Il governo di Mario Monti “dovrà piacere più al resto del mondo che agli italiani”. E’ la sintesi fulminante di Giacomo Vaciago, economista vicino al professore che lunedì dovrebbe ricevere l’incarico di formare l’esecutivo del dopo Berlusconi. Perché la soluzione parorita dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è studiata da tempo, da almeno quattro mesi, dice Vaciago a ilfattoquotidiano.it, con l’obiettivo preciso di “ricostruire la credibilità del nostro paese di fornte ai mercati internazionali”. E’ stata quasi una gara a eliminazione, scandita dalle tappe dello spread impazzito e degli allarmi europei sulla tenuta della nostra economia. “Sei mesi fa si poteva prendere in considerazione un governo Tremonti”, ragiona Vaciago, “tre mesi fa si poteva discutere fra Schifani e Monti, da un mese a questa parte l’unica opzione è Monti”.
Il nome dell’ex rettore dell’Università Bocconi è circolato a ripetizione in epoche diverse, ma è da quest’estate, quando la crisi degli indici finanziari italiani si è aggravata, che si lavora concretamente alla svolta emersa in questi giorni. “Era necessario un nome stimato a Bruxelles, quindi la scelta è diventata obbligata. Un gruppo di persone ha cominciato a ragionare su un programma. E non si crederà che la nomina di Monti a senatore a vita sia stata decisa in un giorno. Il Quirinale non improvvisa mai, fa scelte meditate”.
Quindi anche i ministri dovranno essere all’altezza delle aspettative europee, ma “i governi tecnici non esistono”, afferma ancora Vaciago. “I nomi che andranno a comporlo rappresentaranno i partiti del Parlamento”. Uno scenario ben illustrato dai “totoministri” che circolano in queste ore, con due possibili sottosegretari alla presidenza del Consiglio: Gianni Letta, a garanzia di Silvio Berlusconi e del Pdl, ed Enrico Letta, a garanzia del Pd.
Un tecnico di cui si parla per il ministero dell’Economia è il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni (un mese fa è stato nominato “alunno bocconiano dell’anno”), che nell’entourage montiano è giudicato “persona di grandissima competenza e integrità morale”. Intanto, però, sono da registrare le dimissioni di Lorenzo Bini Smaghi dal Board della Banca centrale europea. Dimissioni attese, e pretese, da tempo, che arrivano al momento giusto per dar corpo a una sua investitura ministeriale, sempre all’Economia o alle Attività produttive. E se il professor Monti decidesse di portarsi dietro dei bocconiani (“Ma ha la tendenza a penalizzare gli amici per evitare accuse di favoritismo”, ironizza chi lo conosce bene), la scelta potrebbe cadere sull’attuale rettore Guido Tabellini e/o su Francesco Giavazzi, docente dell’ateneo milanese ed editorialista del Corriere della Sera.
I nomi che circolano sul fronte politico sono molti e forse prematuri. Il più consistente di provenienza centrodestra è, oltre a Gianni Letta, Franco Frattini, che conserverebbe gli Esteri. Ma ritorna anche il nome di Roberto Maroni all’Interno, nel caso (al momento escluso) che la Lega appoggi Monti. Il Pd sarebbe intenzionato a pescare nel serbatoio dei tecnici, o meglio dei politici competenti, come il giuslavorista Piero Ichino e il giurista Franco Bassanini, ora presidente della Cassa depositi e prestiti.
Un discorso a parte merita Giuliano Amato. Di un posto autorevole per lui si parla con insistenza. Ma qualcuno, tra le persone vicine a Monti, evoca uno scenario che al momento pare del tutto fuori clima: “Amato primo ministro, Monti all’Economia”.