Furono travolti da una valanga di calunnie e vittime di un pesante complotto, cavalcato da alcuni organi di stampa, perché indicati nel 2003 come destinatari di cospicue somme di denaro, frutto di traffici illeciti legati all’affare Telekom Serbia. Adesso per alcuni esponenti politici del centrosinistra, accusati all’epoca di aver intascato tangenti, è arrivato il giorno di un primo, parziale, riscatto per quanto subito. Igor Marini, il sedicente “consulente finanziario” finito in carcere nel settembre dello scorso anno per scontare 5 anni per la calunnia ai danni di un magistrato romano, è stato condannato a dieci anni di reclusione, più 15mila euro di multa e 100mila di spese legali e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, a titolo di risarcimento dei danni, pari a quasi un milione di euro.
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Per il collegio, 100mila euro vanno liquidati subito a Francesco Rutelli, Donatella e Lamberto Dini, Walter Veltroni, Piero Fassino e Clemente Mastella mentre 150mila euro è la somma destinata a Romano Prodi, all’epoca dei fatti premier. Associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documentazione falsa e contraffatta e diversi episodi di calunnia sono i reati contestati a Marini, interdetto dai pubblici uffici per 5 anni al pari di Maurizio De Simone, l’uomo d’affari per il quale è stata inflitta una condanna a 4 anni e mezzo.
Il ‘non doversi procedere’, perché i reati contestati si sono estinti per prescrizione, e’ stato disposto, invece, per gli altri nove imputati, tra i quali l’avvocato Fabrizio Paoletti, e i manager Giovanni Romanazzi e Antonio Volpe. Stando a quanto accertato dalla procura di Roma, proprio Prodi, Fassino e Lamberto Dini furono indicati da Marini come i destinatari di tangenti, sotto gli pseudonimi di ‘Mortadella’, ‘Cicogna’ e ‘Ranocchio’. Per i pm Maria Francesca Loy e Francesco De Falco, che chiesero 12 anni per Marini, le “calunnie (verbali e documentali) furono devastanti e di una gravità inaudita perché prive di qualsiasi fondamento. Telekom Serbia – aggiunsero i magistrati – può considerarsi la madre di tutti i tentativi di denigrazione dell’avversario politico come purtroppo siamo abituati da tempo”.
In sede di requisitoria i pm non mancarono di bacchettare la commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Enzo Trantino che seguì la vicenda: “Di quello scandalo – dissero i pm – fu fatto un grande uso politico perché quello che Marini andava sostenendo al pari di alcuni soggetti che trafficavano in titoli falsi da monetizzare è stato cavalcato per motivi mai chiariti dalla commissione parlamentare d’inchiesta. La commissione di inchiesta non solo contribuì a dilatare la portata di questo scandalo ma non fu per nulla tenera con i presunti corrotti”.