Dall’interno del Pdl aveva criticato la presenza di Nicole Minetti nel Consiglio regionale lombardo. E si era ribellata alla politica del bunga bunga. Ora che Berlusconi non è più premier, per Sara Giudice, 25enne ex consigliera di zona a Milano, non c’è solo soddisfazione, ma anche “grande amarezza”. Perché contro di lei è iniziata, dice, una serie di vendette da parte del suo ex partito: “Un accanimento contro la mia famiglia, a dire il vero”. Suo padre Vincenzo Giudice, ex presidente del consiglio comunale del Pdl, lavora al Pio albergo Trivulzio – il celebre centro per l’assistenza agli anziani – e ai primi di ottobre è stato trasferito nel distaccamento di Merate, in provincia di Lecco. “E ora – racconta Sara – hanno parlato di un possibile trasferimento pure a mia mamma, dipendente anche lei del Pat”.
Secondo la Giudice, che oggi milita in Fli, queste decisioni hanno come mandante quella parte del Pdl lombardo che all’interno della Baggina – come i milanesi chiamano da sempre la struttura – ha la sua sponda in Fabio Nitti, consigliere provinciale e direttore generale già sotto la gestione di Emilio Trabucchi, a capo del cda che si è dimesso lo scorso febbraio per lo scandalo Affittopoli. Una convinzione, quella della Giudice, condivisa anche dal padre. Alla Baggina dal 1978 e socialista ai tempi di Mario Chiesa – il politico da cui ebbe origine l’inchiesta Mani pulite – Vincenzo Giudice è stato prima sindacalista della Uil e poi politico in Forza Italia e Pdl. Fino all’uscita dal partito lo scorso marzo per dedicarsi “anima e corpo al progetto di Sara”. La scorsa primavera, alla fine del mandato in Consiglio comunale, è tornato a lavorare a tempo pieno al Pat. Ma il 23 settembre gli è arrivata una lettera a firma di Nitti che lo informava del trasferimento.
Giudice non ha creduto alle necessità organizzative e ha subito pensato a una ritorsione per le scelte della figlia. E per un’interrogazione da lui fatta a Palazzo Marino sulle vendite low cost di alcuni immobili del Pat, che avrebbe contribuito a portare sui media il caso Affittopoli. Già prima della missiva, scrive Giudice in un esposto presentato alla procura di Milano all’inizio di ottobre, c’erano state pressioni e minacce “che si sono ripetute nel tempo, anche alla presenza di testimoni”. Come quando il direttore generale gli si sarebbe avvicinato per dirgli: “Io a te ti devo vedere strisciare”.
A difesa di Giudice sono intervenuti i sindacati, che in una lettera inviata settimana scorsa al cda del Pat, hanno parlato di “un trasferimento non motivato da oggettive necessità organizzative, probabilmente assunto più per ragioni politiche”. Ma secondo Giudice le vendette non si sono fermate: “Venerdì scorso – racconta – hanno detto in via informale a mia moglie che stanno prendendo in considerazione di spostarla. Lei lavora al Pat dal 1980 e ora si occupa di relazioni con il pubblico. Un ufficio dove arrivano molte lamentele, che forse non vogliono giungano proprio alle sue orecchie”. Un’ultima ritorsione, dice Vincenzo Giudice, di chi non ha digerito la partecipazione di sua figlia ad Annozero e a l’Infedele in veste anti Minetti. E la raccolta di firme per chiedere le dimissioni dell’igienista dentale. Iniziative che hanno messo in difficoltà i vertici del partito lombardo, visto che anche per questo il presidente della provincia di Milano, Guido Podestà, a gennaio si è dovuto dimettere da coordinatore regionale del partito.
A difesa della famiglia Giudice interviene il senatore di Fli Giuseppe Valditara, che si chiede il motivo dell’ “accanimento nei confronti dei genitori di una persona che si è esposta per denunciare scarsa trasparenza nelle candidature alle regionali”. Mentre Sara chiede un intervento del nuovo consiglio di amministrazione. Per niente pentita delle sue scelte: “Un anno fa ho detto cose sul berlusconismo che ora dicono tutti – conclude -. So di avere avuto ragione”.