Dalle spaccature alla pax bossiana, dalla lotte tra correnti al candidato unico. È la storia del congresso provinciale leghista di Varese. Molto più di un fatto locale: Varese è la terra di Umberto Bossi e di Roberto Maroni. È la terra di Marco Reguzzoni e di Giancarlo Giorgetti. Qui è nata la Lega, qui si determinano le linee e i comportamenti che il partito tiene nei palazzi romani. Qui, con ogni probabilità, si deciderà il futuro leader del Carroccio. E allora anche un piccolo congresso provinciale diventa un campo di battaglia per titani. Un’occasione per misurarsi e misurare, un osservatorio privilegiato per conoscere i retroscena della vita leghista.
Il congresso varesino arriva dopo la lotta a due che ha visto primeggiare il candidato maroniano in provincia di Brescia, il timore che si potesse ripetere qualcosa di analogo in una terra simbolicamente così importante per Bossi, ha fatto partire le grandi manovre per poter salvare almeno le apparenze.
Che la Lega stia vivendo un momento di forti frizioni interne è ormai un fatto noto. Lo si è visto e sentito in più occasioni. I militanti fremono, vogliono più attenzione alle istanze del territorio. Ed è proprio al territorio che si deve guardare per capire lo stato d’animo dei leghisti. A Varese, le settimane passate sono trascorse tra candidature annunciate e poi smentite, appoggi incrociati e sostegni pesanti. Il teatrino è andato avanti per diversi giorni, fotografando una realtà sempre più agitata e frammentata. Alcuni giorni fa sembrava che i candidati sarebbero stati addirittura tre: Maurilio Canton (per il cerchio magico bossiano), Donato Castiglioni (per l’area più vicina al senatore Fabio Rizzi) e Leonardo Tarantino (con l’appoggio di Roberto Maroni). A conti fatti avrebbe dovuto vincere proprio quest’ultimo, forte di circa 150 preferenze su un totale di 319 delegati chiamati al voto di domenica.
Una battaglia che è rimasta aperta fino a mercoledì, nonostante il pronunciamento di Umberto Bossi che alcuni giorni prima aveva incoronato il suo uomo, Maurilio Canton, richiamando tutti all’ordine. La base non ha reagito all’altolà del Capo e i tre candidati alla segreteria hanno continuato a confrontarsi e fare incetta di delegati, in nome di questo o quel parlamentare. Venerdì sera la situazione è stata presa di petto da Giancarlo Giorgetti che ha chiamato direttamente i due outsider, Donato Castiglioni (quello sostenuto dal senatore Rizzi) e Leonardo Tarantino (quello maroniano, sostenuto dallo stesso Giorgetti) imponendo il ritiro dalla competizione. I due hanno accolto, ma non senza storcere il naso. Nessuna affermazione pubblica, sia inteso, ma tra le anime che appoggiavano l’uno o l’altro si avverte parecchia insoddisfazione.
Alla fine l’ordine di scuderia è arrivato. Pronunciato da Bossi, imposto da Giorgetti. I colonnelli del partito si sono allineati e hanno cancellato ogni velleità della base. “A Varese non si possono fare figure da cioccolatai. A Varese si va con il candidato unico”. Così domenica 9 ottobre all’Ata Hotel di Varese ci sarà un solo candidato. Niente scontri in campo aperto tra le varie anime del partito. Maurilio Canton, l’uomo di Bossi e del cerchio magico, sarà il nuovo segretario provinciale. Ma non significa che Bossi abbia vinto. Anzi. Il territorio ha dimostrato di volere una linea diversa e i malumori della base ribollono come non mai. Ancora una volta, come era capitato nel caso dello sciopero dei sindaci, i vertici del Carroccio si sono dovuti imporre con la forza, uscendo allo scoperto. Il candidato sarà unico, ma probabilmente non verrà votato per acclamazione. E se si dovesse veramente andare a voto bisognerà fare i conti con le schede bianche e con i malumori dei delegati. Più evidente sarà il dissenso, più profonda sarà la ferita inferta a Bossi e a tutti i vertici.
Arrivati alla vigilia del voto, guai a parlare di divisioni. Il segretario uscente Stefano Candiani (in quota Maroni) non usa mezzi termini: “Ne ho piene le balle di tutte queste vicende dove i candidati vengono appiccicati a questo o quel parlamentare. La Lega è Umberto Bossi e si fa quello che dice lui. Chi vuole dibattere venga al congresso, la piantino tutti, parlamentari compresi, di mettere in cattiva luce il movimento”. Sarà, ma intanto giovedì scorso, in occasione di un incontro aperto ai militanti, il candidato bossiano Canton è stato fischiato in una sezione maroniana. Sembra proprio con la linea delle imposizioni, il partito a conduzione familiare non possa più andare molto lontano.