La “fratellanza”, così viene chiamata, era un patto solidissimo, che, secondo l’accusa, fruttava soldi a palate. Da un lato, spiegano i pm nell’ordinanza, “c’erano funzionari e dipendenti di società di trasporti, di Trenitalia, di Sepsa, che indirizzavano e guidavano gli imprenditori amici”. Dall’altro i partecipanti alle gare che sfornavano offerte abilmente pilotate e concordate aggiudicandosi appalti per svariati milioni.
Una serie di scambi di favori, mazzette, viaggi e regali che – secondo i magistrati – sono saltati fuori giorno dopo giorno. E’ spuntato chi forniva agli “amici” la “situazione”, ovvero il prospetto delle classifiche di gara anticipando informazioni e favorendo i membri della fratellanza, e chi calcolava quanti “biscotti” valeva il gioco. Così li chiamavano i soldi, biscotti. Ma anche cammelli. Parole, queste, che ricorrono nelle intercettazioni che hanno, dopo diciotto mesi di indagini portate avanti dai sostituti procuratori di Firenze, Giuseppe Bianco e Giuseppe Soresina, portato all’iscrizione sul registro degli indagati 42 persone tra i quali una buona fetta di emiliano romagnoli, toscani e laziali.
In 16 sono stati raggiunti da misure cautelari: nove in carcere e sette ai domiciliari. Imprenditori – dicono le carte dei pm – e “dipendenti compiacenti” accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa, peculato, turbata libertà degli incanti, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, rivelazione di segreti d’ufficio e falsità commessa da pubblici impiegati. Per nove di loro, inoltre, sono arrivate misure interdittive: per un po’ nelle loro aziende, di affari, non potranno farne nemmeno mezzo. Ma negli anni ne hanno fatti molti secondo la procura fiorentina che ha coordinato il meticoloso lavoro della squadra mobile, guidata da Filippo Ferri, e degli uomini della Polizia ferroviaria per la Toscana.
Otto gli appalti, solo negli ultimi tempi, finiti sotto la lente di ingrandimento della Procura, per cifre notevoli: ogni gara valeva dai 500mila ai 3 milioni di euro. Ma il rapporto tra gli imprenditori e tra i membri della fratellanza “non era recente, affondava le radici indietro nel tempo” chiarisce il procuratore capo Giuseppe Quattrocchi. Dalle prime ore di ieri mattina sono state almeno 56 le perquisizioni in tutta Italia. Sono avvenute in contemporanea in 19 città differenti, a partire da Firenze, in viale Spartaco Lavagnini, dove ha sede la struttura tecnica di Trenitalia. E’ da qui che si è sviluppata l’inchiesta dopo che l’azienda stessa portò alla luce irregolarità nelle procedure di affidamento – per le quali già nel febbraio 2007 un primo dirigente di Trenitalia è stato allontanato dalla società – ma, soprattutto, a seguito della denuncia di un imprenditore estromesso dalle gare. Imprenditore che poi, però, “ha fatto parte, di nuovo, della fratellanza – spiega una fonte della procura – cosa che ci fa leggere la sua denuncia come una vendetta interna che ha travolto anche lui, non appena rientrato nel giro d’affari”.
“I bandi fotografia” e il “metodo Siino”.
Spiega l’accusa nella lunga ordinanza: il sistema ricalca, per il modus operandi, quello dei cosiddetti “bandi fotografia” che erano usati negli anni Novanta. Per favorire un appalto, la gara veniva strutturata su misura del potenziale vincitore prescelto. Le “talpe” delle aziende di trasporti, spiegano gli inquirenti, fornivano le informazioni giuste e l’amico di turno si accaparrava la gara. Questo avveniva con il placet di chi perdeva, secondo l’accusa, che sapeva di dover attendere poco: la volta successiva avrebbe vinto e, a stare in silenzio, sarebbe toccato all’altra ditta. Il tutto alla faccia della concorrenza, che era solo sulla carta mentre in realtà, sottobanco, era tutto deciso. Il sistema di fratellanza e di esclusione a rotazione si spiega bene in una conversazione telefonica dell’imprenditore Guglielmo Del Vecchio, avvenuta il 2 settembre dello scorso anno. E’ lui che rassicura un imprenditore amico”.
“Ci sono nove motori che devono uscire e così come hanno fatto l’altra volta con Di Iorio stavolta hanno tenuto fuori me. Quindi vedete che le cose si sanno quindi che la prossima volta può darsi che tocca a te o tocca a quell’altro”. Quello che conta è altro: “L’importante è che non ci agitiamo quando succedono queste cose”. Il magistrato Giuseppe Bianco richiama invece Angelo Siino, detto “ministro dei Lavori pubblici di Cosa Nostra”, per spiegare come avveniva la spartizione a rotazione, degli appalti, da parte delle società indagate nell’inchiesta. “Le aziende usavano quello che chiamo il ‘metodo Siino’ – spiega il sostituto – a tavolino decidevano chi dovesse vincere la gara e le altre partecipavano con offerte suicide. Era un sistema a rotazione, l’importante è che alla fine tornasse la contabilità. Infatti se una società otteneva 10 milioni con un solo appalto, le altre dovevano ricevere due appalti da 5 milioni ciascuna”.
I membri della “fratellanza”.
E’ molto lunga la lista che compone quella che viene definita, dai magistrati, la “fratellanza”. Indagati e arrestati sono riassunti in due differenti ordinanze. La prima, che spedisce in cella nove persone, porta la firma del giudice per le indagini preliminari Monti. La seconda ne manda sette ai domiciliari. E ci sono, in tutto, 42 indagati. I 27 personaggi chiave, secondo la Procura, sono soprattutto gli addetti alla direzione logistica di Trenitalia, i titolari di grandi aziende e anche gli imprenditori noti, pure, per la loro carriera politica. Come Luca Tomassini, sindaco in quota centrodestra che guida il Comune di Petrioli, in provincia di Ascoli Piceno. Per lui il pubblico ministero Bianco aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, respinta dal giudice per le indagini preliminari. Ai domiciliari invece è finito Marco Mazzanti, addetto alla direzione tecnica di Trenitalia di Bologna, che secondo il Gip Giovanni Perini avrebbe avuto un ruolo più importante rispetto agli altri indagati. Su 26 richieste totali di custodia cautelare in carcere – formulate escludendo Nicola Damiano per sopraggiunti limiti di età – ne ha applicate 7 ai domiciliari, Mazzanti compreso.
Chi sono i membri “del sistema di fratellanza”, come lo definisce la Procura.
Si tratta di Salvatore Avallone di Napoli della Elettromeccanica campana spa; Marco Cafiero di Napoli della Firema Trasporti spa; Tiberio Casali, Tiziano Viviani, rispettivamente addetti alla direzione logistica industriale di Trenitalia di Firenze e Ancona. E ancora: Francesco Falcone, della direzione acquisti di Roma di Trenitalia; Alessandro Fodonipi, Francesco Marzano e Piero Mignardi della direzione logistica industriale di Bologna. Gli imprenditori: Riccardo Poggi (Pm&c scarl); Guglielmo Del Vecchio della Meis Elettromeccanica srl; Giovanni Mugnai, addetto alla direzione logistica industriale di Firenze; Massimo Fuochi della Gmg Elettromeccanica snc. E infine: Cesare Damiano (referente di Elca Elettromeccanica Campana spa e Damiano Motor’s) Nicola Damiano, Antonio Del Vecchio, Tecla di Polito, Graziano Fantoni, Giuseppe Feliziani, Antonio e Domenico Fucito, Antonio Iorio, Marco Mazzanti, Gelsomina Pagano, Sandro Piaggio, Walter Pretelli, Massimiliano Soria e Luca Tomassini.
Trenitalia: noi danneggiati, ci costituiremo parte civile.
Il primo campanello d’allarme suonò il 17 febbraio dello scorso anno. Nel corso di un convegno a Firenze l’amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, denunciò pubblicamente l’assenza di trasparenza all’interno della struttura tecnica di Trenitalia di viale Spartaco Lavagnini. Non aveva usato mezzi termini e aveva parlato di “un cancro da estirpare”. Un’affermazione che suscitò critiche, dalla quale scaturì perfino un esposto in Procura, ma che riletta oggi alla luce dei risultati delle indagini assume un significato ben diverso da un “attacco alla struttura”, come venne definito con contrarietà quando ancora il “cancro” in Trenitalia doveva essere estirpato.
Oggi Trenitalia annuncia la costituzione di parte civile per tutelare i propri interessi visto che “da questa attività è stata pesantemente danneggiata – si legge in una nota – nella sua qualità di persona offesa”. E, conclude l’azienda, che già avviò accertamenti con “periodiche verifiche effettuate dall’audit e dalla security hanno portato all’allontanamento di dirigenti e quadri”: “Il personale coinvolto in questa indagine sarà oggetto di ulteriore attenta analisi e di ogni eventuale conseguente provvedimento”. Negli anni comunque degli accertamenti ci sono stati, spiegano ancora dalle Ferrovie dello Stato. “Nell’arco di questi anni, grazie a tale profonda verifica nel settore degli appalti e della manutenzione, sono stati allontanati ben 39 dirigenti e 10 quadri di Trenitalia. Inoltre, circa 100 ditte sono state cancellate dal sistema di qualificazione”.
Quello che Trenitalia non dice è che quasi quattro mesi prima dell’inizio dell’indagine quella denuncia era stata fatta dal giornalista de Il Sole 24 Ore Claudio Gatti nel libro Fuori Orario (Edizioni Chiarelettere), uscito a fine ottobre 2009.
La procura di Firenze ha voluto allegare formalmente agli atti il libro di Gatti. L’amministratore delegato del Gruppo, Mauro Moretti invece, ha preferito fargli causa per diffamazione.