Caro italiano,
Sono la terra su cui posi ogni giorno i tuoi piedi, e lasci le tue impronte.
Volevo dirti che quanto è accaduto ieri a Genova, e l’altra settimana tra Liguria e Toscana, e l’anno scorso in Veneto, e via via quasi mensilmente su e giù per la superficie del mio corpo trasandato, non è frutto del caso, o genericamente del surriscaldamento del pianeta…
Le frane sono la pelle non curata che viene giù come formaggio grattugiato da una formaggera fatta di colline e montagne abbandonate, di paesini spopolati e spolpati dall’ingordigia e gli interessi, la non curanza e il malgoverno.
Le alluvioni sono il pianto di una madre che vede il proprio figlio comportarsi come maschio ingrato, calpestando ogni minima forma di rispetto, costruendo case e capannoni nelle golene dei fiumi, disboscando, mettendo cemento laddove un giorno c’era l’erba…
Ed è così che sto invecchiando, caro italiano, proprio mentre chi mi dovrebbe curare, conservare, valorizzare mi devasta, svende, calpesta senza creanza.
Vengo attraversata da governi e governanti che mi usano e stuprano a loro uso e consumo, per la gloria, la rielezione, l’ingordigia: sopra il mio corpo ormai saturo e stanco insistono a riempire i pochi vuoti rimasti di grandi opere, aeroporti, ponti, quartieri industriali, mega centri commerciali, outlet, tangenziali, parcheggi, quartieri, rotonde…
La mia pelle, ora, è fatta di cemento, e quando Dio piange le sue lacrime mi accarezzano veloci spazzando via tutto, e tutti, quelli che si trovano lungo il percorso.
Tu caro italiano, piangi insieme a me e ti indigni, a targhe alterne, inveendo nel mucchio e maledicendo genericamente la classe dirigente di questo Paese. Poi ti rimbocchi le maniche, togli il fango da casa, ripulisci e, il giorno segeunte, ricominci a vivere come se niente fosse… Forse con un pò più di disincanto, e di rabbia, ma più solo, rassegnato.
Se ti scrivo è perché penso che arrivati a questo punto, e per davvero, sia il caso di fare qualcosa: che per me significa andare da Burlando e Berlusconi e inchiodarli alle loro responsabilità, senza tanti giri di parole. Perché la misura è colma, perché è il momento dell’autogoverno e della sobrietà.
Perché è giunta l’ora di scegliersi una politica che faccia l’unica cosa sensata che andrebbe realizzata sul mio corpo: curarlo, preservarlo, per poi valorizzarlo con il turismo. Non avreste bisogno di altro, voi italiani, altro che Bce, Fmi, liberismo e altre stupidaggini del genere.
C’è qualcuno in grado di farlo?