«Ripartiamo da qui». La frase scelta dal Pdl per la convention organizzata nella splendida cornice della Villa Reale di Monza, a due passi dai Ministeri leghisti, oggi – con tutto quello che sta accadendo – suona beffarda. L’occasione del ritrovo della classe dirigente azzurra nella cornice tricolore, doveva essere la celebrazione delle tessere che il partito si è accaparrato in Brianza e del candidato segretario al Congresso Monzese Fabrizio Sala. Ma alla fine è diventata l’occasione per il ministro allo Sviluppo Paolo Romani di togliersi qualche sassolino dalle scarpe dopo il cambio di casacca di Gabriella Carlucci e di Alessio Bonciani, passati all’Udc giovedì. Ma anche quello di ascoltare per cinque minuti il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che in un momento così difficile ha scelto di giocare in casa, telefonando ai duecento sostenitori riuniti in Brianza, la terra da cui ha avuto inizio la sua avventura. Fiducioso e allegro, ha scherzato: «Ciao Paolino, non è che noi siamo attaccati alla cadrega, ma vogliamo garantire la governabilità del nostro Paese» (QUI IL FILE AUDIO INTEGRALE DELL’INTERVENTO DI BERLUSCONI).
Ma il grande ospite dell’incontro, all’insegna di vecchi inni e di nuovi spot, è stato il ministro Romani, che si è mostrato meno fiducioso di Berlusconi. «Domani può accadere qualcosa che non vogliamo e succede perchè un ragazzo di 36 anni come Bonciani, che è stato gratificato dalla vita, ha un mal di pancia per una questione territoriale». La stilettata di Romani si è poi rivolta alla Carlucci, «che è stata donna di spettacolo nelle televisioni del Cavaliere e che per questo ha avuto anche un riconoscimento economico perché non credo l’abbia fatto gratis». Contro di lei ha rivolto le parole più dure: «È stata eletta perché famosa, ha continuato a ripetere “Ti voglio bene Silvio” e poi è passata nell’Udc. Io queste persone non le capisco». E ha lasciato il suo auditorium con un avvertimento: «Non so se domani si esprimerà a sfavore chi in Parlamento ha paura che si vada al voto perché potrebbe non essere rieletto».
di Olga Fassina