E’ una ‘ndrangheta viva, più che mai attiva e, in buona parte, ancora sconosciuta quella che si è radicata da decenni sul litorale romano di Anzio e Nettuno. Il racconto del boss Antonino Belnome, collaboratore di giustizia che da un anno ha iniziato a riempire centinaia di pagine di verbali, ha scoperchiato il cuore della struttura della cosca Gallace Novella, originaria della piccola città di Guardavalle, sul litorale ionico, ma con ramificazioni nel Lazio e in Lombardia.
C’è un capo locale a Nettuno mai venuto alla luce dalle indagini degli ultimi quindici anni: “Si chiama Giacomo, non so se è veramente il suo nome o un soprannome, ha una cinquantina d’anni, è originario della Calabria ma si è radicato a Nettuno da diverso tempo”, ha raccontato durante l’interrogatorio condotto dal Pm romano Francesco Polino ieri durante il processo Appia. E per Belnome la ‘ndrina dei Gallace a Nettuno, alle porte di Roma, è ancora forte, nonostante i due processi della Dda di Roma – Appia e Mithos – nati sei anni fa che portarono all’arresto di un centinaio di presunti affiliati: “Ho visto la cocaina che gestivano, prima del mio arresto, nel 2010. Era arrivato un carico di 400 chili e andavano a ritirarne 120: mi dissero che c’era questa disponibilità”.
Il racconto di Antonino Belnome inizia dalla sua origine di calabrese trapiantato a Milano, figlio di quei gruppi che migrarono tra gli anni ’60 e ’70: “Mia madre è calabrese, mio padre è siciliano. Ho passato tutta la mia vita come pendolare tra la Lombardia e Guardavalle, il paese dove ho i miei legami di parentela. Avevo una vicinanza, una familiarità con la ‘ndrangheta fin da ragazzo”. Giocava a pallone come professionista, nel Teramo e nel Catania, con una vita sostanzialmente normale. Fino ad un incontro che ancora oggi Belnome indica come chiave per il suo ingresso ufficiale nelle ‘ndrine. “Mio cugino Liberato Tedesco mi presentò Andrea Ruga, era il 2003”. Ruga era un capobastone originario di Monasterace, in provincia di Catanzaro, alleato storico della cosca dei Gallace, ucciso soffocato lo scorso 13 gennaio nella sua casa in Calabria. Si era trasferito a Milano dopo la scarcerazione, andando a lavorare al mercato dell’ortofrutta: “Da quell’incontro è nata una scintilla – ha ricordato Belnome – ci siamo piaciuti subito a vicenda”. Poi, dopo pochi mesi, arriva la proposta: “Mi chiese di entrare nella ‘ndrangheta, mi disse che avevano grandi progetti su di me”.
La carriera di Belnome è stata fulminante. In pochi anni dal momento dell’affiliazione ha raggiunto le “doti” (ovvero i gradi di ‘ndrangheta) di padrino, ai vertici della “Società maggiore”, l’élite delle cosche. C’è un codice che gli affiliati devono apprendere subito, in grado di aprire le porte anche dove non si è conosciuti. Si chiama “copiata” ed è l’elenco dei nomi di riferimento del proprio gruppo: “Nella mia copiata di sgarrista – ha spiegato Belnome – c’erano tre nomi, tre come i cavalieri spagnoli: Andrea Ruga, Vincenzo Gallace e Rocco Cristello”. Tre capi, tre referenti di locali in Calabria, tre persone che avevano il potere di vita o di morte sugli affiliati, secondo il suo racconto.
Vincenzo Gallace, originario di Guardavalle, è ben conosciuto nelle diramazioni dell’omonima cosca. In Calabria, ovviamente; a Milano, come ha spiegato il procuratore Antimafia Ilda Boccassini nell’operazione Infinito; e a Nettuno, dove da decenni si è costituito una locale, ovvero un territorio controllato dagli affiliati, attivo e in grado di gestire le attività illecite, come il traffico di cocaina. La testimonianza dell’ex affiliato divenuto collaboratore è stato il vero punto di svolta nella difficile fase istruttoria del processo Appia, che vede imputati ventisei presunti affiliati collegati alla locale di ‘ndrangheta di Nettuno. Fino a ieri i pochi testimoni chiamati a deporre hanno evitato accuratamente di accusare quella famiglia ritenuta intoccabile. L’altro collaboratore che aveva testimoniato lo scorso luglio, Domenico Todaro, aveva un ruolo secondario, avendo partecipato all’organizzazione per pochissimo tempo. Tra gli imputati del processo Appia ci sono i due protagonisti della ‘ndrangheta radicata in Lombardia: oltre a Vincenzo Gallace a Nettuno era ben conosciuto ed attivo Carmelo Novella, il capo della locale di Legnano ucciso nel 2008 da Antonino Belnome, su ordine, secondo la Dda di Milano, del suo ex alleato Vincenzo Gallace, per contrasti interni sorti dopo gli arresti nati dalle operazioni Appia e Mithos.
A sottolineare la forza della presenza della ‘ndrangheta in questa zona a cavallo tra la provincia di Roma e quella di Latina fu lo stesso governo, che nel 2005, dopo il discovery dell’inchiesta della Dda di Roma, decretò lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. Unico caso del Lazio. Oggi, a distanza di sei anni, la presenza delle ‘ndrine è ancora forte e radicata, grazie anche all’alleanza con famiglie locali, come ha rivelato l’ultima operazione del Ros di Roma lo scorso ottobre, che portò ad una nuova ordinanza di arresto per Vincenzo Gallace e alla cattura di altri undici presunti complici.
di Riccardo Gardel
Cronaca
La ‘ndrangheta comanda sul litorale romano
Lo svela il pentito Antonino Belnome
Arrestato nel luglio 2010, il boss ha iniziato subito a collaborare con al giustizia svelando il movente di alcuni omicidi in Lombardia. Ieri ha deposto a Latina nel processo sulla cosca Gallace
E’ una ‘ndrangheta viva, più che mai attiva e, in buona parte, ancora sconosciuta quella che si è radicata da decenni sul litorale romano di Anzio e Nettuno. Il racconto del boss Antonino Belnome, collaboratore di giustizia che da un anno ha iniziato a riempire centinaia di pagine di verbali, ha scoperchiato il cuore della struttura della cosca Gallace Novella, originaria della piccola città di Guardavalle, sul litorale ionico, ma con ramificazioni nel Lazio e in Lombardia.
C’è un capo locale a Nettuno mai venuto alla luce dalle indagini degli ultimi quindici anni: “Si chiama Giacomo, non so se è veramente il suo nome o un soprannome, ha una cinquantina d’anni, è originario della Calabria ma si è radicato a Nettuno da diverso tempo”, ha raccontato durante l’interrogatorio condotto dal Pm romano Francesco Polino ieri durante il processo Appia. E per Belnome la ‘ndrina dei Gallace a Nettuno, alle porte di Roma, è ancora forte, nonostante i due processi della Dda di Roma – Appia e Mithos – nati sei anni fa che portarono all’arresto di un centinaio di presunti affiliati: “Ho visto la cocaina che gestivano, prima del mio arresto, nel 2010. Era arrivato un carico di 400 chili e andavano a ritirarne 120: mi dissero che c’era questa disponibilità”.
Il racconto di Antonino Belnome inizia dalla sua origine di calabrese trapiantato a Milano, figlio di quei gruppi che migrarono tra gli anni ’60 e ’70: “Mia madre è calabrese, mio padre è siciliano. Ho passato tutta la mia vita come pendolare tra la Lombardia e Guardavalle, il paese dove ho i miei legami di parentela. Avevo una vicinanza, una familiarità con la ‘ndrangheta fin da ragazzo”. Giocava a pallone come professionista, nel Teramo e nel Catania, con una vita sostanzialmente normale. Fino ad un incontro che ancora oggi Belnome indica come chiave per il suo ingresso ufficiale nelle ‘ndrine. “Mio cugino Liberato Tedesco mi presentò Andrea Ruga, era il 2003”. Ruga era un capobastone originario di Monasterace, in provincia di Catanzaro, alleato storico della cosca dei Gallace, ucciso soffocato lo scorso 13 gennaio nella sua casa in Calabria. Si era trasferito a Milano dopo la scarcerazione, andando a lavorare al mercato dell’ortofrutta: “Da quell’incontro è nata una scintilla – ha ricordato Belnome – ci siamo piaciuti subito a vicenda”. Poi, dopo pochi mesi, arriva la proposta: “Mi chiese di entrare nella ‘ndrangheta, mi disse che avevano grandi progetti su di me”.
La carriera di Belnome è stata fulminante. In pochi anni dal momento dell’affiliazione ha raggiunto le “doti” (ovvero i gradi di ‘ndrangheta) di padrino, ai vertici della “Società maggiore”, l’élite delle cosche. C’è un codice che gli affiliati devono apprendere subito, in grado di aprire le porte anche dove non si è conosciuti. Si chiama “copiata” ed è l’elenco dei nomi di riferimento del proprio gruppo: “Nella mia copiata di sgarrista – ha spiegato Belnome – c’erano tre nomi, tre come i cavalieri spagnoli: Andrea Ruga, Vincenzo Gallace e Rocco Cristello”. Tre capi, tre referenti di locali in Calabria, tre persone che avevano il potere di vita o di morte sugli affiliati, secondo il suo racconto.
Vincenzo Gallace, originario di Guardavalle, è ben conosciuto nelle diramazioni dell’omonima cosca. In Calabria, ovviamente; a Milano, come ha spiegato il procuratore Antimafia Ilda Boccassini nell’operazione Infinito; e a Nettuno, dove da decenni si è costituito una locale, ovvero un territorio controllato dagli affiliati, attivo e in grado di gestire le attività illecite, come il traffico di cocaina. La testimonianza dell’ex affiliato divenuto collaboratore è stato il vero punto di svolta nella difficile fase istruttoria del processo Appia, che vede imputati ventisei presunti affiliati collegati alla locale di ‘ndrangheta di Nettuno. Fino a ieri i pochi testimoni chiamati a deporre hanno evitato accuratamente di accusare quella famiglia ritenuta intoccabile. L’altro collaboratore che aveva testimoniato lo scorso luglio, Domenico Todaro, aveva un ruolo secondario, avendo partecipato all’organizzazione per pochissimo tempo. Tra gli imputati del processo Appia ci sono i due protagonisti della ‘ndrangheta radicata in Lombardia: oltre a Vincenzo Gallace a Nettuno era ben conosciuto ed attivo Carmelo Novella, il capo della locale di Legnano ucciso nel 2008 da Antonino Belnome, su ordine, secondo la Dda di Milano, del suo ex alleato Vincenzo Gallace, per contrasti interni sorti dopo gli arresti nati dalle operazioni Appia e Mithos.
A sottolineare la forza della presenza della ‘ndrangheta in questa zona a cavallo tra la provincia di Roma e quella di Latina fu lo stesso governo, che nel 2005, dopo il discovery dell’inchiesta della Dda di Roma, decretò lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. Unico caso del Lazio. Oggi, a distanza di sei anni, la presenza delle ‘ndrine è ancora forte e radicata, grazie anche all’alleanza con famiglie locali, come ha rivelato l’ultima operazione del Ros di Roma lo scorso ottobre, che portò ad una nuova ordinanza di arresto per Vincenzo Gallace e alla cattura di altri undici presunti complici.
di Riccardo Gardel
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Cronaca
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.