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Ormai è in gioco l’euro

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Quanto sta accadendo sui mercati obbligazionari, con i rendimenti sui titoli di Stato italiani, belgi e francesi che toccano ancora nuovi massimi, e soprattutto col fallimento dell’asta dei Bund tedeschi a 10 anni (con un 35% di invenduto), dovrebbe aprire gli occhi a chiunque: ormai nessuno è al riparo dalla tempesta finanziaria che si sta abbattendo sull’Europa e i suoi titoli di debito. Ormai è in gioco la sopravvivenza stessa dell’euro. Non l’uscita di questo o quel paese dalla moneta unica, ma la fine dell’area valutaria in quanto tale. Se continuerà il trend attuale, questo big bang si verificherà in tempi molto brevi.

Come si può invertire la tendenza? Facendo precisamente quello che il gruppo di testa dell’Unione (ormai ridotto alla Germania) si è sinora ostinatamente rifiutato di fare: lanciando gli Eurobond, ma soprattutto modificando i Trattati in modo da consentire alla Bce di fare quello che la Banca del Giappone e la Fed statunitense fanno da molto tempo, ossia funzionare da prestatore di ultima istanza. Quest’ultima mossa è sufficiente, da sola, ad arrestare la speculazione: è infatti evidente che di fronte a una Bce disponibile a sostenere illimitatamente i titoli di debito europei, se necessario stampando moneta, le scommesse al ribasso diventerebbero immediatamente insostenibili. Su un piano di più lungo periodo, dovrebbero ovviamente essere affrontati gli squilibri strutturali tra i diversi paesi europei che hanno condotto alla situazione attuale e che hanno tra le loro cause principali la deflazione salariale in Germania, la specializzazione produttiva in settori non rivolti all’esportazione di diversi paesi del Sud Europa, una produttività totale dei fattori insufficiente in diversi paesi (tra cui l’Italia) e l’assenza di una politica economica e fiscale comune a livello europeo. Mi sembra che su nessuno di questi terreni si stia intervenendo con efficacia. Per questo sono pessimista. Sulla sorte dell’euro e – cosa più importante – su quella dei cittadini europei.

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