La vita di migliaia di cani randagi in Romania è appesa a un filo. Il 22 novembre è passata al Parlamento rumeno una nuova legge che concede a tutti i sindaci del Paese diritto di vita o morte incondizionato sui randagi della propria città. Rimandato più volte per il putiferio alimentato dalle associazioni animaliste e arrivato fino al Parlamento europeo di Bruxelles, il voto ha visto 168 favorevoli e 111 contrari. Adesso bisogna solo aspettare la promulgazione del presidente della Repubblica rumena Traian Basescu.
La scusa ufficiale è liberare le strade delle città rumene da una sovrappopolazione di randagi e prevenire i rischi di attacchi alle persone e contagi di rabbia. Solo a Bucarest si stimano circa 50mila cani randagi, entrati ormai a far parte del profilo stesso della città. Secondo le autorità rumene gli attacchi agli esseri umani non sono episodi isolati, come dimostra il caso di una donna azzannata, e poi morta, proprio quest’anno.
La nuova legge introduce la possibilità di sopprimere i cani malati, aggressivi o pericolosi dopo soli tre giorni dalla loro cattura. Non vengono specificate le modalità attraverso le quali le amministrazioni comunitarie possono prendere questa decisione, mentre resta vago anche il concetto di “consultazione popolare” prevista per la soppressione di cani non malati né pericolosi dopo 30 giorni. Difficile poi adottare un amico a quattro zampe. Per farlo bisogna non solo dimostrare di avere spazio a sufficienza, risorse materiali per mantenerlo e l’ok dei vicini di casa, condizioni di per sé comprensibili, ma soprattutto bisogna pagare una tassa, cosa che in un Paese che non naviga esattamente nell’oro può rappresentare un certo disincentivo.
A nulla è valsa la battaglia di mesi e mesi condotta dalle associazioni animaliste internazionali. L’appello a preferire altre forme di controllo del randagismo, come una campagna a tappeto di sterilizzazione, è finita nel cestino perché, evidentemente, non giudicata adeguata a risolvere il problema. “Non c’è nessuna evidenza scientifica del fatto che rimuovere i cani dalla strada abbia un impatto significativo nel ridurre la densità della popolazione canina o il diffondersi di malattie come la rabbia”, ricorda l’associazione “Four Paws” (Quattro zampe) citando un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO Expert Committee on Rabies, Eighth Report, Geneva 1992, Series No. 824, P. 31).
Duro il commento di Sara Turetta, presidente di “Save the dogs”, associazione animalista attiva in Romania: «E’ una sconfitta per la classe politica romena che ha perso l’ennesima occasione per dimostrare di essere più europea di quanto fin’ora si sia creduto. Ma è anche una sconfitta per i cittadini romeni che vedranno sperperati milioni di fondi statali senza risolvere il problema». Save the Dogs tira in ballo la “lobby dei boiacani” che “si arricchisce catturando ed uccidendo i randagi romeni”. L’associazione stima che solo a Bucarest sono stati spesi 14 milioni di euro per uccidere i randagi dal 2001 al 2007. Una situazione ben conosciuta anche in Italia, dove piccole associazioni di volontari, come Lamento Rumeno nel trevigiano, organizza viaggi all’Est per sottrarre alla morte dei cani portandoli in Italia, e tutto a spese dei volontari.
Non chiamatela eutanasia. “Portare un animale alla morte senza una diagnosi veterinaria non è eutanasia bensì omicidio”, ha detto Walter Winding, ex presidente della Federazione dei veterinari europei durante una conferenza organizzata da CAROdog (network di associazioni animaliste europee) lo scorso maggio a Bruxelles. A marzo dall’Europarlamento era partito perfino un appello alle autorità rumene alla luce di quanto messo nero su bianco dall’articolo 13 del Trattato di Lisbona, dove gli animali sono chiaramente definiti “esseri senzienti”. Ma tutto questo non è bastato.
Per quanto riguarda la legge approvata in Romania, ufficialmente bisogna aspettare la sua promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Ma le possibilità di un capovolgimento del voto parlamentare sono davvero molto scarse.