A Como le macerie tossiche di una vecchia demolizione sono finite al centro del dibattito politico, tratteggiando un caso che sembra avere tutte le caratteristiche per segnare una nuova puntata della Gomorra lombarda. Le macerie in questione sono quelle della Ticosa, un’area di proprietà comunale demolita all’inizio del 2007 dalla Perego Strade. A tenere alta l’attenzione ci ha pensato Roberta Marzorati, consigliera comunale di opposizione che nei giorni scorsi ha depositato un’articolata interpellanza al sindaco di Como Stefano Bruni (Pdl), mettendo in fila dati, date e punti interrogativi.
Dall’area è stato spostato dell’amianto senza autorizzazione? Dove sono stati portati i detriti della demolizione? Dove sono i documenti di ogni singolo trasporto? Dove sono i documenti dello smaltimento? Che ruolo ha avuto la ditta Perego in tutta l’operazione? Quali detriti ha rimosso e quanto è stata pagata dal Comune di Como?
Ma andiamo con ordine. Siamo nel marzo del 2007, allora era in fase di ultimazione la demolizione della grande area industriale dismessa, la vecchia Ticosa, circa 40 mila metri quadrati nel centro della città lariana. I lavori erano stati affidati a un colosso del settore, la Perego Strade, che nei mesi e negli anni a venire verrà indicata come un’azienda vicina alla malavita organizzata e indagata, tra l’altro, per un giro di rifiuti pericolosi sepolti sotto il nuovo ospedale Sant’Anna di Como.
Vero è che il solo nome della ditta non autorizza alcun sospetto. Sono invece i numeri ad accendere il primo campanello d’allarme. Quelli rilevati da una centralina Arpa per il controllo dell’aria che il 28 marzo 2007 ha segnato un dato anomalo sulla concentrazione di amianto nell’aria: 0,41 fibre per litro, circa otto volte superiore al fondo esterno (normalmente compreso tra le 0,05 e le 0,07 fibre per litro). La centralina si trova a 300 metri dall’area dove era in corso la demolizione e nella zona in quelle settimane non risultano altri cantieri. Il dato salta subito all’occhio e sette giorni più tardi, il 3 aprile del 2007, la stessa centralina torna a rilevare dati nella media, come farà anche negli anni successivi.
Non si tratta dell’unica anomalia. Anche la composizione dell’amianto ha destato sospetti: 75% anfibolo, 25% crisotilo. Un dato che stride con le rilevazioni di controllo che l’Arpa ha poi effettuato sul cantiere il 10 aprile successivo, che hanno evidenziato tracce del solo amianto crisotilo. In quell’occasione Arpa ha rilevato tra i rifiuti che avevano già subito la macinazione sul posto una guaina bituminosa che conteneva amianto. Un fatto segnalato alla magistratura che ha determinato l’apertura di un fascicolo per irregolare smaltimento dei rifiuti. Solo la punta dell’iceberg: “Di fronte agli elementi oggettivi – spiega Roberta Marzorati – la logica impone delle domande. Dove è finita la fonte di quell’amianto anfibolo rilevato in così alta concentrazione quel 28 marzo 2007? Nell’area ex Ticosa non è stato trovato nulla, ma in quel periodo in zona non c’erano altri cantieri. Da qui un’ulteriore sospetto: è stato spostato qualcosa?”. Ogni trasporto da e per un cantiere è accompagnato da documenti di viaggio, a maggior ragione se l’oggetto del trasporto sono materiali tossici o pericolosi. Sembra invece che dal 28 marzo al 3 aprile del 2007 ci siano sette giorni di buco. Un periodo in cui l’amianto che ha fatto schizzare alle stelle i valori della centralina potrebbe essere svanito nel nulla. I documenti non ci sono nemmeno in Comune, proprietario dell’area, e il sospetto è che non ci siano da nessun’altra parte. Da qui il senso dell’interpellanza presentata dalla consigliera Marzorati.
A questo punto il timore è che un grosso quantitativo di rifiuti pericolosi provenienti probabilmente dall’area Ticosa abbiano subito trattamenti illegali, magari macinati in maniera abusiva e utilizzati come materiale di riempimento per altre opere. Trattamenti che la Perego Strade è già accusata di aver praticato in altre situazioni. Riscontri in questo senso arrivano anche dalle testimonianze raccolte in questi anni dai carabinieri del Noe tra gli autisti e gli escavatoristi impiegati nel cantiere, che rivelano una gestione spensierata delle macerie e dei formulari.