Sì al ministro Saverio Romano, accusato di mafia, no al certificato antimafia. E’ il pensiero di Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, distillato durante la presentazione del nuovo logo del dicastero. “Basta chiedere a imprese e cittadini documentazione per informazioni che la Pubblica amministrazione già possiede”, afferma il ministro. “Basta certificato antimafia, basta pacchi di certificati per partecipare ai concorsi, basta con il Durc (il certificato unico di regolarità contributiva per le imprese, ndr)”. La semplificazione, aggiunge, è “una delle vitamine per la crescita”.

Deve restare, invece, il ministro Saverio Romano, sul quale pende una richiesta di rinvio a giudizio coatto per concorso esterno in associazione mafiosa, oggetto di una mozione di sfiducia che sarà discussa dopodomani: “Le dimissioni del ministro Romano non sono all’ordine del giorno”, assicura Brunetta. “L’opposizione si diverte con l’impallinatura di questo o quel ministro, ma finora gli è sempre andata male e gli andrà male anche mercoledì”.

L’occasione di queste esternazioni è la presentazione del nuovo logo della Pubblica amministrazione, alla fine del quale Brunetta si è lasciato andare con i giornalisti. Ma l’accenno al certificato antimafia provoca qualche imbarazzo persino tra i membri del suo staff, che già fiutano le polemiche. Che infatti arrivano subito, per primo dal Partito democratico. “Brunetta, rischia così di indebolire i presidi antimafia di cui ci siamo dotati in questi anni (qui la procedura richiesta per ottenere il certificato antimafia, ndr). La penetrazione delle mafie in ogni tipo di gara o di appalto per opere pubbliche è un dato crescente ed è noto a tutti. Di certo – continua la nota – non potrà essere accettata una misura che rende più fragile il sistema di controllo dello Stato”.

Rapidissima e tranciante la reazione del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: “Il ministro Brunetta è sempre molto originale. Stop ai certificati antimafia? Faccia una proposta di legge, la valuteremo… E’ stato da poco approvato il Codice antimafia”, continua il Procuratore, “che tra l’altro disciplina in modo molto rigoroso tutta la certificazione antimafia. Se il ministro aveva qualche osservazione da fare poteva farla in sede di Consiglio dei ministri”. Comunque, conclude Grasso, “non è mia abitudine prendere posizione su cose campate in aria”.

Grasso fa riferimento al Testo unico antimafia predisposto dal governo e approvato dal parlamento meno di due mesi fa, che all’articolo 99 conferma la necessità del certificato antimafia per gli imprenditori che vogliono lavorare per la pubblica amministrazione o esercitare determinate attività private sottoposte ad autorizzazione. Il Testo unico, però, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Ce n’è abbastanza per la precisazione di rito, che arriva per bocca del portavoce del ministro (ma in perfetto Brunetta style): “I conservatori della sinistra non riescono a capire che accadrà esattamente il contrario, in quanto la certezza dei dati non diminuirà ma verrà semmai rafforzata: invece di chiedere al singolo imprenditore di fare il fattorino tra le amministrazioni, saranno infatti queste ultime a procurarsi direttamente presso gli uffici competenti la documentazione richiesta”. Ma il Pd è preso “dal sacro fuoco della banalità politica”.

Peccato che a stretto giro intervenga proprio il collega di Brunetta “titolare” dell’azione antimafia, il ministro dell’Interno Roberto Maroni: ”La certificazione antimafia non può essere modificata perché è uno strumento indispensabile per combattere la criminalità organizzata e, in particolare per contrastare le infiltrazioni malavitose negli appalti pubblici”. Ed è ancora Maroni a ricordare al ministro della Pubblica amministrazione che il governo “ha appena approvato il Codice delle leggi antimafia che ha riscritto la normativa sulla certificazione antimafia per renderla più efficace e rapida, venendo incontro anche alle richieste del mondo delle imprese”.

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