Nei giorni di fine impero può accadere di tutto. Un gladiatore fedele e rabbioso come Giuliano Ferrara, convocato in Rai per difendere il Capo, viene costretto a nascondersi fra il caffè e la merendina, ma non può mollare, non deve. Qui Radio Londra va in onda con pessimi risultati fra il Tg1 delle 20 e il varietà di prima serata, ancora per poco, perché la direzione generale ha organizzato il trasloco al pomeriggio.
A un giornalista normale, nonostante il sontuoso triennale che nemmeno passò in Cda, avrebbero indicato l’uscita, proprio per evitare di accompagnarlo per le orecchie alla porta. Con Ferrara non si può, allora si deve: tenete a mente il concetto di “potere” e “dovere”.
Cacciato con l’editto di Sofia, il Fatto di Enzo Biagi venne sostituito con una striscia satirica a cura di Massimo Lopez e Tullio Solenghi, si chiamava Max & Tux, pensate il divertimento dei bambini. I due andarono in onda per 38 puntate nel 2002, poi furono chiusi per ascolti indecenti, soprattutto per il prestigio di Rai1, il massimo che la televisione, pubblica e commerciale, potesse offrire.
Max & Tux, però, faceva meglio di Qui Radio Londra: media del 20,6 per cento di share e 5,676 milioni di telespettatori. Vediamo il confronto impietoso con Ferrara. Il direttore del Foglio ha chiuso le prime 46 puntate fra marzo e maggio con il 18,21% di share e 4,714 milioni di telespettatori, adesso registra una media del 15,45% di share e 4 milioni di telespettatori. Facciamo una piccola sottrazione, ed ecco che si scopre il fallimento: Qui Radio Londra va peggio di Max & Tux di 5 punti di share e segna -1,6 milioni di italiani. Eppure Ferrara, pagato 3 mila euro ogni cinque minuti, viene gentilmente spostato al pomeriggio.
Nei momenti più caldi per la politica, chiusa la satira, la Rai propone una versione di governo del Fatto di Biagi. La chiamano Batti e Ribatti,in tre anni si alternano Oscar Giannino, Pierluigi Battista e Riccardo Berti, tutti per motivi diversi non ostili al Cavaliere. Batti e Ribatti ha raggiunto vette che Ferrara nemmeno può vedere in lontananza: 27,87 per cento di share nel 2004, 24 nel 2005, 25 nel 2006.
É tradizione per viale Mazzini offrire un’informazione sbilanciata in favore dei partiti al governo con una logica spartitoria: tanti programmi a chi è maggioranza in Parlamento, pochi a chi è minoranza. Funziona così.
Il Tg1, la testata istituzionale, per anni ha cambiato direttori appena cambiava inquilino a Palazzo Chigi pur conservando un minimo di dignità editoriale, adesso completamente azzerata dal “direttorissimo” Augusto Minzolini. I telespettatori, però, capiscono. Gianni Riotta ha lasciato un telegiornale che aveva chiuso il 2007 con il 32,28 per cento di share e 6,6 milioni di telespettatori, adesso è tutto scomparso. La media del Tg1 nel 2011 è del 24 percento di share e di soli 5,1milioni di italiani con caduta anche sotto il 22 per cento di share, impensabile fino a qualche anno fa.
La sconfitta che il pubblico fa subire a Minzolini&Ferrara è durissima. È anche la sconfitta mediatica del Cavaliere.
Elaborazione Studio Frasi su dati Auditel
Il Fatto Quotidiano, 8 ottobre 2011