Stop ai vitalizi per i senatori, ma solo dalla prossima legislatura. Tradotto: nessun sacrificio per gli attuali componenti di Palazzo Madama. Il Consiglio di Presidenza del Senato, presieduto da Renato Schifani, ha deliberato oggi all’unanimità il superamento, solo per i nuovi eletti, dell’attuale sistema degli assegni vitalizi. Lo rende noto un comunicato di Palazzo Madama. Rimangono invariati, invece, i vitalizi per gli attuali componenti dell’aula di Palazzo Madama e per gli ex senatori, perché – spiega il questore del Senato Benedetto Adragna – “giuridicamente non eravamo competenti, si sarebbero intaccati diritti acquisiti”. La decisione, del resto, trova un precedente in quanto deciso dalla Camera il 21 luglio scorso. All’epoca, l’ufficio di presidenza di Montecitorio propose la sostituzione del sistema in vigore, a partire dalla prossima legislatura, con un nuovo regime analogo a quello previsto per la generalità dei lavoratori italiani.
Un’ipotesi avvalorata anche da Palazzo Madama, come conferma Adragna. “Ritengo che bisognerà adeguarsi al sistema vigente per il resto dei cittadini, quindi quello contributivo, con la possibilità da parte degli onorevoli di scegliere una pensione integrativa – ha detto il questore del Senato – . E anche l’età a partire dalla quale potrà essere percepito l’assegno dovrà essere identico a quello del resto della popolazione. Quindi, se salirà a 67 anni, dovrà adeguarsi anche per noi”.
La decisione di Palazzo Madama non ha mancato di provocare reazioni, anche polemiche. La prima è quella del presidente del gruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. ”La decisione del Senato di superare l’attuale sistema dei vitalizi è un buon segnale ma non è sufficiente, si deve fare di più” ha detto Donadi, secondo cui “nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini per affrontare la crisi e rilanciare l’economia, si deve avere il coraggio di dare un taglio ai privilegi dei politici. L’abolizione dei vitalizi è una nostra battaglia storica e riteniamo che debba partire dai parlamentari in carica e da quelli non più in carica ma non ancora andati in pensione. La Camera – ha concluso Donadi – deve fare di più e meglio, anche perché se ci limitassimo allo stop deciso dal Senato, avvertiremmo i benefici in termini economici solo tra venti o venticinque anni”.