“Non posso tornare a casa senza niente” dice una filippina con le lacrime gli occhi… C’é chi era in viaggio da un giorno intero, attraversando mezza Italia con la macchina più spaziosa prestata dal vicino di casa; chi si é accampato la notte con i sacchi a pelo, agevolato dalla mite temperatura men che autunnale; chi all’ultimo momento si é preso mezza giornata di permesso, che poi é diventata una intera, e ha lasciato il posto di lavoro romano per raggiungere la mecca tecnologica. Raramente, a memoria d’uomo e di consumatore, si era vista una fiumana simile in un esercizio commerciale: forse solo durante la guerra. Per il pane…

Cosa ha spinto questo esercito di “Tronysti” a riversarsi su Ponte Milvio, per accaparrarsi, fino alla rissa, l’imperdibile offerta? È la naturale conseguenza della crisi economica che induce a gettarsi a capofitto sullo sconto da capogiro o sul saldo stagionale più allettante? Per molti, ma non certo per tutti, restando in tema di pubblicità merceologiche.

Per chi ha percorso mezzo stivale, tra benzina, pedaggio autostradale e nutrizione il saldo non può essere certo così positivo. Qualcuno tuttavia ha obiettato, dopo essere uscito dimenandosi dal tempio dell’elettrodomestico, che il gioco valeva la candela: lo smartphone a un prezzo più che dimezzato, lo schermo televisivo al plasma che sfida le dimensioni di quello cinematografico, il tablet meno costoso o il lettore mp3 da tenere impacchettato e regalare a Natale (qualcuno si sarà avvantaggiato anche per i regali di Pasqua).

Tutto qui? La corsa spasmodica all’acquisto é nient’altro che la risposta alla crisi? O forse siamo diventati tutti, inesorabilmente, schiavi (chi più chi meno) dell’oggetto di consumo, peraltro sostanzialmente superfluo? “Trony, sono finiti i neuroni?” si interrogava ironicamente un passante stupito dall’orda selvaggia di acquirenti. Siamo arrivati al punto che pur di non perdere l’ultimo avveniristico prodotto hi-tech rinunciamo a un pasto completo, o a un weekend rigenerante in cui riposare occhi e cervello dalle immagini e dai messaggi subliminali di una scatola ultrapiatta?

La riflessione che ne consegue investe obbligatoriamente la sfera sociologica oltre che economica. Ma anche quella politica.E a questo punto vale la pena rileggersi un profetico Pier Paolo Pasolini: “Quella acculturazione e omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi – cioè il potere della realtà dei consumi –, invece, riesce a ottenere perfettamente, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo, in realtà, l’Italia. E allora io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia. Questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che, in fondo, non ce ne siamo resi conto; è avvenuto tutto negli ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire e adesso, risvegliandoci – forse – da quest’incubo, e guardandoci intorno ci accorgiamo che non c’è più niente da fare…”

Ps: Ho scritto questo post su un tablet di ultima generazione collegato via usb allo smartphone più gettonato per poi spedirlo alla mail del Fatto. A proposito di schiavitù…

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