”.
Non è che si scordasse di lasciare mance, Schiavone: non a caso paga 25 euro ai camerieri sempre con la carta di credito. E a Roma, nel 2006, paga sì gli extra dell’Hotel Eden (poco più di 10 euro) ma fa anche beneficenza all’Unicef: un euro. Ovviamente tutto a spese del Sum. Con quella carta di credito compra tutto, perfino i libri: “La vampa d’agosto” di Camilleri la trova alla Feltrinelli di Firenze, «La casta» la trova a Roma, «Le mythes de Platon» li seleziona in una libreria di Parigi. Paga con la carta di credito, ovviamente.
La difesa
Una nota firmata da Franco Cardini, Roberto Esposito, Nadia Fusini, Ernesto Galli della Loggia e Andrea Giardina viene diramata a difesa di Schiavone: i professori, oltre a esprimere «piena fiducia nell’accertamento della verità che sarà operato dalla magistratura», infatti si «dichiarano certi che l’Istituto in questi anni è stato amministrato in modo proprio e corretto».
I viaggi
Ma di istituzionale, a scorrere le carte della Procura, sembra esserci ben poco. Dalle carte infatti emergono viaggi e soggiorni all’estero con mogli, parenti, amici in hotel di Inghilterra, Francia e Usa. Uno dei più significativi è un viaggio a Istanbul. Un’amica di Schiavone, sentita a sommare informazioni, mette a verbale: “Io e lui eravamo in vacanza, abbiamo pranzato e cenato. Non ricordo che il professore avesse impegni di lavoro”. Come se non bastasse tra le spese contestate anche l’affitto di una limousine per un convegno a New York.
Il meccanismo
Come si è potuto andare avanti così per anni? I documenti contabili sarebbero stati modificati, occultati o smarriti. Oppure palesemente inventati come nel caso del pranzo tra Schiavone e Bettini a Lo Squero di Rimini, un pranzo motivato “col coordinamento della ricerca” ma in realtà per la Finanza “è un evento personale”. Di sicuro, ad esempio, sono state acquistate di 30 bottiglie di vino fatte passare per materiale di cancelleria.
L’abuso d’ufficio viene contestato sugli incarichi professionali a parenti e conoscenti con contratti per collaborazioni senza seguire «le procedure fondate su meccanisimi oggettivi e trasparenti che garantiscano l’imparzialità». Incarichi per attività a volte mai eseguite, e in molti casi a favore di persone prive di specifiche competenze e ingaggiate solo sulla base di un colloquio o dall’esame di un curriculum. Tra questi anche quello del 2005 a Ivana Orefice, figlia dell’ex direttore Michele Orefice. Alcuni bandi di concorso sono stati ritagliati ad hoc per assumere personale tecnico e amministrativo a tempo indeterminato, a svantaggio dei concorrenti provenienti dall’esterno.
I nuovi filoni
L’Università ha anunciato un’indagine interna. Ma è la Corte dei Conti che adesso sta mettendo mano a questa storia: si indaga per danno erariale e per danno di immagine.
di Nando Martelloni
(*) A proposito della citazione di Massimo Cacciari, l’ex sindaco di Venezia replica: “Leggo che sarei stato a cena con Aldo Schiavone. Tengo a precisare che il professore non ha mai offerto una cena al sottoscritto, né a Firenze, né a Venezia, né altrove. Ed è arcinoto come il sottoscritto non abbia mai sprecato o contribuito a sprecare denaro pubblico”.