Si spara e si ricicla, si investe e si strozzano privati e imprese. E’ il Lazio raccontato dall’ultima relazione della Dna, direzione nazionale antimafia, dove viene evidenziato il fenomeno dell’usura, come uno dei punti forti della criminalità autoctona insieme alla disarmante presenza delle organizzazioni criminali: “In definitiva a Roma – si legge nel rapporto – sono presenti, con investimenti nel settore commerciale immobiliare e finanziario, gli esponenti di tutte le mafie, in una sorta di “convivenza” sia tra loro che con la tradizionale criminalità laziale, principalmente interessata alle rapine, al traffico di stupefacenti e soprattutto all’usura”. Non solo. A Roma si spara in strada, anche nei quartieri bene con vere e proprie esecuzioni. Sono 30 gli omicidi dall’inizio dell’anno tra Roma e provincia, alcuni con modalità tipicamente mafiose. ” La verità – denuncia Gianni Ciotti, segretario Silp Cgil Roma – è che un terzo delle esecuzioni è da ricondurre all’ambito mafioso tanto è vero che non si riesce a dare il volto a killer e mandanti”. Una realtà, su usura, omicidi e criminalità mafiosa, in genere, che appare capovolta, invece, nel primo rapporto crimine presentato in pompa magna dalla regione Lazio ad inizio settimana.
L’osservatorio tecnico e scientifico per la sicurezza e la legalità della regione Lazio, presieduto da Rosario Vitarelli, ha puntato sui numeri, presentando il rapporto sullo stato della sicurezza e sull’andamento della criminalità nel territorio regionale. Lo studio si apre con un saluto della governatrice Renata Polverini che definisce “La lotta alle mafie come un presupposto per lo sviluppo economico e sociale”. Ma le parole mafia così come camorra e ‘ndrangheta nel rapporto di oltre 400 pagine non compaiono mai.
Il rapporto vuole, attraverso i dati acquisiti dalla banca dati Sdi del ministero dell’Interno, fornire l’andamento della criminalità nel Lazio negli ultimi cinque anni. I dati, divisi per province e comuni, fanno riferimento alle denunce dei cittadini per singolo reato. Viene offerto anche un indice di delittuosità media, frutto del rapporto tra delitti denunciati e l’ammontare della popolazione media degli abitanti su dieci mila unità. Nella tabella comparativa, che prende in esame i trend dei singoli reati nel quinquennio (2006-2010) si registra una diminuzione dei furti, degli omicidi volontari consumati e un aumento delle minacce, degli omicidi colposi e della violenza sessuale. Un lavoro dettagliato, ma oggetto di critiche. Partiamo dall’usura.
“ Il problema vero – spiega Gianni Ciotti – è che questo rapporto non restituisce un’analisi vera e propria del fenomeno criminale, offre un quadro assolutamente inesatto facendo riferimento solo ai reati denunciati dai cittadini alle forze dell’ordine. Prendiamo ad esempio il dato dell’usura, basta confrontarlo con quello registrato dalle associazioni che si occupano di questo fenomeno”.
Dal rapporto dell’osservatorio alla voce usura le denunce, nel 2006, sono 25, nel 2009 sono 63, nel 2010 appena 32. Basta prendere i dati forniti dall’associazione Sos impresa per avere una diversa valutazione del fenomeno, i casi censiti nel 2009 sono 240 mentre, nel 2010, sono 229. Una discrasia tra denunce e portata del fenomeno che lo stesso rapporto dell’osservatorio evidenzia “Si rileva come il mero indicatore statistico (…) possa erroneamente indurre a sottostimare il fenomeno criminoso”. Insomma il fenomeno, come presentato nel rapporto, è sottostimato. In realtà raggiunge cifre di drammaticità come dimostra il caso dei due imprenditori vittime a Ostia, pochi giorni fa, di un sequestro e di violenze all’interno dell’abitazione di uno dei due per un prestito usuraio non restituito.
“Le persone – continua Ciotti – preferiscono denunciare a Sos Impresa piuttosto che alle forze dell’ordine. Non si può, in un rapporto, sulla criminalità in una regione basarsi solo sulle denunce dei cittadini, nello studio non c’è alcun riferimento al racket e, invece, con certezza si può dire che a Roma, in alcuni quartieri, si paga il pizzo sulle attività commerciali, talvolta imponendo un prodotto oppure le slot nei locali, tipico approccio della camorra”. Anche per quanto riguarda il dato relativo al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso il rapporto rimanda, per la reale portata del fenomeno, ai dati e all’attività della direzione distrettuale antimafia capitolina.
I sindacati di polizia sono stati auditi dalla commissione sicurezza della regione Lazio, il cui presidente Filiberto Zaratti ( Sel) contesta i dati dell’osservatorio: “I dati presentati sono parziali. Prendiamo ad esempio i ventisette omicidi dall’inizio dell’anno avvenuti nella Capitale, di questi nove risulterebbero di sicura origine mafiosa. L’osservatorio parla di guerra tra bande, è soltanto un modo per leggere parzialmente il fenomeno e per non prendere visione della sua drammaticità”. Nel rapporto dell’osservatorio gli omicidi che hanno insanguinato Roma, fino al giugno scorso, vengono così interpretati: “Nel quadro di lotte tra bande locali per l’egemonia dello spaccio di droga, conflitti tra pregiudicati di scarso profilo criminale e, in taluni casi, episodi di violenza intrafamiliare”. Nel rapporto vengono riportati i dati dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ma non c’è spazio per le infiltrazioni mafiose nei comuni. Le mafie, nel Lazio, fanno affari e riciclano il denaro sporco. Lo dimostra l’ultima operazione della direzione investigativa antimafia di Roma che ha sequestrato, in questi giorni, diversi beni al centro della Capitale, a Viterbo e a Latina. “Bisogna vedere i nomi – conclude Ciotti – dei soggetti coinvolti in queste operazioni, in rapporto con la ‘ndrangheta, ma nati e cresciuti qui”. Una mafia che spadroneggia a Roma e nel Lazio, ma che nei rapporti ufficiali non viene neanche citata.