Ci sono un italiano, un francese e una tedesca. Sembra l’inizio di una barzelletta ma in realtà è tutto terribilmente serio. Soprattutto alla luce delle recenti risposte dei mercati. Ore 14, a Strasburgo va in scena la conferenza stampa più attesa della settimana. Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Mario Monti scelgono di mantenere un profilo molto basso, limitando il più possibile qualsiasi cedimento. Ma le frasi di circostanza, i proclami più generici e le riflessioni più ovvie si scontrano con i fantasmi di giornata, convitati di pietra che i giornalisti presenti finiscono prima o poi per evocare. Facendo emergere, come è inevitabile, l’evidente stato di tensione che ancora caratterizza i rapporti tra le prime economie del Continente. Insomma, ci sono pur sempre un italiano, un francese e una tedesca. Ma ci sono anche e soprattutto i maledetti eurobond e il ruolo della Bce nel gestire la crisi del vecchio continente.
Modifiche ai trattati? Quali misure? Tempi? Incalzato dalle domande, Nicolas Sarkozy si mostra perentorio. “Presenteremo un piano di modifica dei trattati prima del vertice del prossimo 9 dicembre, non ho nulla da aggiungere”. Poi, raccontano i retroscena di Le Monde, il sipario cala e Nicolas Sarkozy parla apertamente di “fallimento”. A svelarlo per primo è Arnaud Leparmentier, giornalista che segue l’Eliseo, spiegando che i tre “hanno deciso di non parlare della Bce” perché “in disaccordo totale sul ruolo della banca centrale” per salvare l’euro. Sarkozy, spiega ancora il giornalista de Le Monde, vuole che la Bce “voli in soccorso degli Stati in fallimento. Monti non vuole, ma difende l’idea di avere gli eurobond per ripartire il rischio finanziario in Europa. Merkel non vuole cedere sulla Bce né accettare gli eurobond, accusati di azzerare le pressioni dei mercati sui Paesi meno virtuosi”. Del resto la Merkel sembra picchiare duro proprio sul presidente francese quando esalta la politica Ue “della concorrenza, facendo così grande piacere a Monti, ex commissario alla concorrenza, ma anche grande fastidio a Sarkozy, che detesta questa politica della concorrenza e vuole ridare potere ai politici”.
Il disaccordo sugli eurobond, del resto è ancora più profondo. Lo dice implicitamente Mario Monti quando spiega che “tutto può funzionare” di fronte a un sistema fiscale uniforme fatto di regole certe. Solo che la certezza delle regole impone a sua volta che qualcuno vigili e nel caso intervenga. E il miglior modo per far funzionare il tutto è raggiungere un accordo sulle cosiddette sanzioni automatiche. E qui almeno sembra esserci unità di intenti, un particolare estremamente importante. La possibilità dell’Europa di penalizzare i “trasgressori” senza guardare in faccia nessuno era già stata paventata esattamente un anno fa, quando si iniziarono a delineare i dettagli del nuovo Patto di Stabilità (che impone ai Paesi membri di tenere sotto controllo non solo il deficit ma anche il debito). All’epoca, l’automatismo delle sanzioni era guardato con sospetto. Oggi, al contrario, sembra un traguardo praticabile.
A completare il ragionamento ci pensa ancora Nicolas Sarkozy. “E’ pericoloso parlare di eurobond – dichiara il presidente francese – senza parlare di governance e di sanzioni: è un piano complessivo che presenteremo insieme”. Il concetto è chiaro. Italia e Francia presseranno per l’introduzione degli eurobond, strumenti che, ammette Monti sbilanciandosi nonostante tutto, “possono dare un contributo”. Angela Merkel resta contraria ma l’impressione è che in questo momento stia cercando soprattutto di mantenere un certo profilo di scetticismo davanti al suo partito e ai suoi elettori. In fondo, però, sollecitata sull’argomento, la Cancelliera ha definito i titoli in questione come “non necessari”, che non significa dannosi o controproducenti. Ad oggi è il massimo dell’apertura possibile.
Chi invece sembra aver già scommesso sugli eurobond è il mercato. A far riflettere Berlino, infatti, dovrà essere soprattutto l’esito della “disastrosa” – per usare l’espressione scelta dal Financial Times Deutschland – asta obbligazionaria di ieri. La banca centrale tedesca non è riuscita a collocare circa un terzo dei titoli decennali offerti ad un tasso dell’1,98%. Come dire che gli investitori hanno scelto di cambiare rotta di fronte a una scommessa che fino a poco tempo fa ritenevano vincente. Uno sguardo ai numeri è quanto mai opportuno. L’inflazione programmata dell’eurozona si colloca al 3%, vale a dire un punto in più rispetto al rendimento offerto dai bund. Tradotto, investire in titoli tedeschi equivale ad accettare una perdita dell’1% sul valore reale dell’operazione da qui a un anno. In condizioni di panico può anche essere accettabile, ma adesso lo schema non sembra più in grado di funzionare. La spiegazione può essere duplice: da un lato, la sempre “meno improbabile” introduzione degli eurobond implica un maggiore rischio condiviso dalla Germania e quindi la richiesta di un premio superiore (oggi il mercato secondario trattava i bund ad un rendimento del 2,2% circa). Dall’altro, l’introduzione stessa dei titoli di debito della Bce contribuirebbe in modo decisivo a stabilizzare i mercati, riducendo di colpo il senso di panico e, di conseguenza, la convenienza di un investimento nel bene rifugio tedesco. La discussione è ancora aperta. Ma forse, una volta tanto, la soluzione potrebbero averla offerta i mercati.
Aggiornato da Redazione web alle 18:28 del 24 novembre 2011