Alla fine Dionigi Tettamanzi ce l’ha fatta. All’ex arcivescovo di Milano andrà la Grande Medaglia, il riconoscimento più alto tra gli Ambrogini d’oro. Gliela consegnerà il sindaco Giuliano Pisapia il prossimo 7 dicembre, Sant’Ambrogio, proprio il giorno in cui il porporato ha subito, negli anni passati, gli attacchi più duri della Lega sentendosi dare del cattocomunista nel 2008, e dell’imam l’anno dopo.
Per arrivare all’accordo dei capigruppo del Consiglio comunale, la notte scorsa, ci sono volute tre ore. L’unanimità, che quest’anno si voleva raggiungere su tutte la candidature, si è avuta solo perché il rappresentante del Carroccio, Matteo Salvini, è uscito dall’aula per non votare. Senza però sottrarsi all’ultima stoccata a Tettamanzi: “Preferiamo guardare a un futuro che unisce, quello di monsignor Scola”, ha detto al termine della riunione.
Del resto, il nome dell’alto prelato aveva già fatto discutere a ottobre quando, un mese dopo il suo saluto alla città, era stata presentata la sua candidatura. Compatto a favore il centrosinistra, divisa l’opposizione. Con l’ex sindaco Letizia Moratti che aveva dato il suo ok: “Lui ha sostenuto nei momenti di crisi le famiglie più deboli, ha dato importanza al dialogo interreligioso e sostenuto in prima persona le popolazioni colpite dal terremoto”. Il capogruppo del Pdl in Consiglio, il ciellino Carlo Masseroli, che parlava di inopportunità di “sfruttare in chiave politica personalità di questo spessore”. E contrarissimo Salvini: “Tettamanzi non è il mio candidato, perché ha diviso la Chiesa ambrosiana”.
Quasi una carezza le parole dell’esponente lumbard, rispetto a quelle che il Carroccio aveva riservato all’arcivescovo in precedenza. Come nel 2008, quando in occasione del tradizionale ‘Discorso alla città’ di Sant’Ambrogio, Tettamanzi aveva parlato di bisogno di luoghi di preghiera ancor più urgente per le persone che appartengono a religioni diverse da quella cristiana. E il ministro leghista Roberto Calderoli l’aveva definito “uno degli ultimi baluardi del cattocomunismo” e “paladino delle moschee”. Bacchettate ripetute esattamente un anno più tardi: le critiche alla giunta Moratti per una politica di scarsa accoglienza agli stranieri e di sgombero dei campi rom avevano scatenato l’ira della Padania, che aveva scritto: “Cardinale o imam? Se lo chiedono in molti. Tettamanzi la città la vive poco”. E lo aveva accusato di volere la “presenza di moschee in ogni quartiere”.
In passato, alle critiche leghiste, si erano aggiunte anche quelle del Giornale. Lo scorso aprile il quotidiano di famiglia Berlusconi aveva accusato l’allora arcivescovo di fare omelie ad personam, dopo che Tettamanzi, con chiaro riferimento a Berlusconi, si era chiesto: “Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?”. Nonostante qualche mal di pancia nei berluscones, il Pdl alla fine non si è opposto all’assegnazione della Grande Medaglia d’Oro. “Non metteremo il veto anche se stanno strumentalizzando il vescovo, continuando a considerarlo un personaggio di una parte politica”, ha anticipato ieri sera Masseroli, prima di entrare in riunione.
Soddisfatto il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo: “Il premio a Tettamanzi – ha commentato – è il segnale che si è riconosciuto il suo lavoro per Milano. Portato avanti con valori che, in anni bui della politica cittadina, hanno richiamato alla solidarietà verso il prossimo e all’attenzione sociale”. Tra gli altri, il 7 dicembre verranno premiati anche la giornalista co-fondatrice del Manifesto Rossana Rossanda, l’ex presidente Consob Guido Rossi, lo scrittore Corrado Stajano e i lavoratori del San Raffaele. Bocciati invece il conduttore Fabio Fazio, spinto dal Pd, e l’artista Maurizio Cattelan, appoggiato dall’assessore Stefano Boeri.