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Er PellicciaC’è un che di geniale nell’autodifesa di Er Pelliccia, arrestato per lancio di estintore alla manifestazione di sabato: “Volevo spegnere l’incendio di un cassonetto”. In effetti a che servono gli estintori? Il fatto che poi uno, anzichè azionarli per spruzzarne il liquido ignifugo, li lanci contro l’oggetto incendiato, è un dettaglio. Dietro la rocciosa linea difensiva di Er Pelliccia s’intravede lo zampino di uno degli avvocati del premier: un Ghedini, un Longo, un Paniz. Si deve infatti a questi principi del foro se B., sorpreso a finanziare una prostituta minorenne, s’è difeso dicendo: “La pagavo perchè non si prostituisse”. O se, beccato a telefonare in questura per farla rilasciare dopo un fermo per furto, ha dichiarato: “Per forza, è la nipote di Mubarak”. E se la sua maggioranza alla Camera e poi al Senato ha certificato unanime la sua credibilissima versione.

Ora, delle due l’una: o il premier, i suoi avvocati e parlamentari sono dei dementi assoluti, convinti di trovare un giudice disposto a credere alle baggianate che dicono, e allora nemmeno Er Pelliccia può sperare di esser assolto per aver cercato di domare l’incendio; oppure sono dei geni incompresi (almeno da noi), e allora i processi a B. per Ruby e al Pelliccia per l’estintore finiranno trionfalmente in assoluzione. Ci sarebbe pure una terza ipotesi: che certe boiate vengano credute solo se l’imputato è un politico. Ma non vogliamo nemmeno pensarci: significherebbe che l’art. 3 della Costituzione è stato abrogato a nostra insaputa. A questo proposito: Er Pelliccia che spegne incendi lanciando estintori è un filino più credibile di Scajola che compra casa ma gliela paga un altro senza dirgli niente; o di Minzolini che spende 65mila euro per fatti suoi con la carta di credito Rai e poi dice: “Sono innocente: ho restituito i soldi all’azienda” (come se un topo d’appartamenti potesse cavarsela restituendo la refurtiva e sostenendo che dunque non ha rubato). Si spera vivamente che i giudici di Roma, se condanneranno Er Pelliccia, facciano altrettanto con Scajola e Minzolingua. Altrimenti qualcuno potrebbe pensare che la legge è più uguale per qualcuno. Idem per D’Alema: viaggia sei volte gratis sul jet di un impreditore che finanzia la sua fondazione e paga tangenti al suo defelissimo Morichini. I pm lo indagano per illecito finanziamento (ogni volo a scrocco vale 6mila euro), ma lui fa il vago:“Pensavo pagasse Morichini”. E certo: uno s’imbarca su un aereo senza biglietto e non s’informa su chi paga.

Poi c’è Alemanno, che pare incredibile ma è il sindaco di Roma. Venerdì piove tre ore: càpita, specie in autunno. Ma lui non se l’aspetta, così non fa pulire i tombini, alcuni quartieri paiono Atlantide e ci scappa pure il morto. Lui, anzichè andarsi a nascondere, chiede lo stato di calamità e se la prende con la Protezione civile: “Non ha lanciato l’allarme meteo”. Da giorni le previsioni del tempo davano pioggia per venerdì. Ma a sua insaputa: lui, essendo solo il sindaco, scambia la Protezione civile per il servizio meteo. Poi c’è Bossi: a Bankitalia voleva Grilli. Ma non perchè è bravo: perchè “è nato a Milano”. Gli avessero proposto Vallanzasca, che è nato a Milano e con le banche se la cava benino, avrebbe accettato. Poi c’è ancora B.: ammazzano Gheddafi, che lui ha prima baciato e poi bombardato, e si rifugia nel latinorum per dire qualcosa senza dire niente: “Sic transit gloria mundi”. Come Totò e Macario ne “Il monaco di Monza”, che biascicano giaculatorie a base di “cave canem” e “linoleum”, poi partono con le orazioni: “Tony Curtis… ora pro nobis… Kurt Jurgens… ora pro nobis… Sophia Loren… ora pro nobis… Brigitte Bardot… Bardot…”. Aveva anche pensato di commentare: “Baciavo Gheddafi perchè non facesse il tiranno”, o “non ci ho messo la lingua”, o “l’ho scambiato per un’Olgettina”, o “non era un bacio,ma un morso”, o “il bacio è un apostrofo rosa tra le parole ‘ti’ e ‘sparo’”. Ma era troppo rischioso. Molto meglio linoleum.

(Foto Lapresse)

Il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2011

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