Una giustizia a due velocità. Rapida per i sostenitori del Tav, lenta per i No Tav. Lo sostiene il presidente dell’associazione ‘Pro Natura Piemonte’, Mario Cavargna, che all’assemblea popolare dei No Tav ha illustrato una relazione di cinque pagine elencando tutte le azioni legali intraprese da movimenti, associazioni e “legal team” contro le irregolarità del cantiere di Chiomonte. Ricorsi amministrativi, esposti, lettere all’autorità rimasti senza riscontri. “La giustizia è fatta di atti umani, per questo va a doppia velocità – spiega Cavargna -. I magistrati non sono immuni alle sensazioni che arrivano da politici e media. Forse non immaginano che esaminando le carte possano trovare molte irregolarità”.
Di documenti da vagliare i magistrati ne hanno molti. Le prime azioni legali di quest’ultima stagione del movimento No Tav risalgono alla primavera dell’anno scorso, ben prima dell’emergenza di quest’estate. Il 20 giugno 2010 Ivan Cicconi, (autore del ‘Libro nero dell’Alta velocità’ pubblicato su questo sito), per conto della Comunità montana, ha preparato un esposto di otto pagine alla Corte dei conti, all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e al Consiglio di Stato sulla “dichiarazione di pubblica utilità del progetto definitivo del tunnel della Maddalena”: le procedure non seguivano le norme sui contratti pubblici, l’amministrazione non agiva a dovere e non veniva tutelata la concorrenza. A sedici mesi di distanza non sono giunte risposte dalle tre istituzioni.
La via della giustizia amministrativa è stata intrapresa il 16 maggio scorso da 19 avvocati e da quattro associazioni ambientaliste (Legambiente, Pro Natura, Wwf e Italia Nostra) per chiedere al Tar del Lazio l’annullamento della delibera del Cipe del 18 novembre 2010 con cui si si approvano i finanziamenti per i progetti strategici, come il cunicolo esplorativo de La Maddalena per il “Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione”. Nove le irregolarità procedurali riscontrate. Per ora nessuno dei due ricorsi è stato ammesso alla discussione.
L’azione più recente è l’esposto alla Procura di Torino da due attivisti No Tav sull’illegittimità delle reti attorno al cantiere di Chiomonte, non previsti nei progetti e nelle ordinanze. Lyon-Turin Ferroviaire (Ltf, società che gestisce i lavori per la linea) ha ribadito martedì che la delibera del Cipe legittima le recinzioni. “In due mesi neanche un avviso della ricezione, mentre quando si è trattato di fare controlli e sequestrare la baita della Clarea si sono mossi in tempi rapidi”, dice Cavargna. Dal gruppo specializzato nei reati contro la pubblica amministrazione della Procura di Torino fanno sapere che quell’esposto è arrivato ed è stato affidato a uno dei sostituti procuratori, mentre da altre fonti si apprende che un pm del gruppo dei reati economici sta effettuando dei controlli su un’azienda coinvolta.
Un’altra irregolarità è lo scavo del tunnel finalizzato allo studio del terreno. All’inizio la Ltf aveva appaltato lo scavo di Venaus del 2005 alla cooperativa Cmc di Ravenna. “Lo contestiamo perché da cinque non sono stati fatti i lavori e ci è stato detto da un funzionario europeo che andrebbe rifatto il bando perché l’importo dell’appalto è raddoppiato ed è cambiato il progetto”. Poi esistono anche osservazioni tecniche e giuridiche non tenute in considerazione dalle istituzioni. Ci sono due “documentatissime e dettagliate osservazioni-ricorsi” della Comunità montana e delle associazioni ambientaliste sulla “valutazione di impatto ambientale” del 17 maggio 2010, redatte da quattro docenti del Politecnico di Torino, da un ingegnere che aveva partecipato alla progettazione della linea Torino-Milano, da Cicconi come esperto di appalti e altri esperti. Ci furono anche degli incontri con i funzionari della Regione Piemonte e della Commissione “V.i.a.” a Roma, ma nessuna delle considerazioni è stata osservata.
Esistono poi le analisi di un’avvocatessa e di una docente di diritto, Daniela Bauduin e Elena Falletti, studiose dei risvolti giuridici delle vicende. La loro attenzione si concentra sulle ordinanze prefettizie relative al cantiere di Chiomonte e dalle loro osservazioni emerge che c’è una reiterazione di decreti d’emergenza. Un controsenso: la reiterazione e l’emergenza si contrastano tra di loro, sottolineando la mancanza di necessità e urgenza necessari per emettere queste ordinanze. Al loro posto andrebbero usati gli strumenti ordinari. Per intenderci, come l’abuso di decreti legge del governo per materie non urgenti.