Una “barbarie” che va fermata, dice Berlusconi. Passato il voto su Milanese e in attesa di quello su Saverio Romano, il Cavaliere pensa a sé e conferma che sulla legge sulle intercettazioni non ci saranno ripensamenti. E neppure modifiche. L’urgenza è tale che quella legge, che non piace un granché sia dentro il Pdl che nella Lega, sarà approvata il più presto possibile. Il dibattito comincerà martedì 27 alla Camera, ma la discussione entrerà nel vivo solo i primi di ottobre; il voto, secondo gli uomini di Berlusconi, dovrebbe esserci entro giovedì 6.
“Stiamo parlando di una legge che sta facendo navetta tra Camera e Senato da due anni – aveva spiegato il capogruppo, Fabrizio Cicchitto a margine della votazione su Milanese – e non mi pare proprio che si possa parlare di accelerazione, casomai il contrario, c’abbiamo messo troppo tempo…”. Nessuno ne parla apertamente, ma è più che probabile che su quel testo il governo metta la fiducia per evitare che una seppur minima modifica lo faccia ritornare al Senato, facendo perdere tempo prezioso; l’imperativo è fare presto. Dunque, il bavaglio stavolta potrebbe arrivare davvero, vista la determinazione di Berlusconi e dei suoi che, però, trova appoggio anche in fasce piuttosto ampie dell’opposizione. “La legge non è senz’altro il massimo – commentava un adepto del Cavaliere dopo il summit sulla giustizia a Palazzo Grazioli dell’altro giorno – ma intanto approviamo questa, poi ci sarà sempre tempo per fare le modifiche, la priorità ora è far finire questo gioco al massacro sulla stampa”.
L’unico punto su cui si discute ancora è la questione legata all’opportunità di mettere la fiducia. Con una maggioranza dai numeri ogni giorno più esili, il rischio di cadere proprio su un provvedimento ad personam è un incubo che il Cavaliere rifugge, ma che potrebbe diventare concreto se davvero, come sembra, alle ragioni di opportunità si contrapporranno quelle della necessità e dell’urgenza. Se poi dovesse andare bene un’altra volta, ecco allora che il bavaglio sarebbe legge per metà ottobre. In pratica, domani. E questa imminenza non è sfuggita, ieri, al presidente dell’Amn, Luca Palamara. “Le intercettazioni – ha commentato – sono uno strumento investigativo indispensabile per scoprire chi commette reati, per garantire e assicurare alla giustizia i criminali e evitare che ci sia impunità nel nostro Paese”. E poi, ci sono davvero “altre priorità” prima di mettere il bavaglio alla stampa e i bastoni tra le ruote alla magistratura, ma è una questione su cui Berlusconi non sente ragione. Specie adesso.
“Palamara fa finta di non sapere – ha infatti risposto subito Fabrizio Cicchitto – che alcuni magistrati stanno facendo un uso del tutto indebito delle intercettazioni dandole in pasto ai media per scopi politici e facendo strame di ogni diritto alla privacy”. Le parole e l’ostinazione di sempre, quindi, nella maggioranza che non ha toccato in commissione alla Camera i capisaldi del provvedimento varato dal Senato: pubblicazione consentita solo per conversazioni rilevanti ai fini del processo, è previsto il carcere per i cronisti e per chi passa loro le informazioni, sarà più difficile intercettare i mafiosi e impossibile farlo con i preti e verrà severamente punita anche l’intercettazione “fraudolenta” senza il consenso dell’interessato (la famosa “norma D’Addario”). Intanto giovedì 29, in piazza del Pantheon a Roma, il “Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo” ha indetto una manifestazione per dire no al bavaglio. La maggioranza andrà avanti incurante di qualsiasi protesta.