Dice un passante dall’aria normale, fermandosi davanti all’edicola: “Vi dico quel che bisogna fare. Bisogna ammazzarli tutti, come hanno fatto in Libia. Tutti, senza stare a guardare. Solo così ci liberiamo di quei parassiti e sanguisughe una volta per sempre”. Il gestore della edicola, che ha fatto politica a sinistra e ha sempre predetto, a volte con furore, dalla sua finestrella in mezzo ai giornali, la caduta di Berlusconi, guarda perplesso.
Destra o sinistra? Vecchia ruggine verso l’inutile democrazia o sdegno emergente per ciò che accade o si viene a sapere e si denuncia soltanto adesso? E come confrontare il livello di rabbia dell’uomo di fronte all’edicola e le frasi, le parole, la voce, degli operai Fiat che escono per l’ultima volta da quella loro fabbrica di Termini Imerese, la fabbrica perfetta che da due giorni non esiste più?
Eppure una cosa in comune, una sorta di saldo legame c’è. Nè il passante dell’edicola di Roma nè i gruppi di operai fra i trenta e cinquant’anni, messi fuori per sempre, hanno un riferimento o un futuro, o un pensiero a cui aggrapparsi. È un vuoto pauroso in un Paese che ha avuto la base operaia più colta e più internazionale d’Europa e personaggi, a volte unici, dalla parte della proprietà e del management, di solito così poveramente rappresentati dai grandi e costosi convegni di Confindustria.
Ne parlo non per cambiare discorso, ma perché c’entra il lavoro, come quello che adesso viene svilito e zittito (che non si sogni di avanzare pretese in periodo di sacrifici e di crisi), c’entra l’impresa, che qualcuno, appena pochi decenni fa ha sognato (e in parte progettato) in modo completamente diverso. Soprattutto c’entra la politica, perché chi si occupava di impresa e lavoro come di un buon legame possibile, sapeva che intorno alla vita organizzata di esseri umani meno infelici bisognava riorganizzare e ridefinire la politica.
E c’entra l’edicola. C’entra perché un editore coraggioso ha appena pubblicato un libro a fumetti su Adriano Olivetti (Un secolo troppo presto di Marco Peroni e Riccardo Cecchetti, edizioni Il Becco Giallo). I disegni hanno una strana consonanza con i giorni vissuti con Olivetti, mi sento di dire dal momento che quei giorni li ho vissuti. Mi occupavo del personale, che era un impegno grande quanto la finanza ai tempi in cui si assumevano persone come Tiziano Terzani.
Le parole del fumetto sono vere, anche se citate da un documento che si finge sia stato scritto un secolo dopo. È una lunga conversazione che si immagina avvenga tra una giovane laureanda e l’imprenditore di immenso successo che la Confindustria non voleva nei suoi ranghi. È un testo che ci riguarda, oggi, adesso, in questi giorni, con questa politica, mentre infuria il dibattito fra politici, tecnici e strategie di sopravvivenza. Cito pagine di questo importante libro-fumetto (ma forse il più bel testo di politica contemporanea), sequenze di una riflessione lunga e rara, per Olivetti, che non faceva discorsi e preferiva scrivere.
“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza.
Abbiamo portato in tutti i paesi della comunità le nostre armi segrete. I libri, i corsi culturali, l’assistenza tecnica nel campo della agricoltura. In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti. La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo. Alla Olivetti lavorano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura qui ha molto valore”.
Ma poi Adriano Olivetti, molto più avanti del suo tempo (siamo nel 1960) ripensa al ruolo dei partiti. “Alla fine del fascismo la maggior parte degli intellettuali vedeva nei partiti uno strumento di libertà. Io no. Sono organismi che selezionano personale politico inadeguato. Un governo espresso da un Parlamento così povero di conoscenze specifiche non precede le situazioni, ne è trascinato. Ho immaginato una Camera che soddisfi il principio della rappresentanza nel senso più democratico; e poi sappia scegliere ed eleggere un senato composto delle persone più competenti di ogni settore della vita pubblica, della economia, dell’architettura, dell’urbanistica, della letteratura”.
C’era nel suo “progetto” (ricordo l’uso continuo di questa parola) il raccordo fra la visione politica della vita e la competenza tecnica per affrontare i problemi. Gli è stato chiesto se tutto questo non fosse utopia, ovvero un ponte lanciato nel vuoto. E ha risposto pensando a un futuro che non è ancora venuto: “Beh, ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”.
Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2011
Furio Colombo
Giornalista e scrittore
Cultura - 27 Novembre 2011
L’Olivetti dei sogni perduti
Dice un passante dall’aria normale, fermandosi davanti all’edicola: “Vi dico quel che bisogna fare. Bisogna ammazzarli tutti, come hanno fatto in Libia. Tutti, senza stare a guardare. Solo così ci liberiamo di quei parassiti e sanguisughe una volta per sempre”. Il gestore della edicola, che ha fatto politica a sinistra e ha sempre predetto, a volte con furore, dalla sua finestrella in mezzo ai giornali, la caduta di Berlusconi, guarda perplesso.
Destra o sinistra? Vecchia ruggine verso l’inutile democrazia o sdegno emergente per ciò che accade o si viene a sapere e si denuncia soltanto adesso? E come confrontare il livello di rabbia dell’uomo di fronte all’edicola e le frasi, le parole, la voce, degli operai Fiat che escono per l’ultima volta da quella loro fabbrica di Termini Imerese, la fabbrica perfetta che da due giorni non esiste più?
Eppure una cosa in comune, una sorta di saldo legame c’è. Nè il passante dell’edicola di Roma nè i gruppi di operai fra i trenta e cinquant’anni, messi fuori per sempre, hanno un riferimento o un futuro, o un pensiero a cui aggrapparsi. È un vuoto pauroso in un Paese che ha avuto la base operaia più colta e più internazionale d’Europa e personaggi, a volte unici, dalla parte della proprietà e del management, di solito così poveramente rappresentati dai grandi e costosi convegni di Confindustria.
Ne parlo non per cambiare discorso, ma perché c’entra il lavoro, come quello che adesso viene svilito e zittito (che non si sogni di avanzare pretese in periodo di sacrifici e di crisi), c’entra l’impresa, che qualcuno, appena pochi decenni fa ha sognato (e in parte progettato) in modo completamente diverso. Soprattutto c’entra la politica, perché chi si occupava di impresa e lavoro come di un buon legame possibile, sapeva che intorno alla vita organizzata di esseri umani meno infelici bisognava riorganizzare e ridefinire la politica.
E c’entra l’edicola. C’entra perché un editore coraggioso ha appena pubblicato un libro a fumetti su Adriano Olivetti (Un secolo troppo presto di Marco Peroni e Riccardo Cecchetti, edizioni Il Becco Giallo). I disegni hanno una strana consonanza con i giorni vissuti con Olivetti, mi sento di dire dal momento che quei giorni li ho vissuti. Mi occupavo del personale, che era un impegno grande quanto la finanza ai tempi in cui si assumevano persone come Tiziano Terzani.
Le parole del fumetto sono vere, anche se citate da un documento che si finge sia stato scritto un secolo dopo. È una lunga conversazione che si immagina avvenga tra una giovane laureanda e l’imprenditore di immenso successo che la Confindustria non voleva nei suoi ranghi. È un testo che ci riguarda, oggi, adesso, in questi giorni, con questa politica, mentre infuria il dibattito fra politici, tecnici e strategie di sopravvivenza. Cito pagine di questo importante libro-fumetto (ma forse il più bel testo di politica contemporanea), sequenze di una riflessione lunga e rara, per Olivetti, che non faceva discorsi e preferiva scrivere.
“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza.
Abbiamo portato in tutti i paesi della comunità le nostre armi segrete. I libri, i corsi culturali, l’assistenza tecnica nel campo della agricoltura. In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti. La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo. Alla Olivetti lavorano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura qui ha molto valore”.
Ma poi Adriano Olivetti, molto più avanti del suo tempo (siamo nel 1960) ripensa al ruolo dei partiti. “Alla fine del fascismo la maggior parte degli intellettuali vedeva nei partiti uno strumento di libertà. Io no. Sono organismi che selezionano personale politico inadeguato. Un governo espresso da un Parlamento così povero di conoscenze specifiche non precede le situazioni, ne è trascinato. Ho immaginato una Camera che soddisfi il principio della rappresentanza nel senso più democratico; e poi sappia scegliere ed eleggere un senato composto delle persone più competenti di ogni settore della vita pubblica, della economia, dell’architettura, dell’urbanistica, della letteratura”.
C’era nel suo “progetto” (ricordo l’uso continuo di questa parola) il raccordo fra la visione politica della vita e la competenza tecnica per affrontare i problemi. Gli è stato chiesto se tutto questo non fosse utopia, ovvero un ponte lanciato nel vuoto. E ha risposto pensando a un futuro che non è ancora venuto: “Beh, ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”.
Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2011
TRUMP POWER
di Furio Colombo 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Herzog, la (pena di) morte non è un film
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Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - L'acne è una malattia della pelle che interessa circa 1 persona su 5, con una prevalenza mondiale stimata intorno al 20%. Sebbene sia nella maggior parte dei casi associata all'adolescenza, può manifestarsi anche in età adulta, in particolare nelle donne, anche per cause nutrizionali, squilibri ormonali o condizioni molto specifiche come la sindrome dell'ovaio policistico e un ipercortisolismo. Approfondire in certi casi le origini di questo disturbo - si legge in una nota - è fondamentale per definire e avviare il trattamento più efficace e migliorare la qualità della vita di chi ne soffre. Per rispondere a questa esigenza, Synlab ha sviluppato Derma Check - Acne, check-up che analizza specifici parametri ormonali e bioumorali, aiutando gli specialisti a definire prontamente un percorso terapeutico personalizzato.
"Una diagnosi precisa e tempestiva è fondamentale per affrontare l'acne in modo efficace, soprattutto nelle forme persistenti in età adulta. Questo check-up rappresenta un valido supporto per chiarirne le cause, ad esempio, per le donne con acne tardiva, aiutando ad individuare precocemente eventuali condizioni sottostanti - spiega Chiara Rovati, medico specialista in dermatologia e venereologia del Polidiagnostico Synlab S. Maria di Vobarno (Bs) - La combinazione di esami ormonali e carenziali può inoltre agevolare il percorso diagnostico e permette l'avvio rapido della terapia mirata. Oltre agli squilibri ormonali e metabolici - prosegue - esistono altri fattori che possono aggravare l'acne: un'alimentazione ricca di cibi ad alto indice glicemico contribuisce all'infiammazione cutanea e al peggioramento dell'acne e sarebbe indicato ridurre l'assunzione di tutti quei cibi che favoriscono i processi infiammatori, come latte e cioccolato. Anche il fumo, seppur in misura minore, può avere un impatto negativo sulla salute della pelle, così come l'uso di creme occlusive comedogene, che possono ostruire i follicoli piliferi e provocare la comparsa di lesioni pustolose".
Il test Derma Check - Acne è disponibile in due versioni specifiche per uomini e donne e, una volta ottenuti i risultati, sarà possibile definire il percorso con un dermatologo o un nutrizionista presso i Medical Center Synlab, per individuare il miglior approccio terapeutico. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito web o recarsi presso uno dei centri presenti sul territorio. Infine, per tutta la durata della campagna di lancio di questo nuovo test, sui canali social e sul sito synlab.it saranno proposte attività divulgative per fornire ulteriori informazioni e indicazioni su questa importante tematica.
Yaren, 5 mar. (Adnkronos) - Nauru, una nazione insulare che si estende per nemmeno 13 chilometri quadrati nell'Oceano Pacifico sud-occidentale, mette in vendita la cittadinanza per 105mila dollari (quasi 100mila euro). Il prezzo richiesto per un 'passaporto d'oro' della piccola isola della Micronesia a 4mila chilometri a nord est di Sydney è molto elevato, ma il fine è nobile: l'obiettivo è infatti quello di raccogliere fondi per finanziare progetti contro l'azione del clima, che minaccia l'isola di scomparire a causa dell'innalzamento del livello del mare, delle mareggiate e dell'erosione costiera.
La terza nazione più piccola del mondo non ha le risorse per proteggersi dalla crisi climatica. Secondo il governo, la vendita della cittadinanza contribuirà a raccogliere i fondi necessari per un piano che mira a trasferire il 90% dei circa 12.500 abitanti dell'isola in zone più elevate e a costruire una comunità completamente nuova.
"Mentre il mondo dibatte sull'azione per il clima, dobbiamo adottare misure proattive per garantire il futuro della nostra nazione", ha detto alla Cnn il presidente di Nauru, David Adeang. I passaporti costeranno un minimo di 105mila dollari, ma saranno proibiti per le persone con determinati precedenti penali. Un passaporto di Nauru offre accesso senza visto a 89 paesi, tra cui Regno Unito, Hong Kong, Singapore ed Emirati Arabi Uniti. Pochi dei nuovi titolari di passaporto avranno probabilità di visitare la remota Nauru, ma la cittadinanza consentirà di condurre "vite globali", ha affermato Kirstin Surak, professore associato di sociologia politica alla London School of Economics e autore di The Golden Passport: Global Mobility for Millionaires . Ciò può essere particolarmente utile per coloro che hanno passaporti più restrittivi, ha detto alla Cnn.
Per Nauru, questo programma viene presentato come un'opportunità per garantire il futuro dell'isola, che ha una storia difficile e oscura. Nauru è stata sfruttata a cielo aperto per estrarre fosfati dall'inizio del 1900. Per quasi un secolo, il paesaggio è stato scavato dai minatori, lasciando il centro dell'isola un paesaggio quasi sterile di rocce frastagliate. Circa l'80% dell'isola è diventato inabitabile, il che significa che la maggior parte delle persone vive ora concentrata lungo le coste, esposta all'innalzamento del livello del mare, che qui sta aumentando a un ritmo più rapido rispetto alla media globale. Una volta esaurito il fosfato, Nauru ha cercato nuove fonti di reddito. Dall'inizio degli anni 2000, è servito come sito di detenzione offshore per rifugiati e migranti che tentavano di stabilirsi in Australia, un programma ridimensionato dopo la morte dei detenuti. Ora l'isola è al centro di un controverso piano per estrarre dalle profondità marine materiali utili alla transizione verde.
Secondo gli atti di una causa intentata nel 2023 contro Sam Bankman-Fried, l'imprenditore di criptovalute ora caduto in disgrazia aveva lanciato un piano per acquistare l'isola e costruire un bunker per sopravvivere a un'apocalisse. Tuttavia, per la gente del posto, Nauru non sembra affatto una meta a prova di futuro. "Molte persone che risiedono sulla costa hanno già perso molta terra, alcune hanno avuto le loro case completamente sommerse dalle maree e hanno perso tutto", ha affermato in una dichiarazione Tyrone Deiye, cittadino di Nauru e ricercatore presso la Monash Business School in Australia.
Nauru prevede di ricavare circa 5,6 milioni di dollari (circa 5,2 milioni di euro) dal programma nel suo primo anno, per poi arrivare a circa 42 milioni di dollari (quasi 40 milioni di euro) all'anno. Verrà incrementato gradualmente "mentre valutiamo eventuali conseguenze indesiderate o impatti negativi", ha affermato Edward Clark, ceo del Nauru Economic and Climate Resilience Citizenship Program. Il successo del programma dipenderà da come "i ricavi vengono incanalati nel paese e a cosa servono", ha detto Surak. Ciò significa controllo e trasparenza su dove vanno i fondi e impedire alle persone a cui altrimenti sarebbe proibito ottenere il passaporto di pagare i funzionari in nero per ottenerne uno, ha aggiunto.
Un precedente programma di vendita della cittadinanza, avviato a metà degli anni Novanta, fu travolto da uno scandalo, con l'arresto nel 2003 in Malaysia di due presunti terroristi di Al Qaida in possesso di passaporti di Nauru. Il governo afferma che il controllo del programma sarà rigoroso ed escluderà coloro che provengono da paesi designati come ad alto rischio dalle Nazioni Unite, tra cui Russia e Corea del Nord. Le partnership con organizzazioni internazionali, tra cui la Banca Mondiale, forniranno "competenza e supervisione", ha affermato il presidente Adeang. Nauru non è il primo paese a cercare di finanziare l'azione per il clima vendendo passaporti. La nazione caraibica di Dominica, che vende la cittadinanza dal 1993 , ha recentemente dichiarato di usare parte del ricavato per finanziare il suo "impegno a diventare il primo paese al mondo resiliente al clima entro il 2030".
Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - Nel nostro Paese il 98% della popolazione adulta (circa 49 milioni di persone) conosce i medicinali omeopatici e 2 italiani su 3 (66%, pari a circa 33 milioni) li hanno acquistati almeno una volta nella vita. A utilizzarli nell'ultimo anno sono state quasi 18,5 milioni di persone (37%), un dato in crescita rispetto al passato, che evidenzia una maggiore penetrazione dell'omeopatia nel panorama delle scelte terapeutiche degli italiani, con un livello di fiducia che si va consolidando. Sono i dati dell'indagine 'Scenario e consumatori di medicinali omeopatici 2025', realizzata dall'istituto di ricerca Eumetra per Omeoimprese, l'associazione di categoria che riunisce le aziende del comparto in Italia. L'indagine - informa una nota - ha analizzato il livello di consapevolezza e i comportamenti degli italiani riguardo ai medicinali omeopatici, mettendo in evidenza le loro percezioni e scelte di salute. Sono stati coinvolti complessivamente oltre 1.400 adulti sopra i 18 anni. Oltre alle 900 interviste effettuate a un campione rappresentativo della popolazione italiana, è stato effettuato un sovra-campionamento di altre 500 interviste, con lo scopo di analizzare più nel dettaglio 4 regioni specifiche (Lombardia, Veneto, Toscana e Campania).
Globalmente la ricerca evidenzia una percezione positiva dell'omeopatia, con alcuni fattori che si rivelano decisivi nel favorire questa scelta terapeutica: il 54% degli italiani riconosce che i medicinali omeopatici sono prodotti naturali, il 42% li ritiene privi di effetti collaterali e controindicazioni, mentre il 33% afferma che possono rafforzare le difese immunitarie. "I risultati di questa ricerca - commenta Silvia Nencioni, presidente di Omeoimprese - mostrano che l'omeopatia rientra sempre più nelle scelte di salute delle famiglie, grazie soprattutto al consiglio competente di medici e farmacisti che ne riconoscono l'opportunità terapeutica. Una crescita motivata dalle caratteristiche peculiari di questi medicinali quali la naturalità, la sicurezza e l'assenza di effetti collaterali e controindicazioni, che li rendono adatti a tutte le tipologie di pazienti".
Tra gli ambiti terapeutici per i quali si ricorre maggiormente all'omeopatia ci sono: sintomi influenzali, raffreddore e mal di gola (33%); insonnia e stress (28%); rafforzare il sistema immunitario (26%); dolori muscolari-articolari (23%) e disturbi gastro-intestinali (20%). L'indagine mette in luce anche il ruolo cruciale dei professionisti della salute nella sua diffusione. Il 44% ha acquistato medicinali omeopatici su prescrizione del proprio medico di medicina generale o pediatra, mentre il consiglio del farmacista al banco è risultato determinante nel 52% degli utilizzatori. I dati indicano anche la necessità da parte del 31% del campione di saperne di più in merito ai medicinali omeopatici, percentuale che sale al 49% tra gli utilizzatori negli ultimi 6 mesi.
Secondo gli intervistati, nel 54% dei casi il medico di base è il professionista della salute più indicato a fornire queste informazioni; il 40% riconosce questo ruolo al medico esperto in omeopatia, il 34% allo specialista e il 39% al farmacista. Gli italiani si aspetterebbero di ricevere queste informazioni anche dalle strutture sanitarie pubbliche (27%) e dalle autorità sanitarie (26%). "Come comparto - osserva Nencioni - siamo consapevoli dell'esigenza di informazione sui medicinali omeopatici da parte dei pazienti. La mancanza di indicazioni terapeutiche nelle confezioni e sul foglietto illustrativo delle specialità omeopatiche penalizza fortemente gli italiani che, dopo aver acquistato questi medicinali, si trovano spesso in difficoltà nel reperire le giuste indicazioni su posologia e ambiti di utilizzo. Da anni abbiamo un dialogo aperto con le istituzioni e sono fiduciosa che riusciremo a sbloccare questa anomalia che, fra tutti i Paesi europei, riguarda solo l'Italia".
I principali consumatori di medicinali omeopatici appartengono alla fascia d'età 35-55 anni (72%), risiedono prevalentemente nel Nord-Est e nel Centro Italia, con un picco in Toscana (75%) e hanno figli (71%), a testimonianza che la scelta coinvolge il benessere dell’intero nucleo familiare. E' un target più femminile che maschile (60% vs 40%), trasversale per età e area geografica, che mostra una elevata soddisfazione nell'utilizzo sia individuale sia i membri della propria famiglia. Nonostante la digitalizzazione abbia avuto un impatto significativo anche sul settore farmaceutico, il 92% degli acquirenti continua a preferire il canale fisico delle farmacie e parafarmacie sul territorio per i propri acquisti, segno della necessità di un confronto diretto con il professionista della salute e del valore di un consiglio competente al banco. Tuttavia, l'online sta guadagnando terreno: il 21% degli utilizzatori ha comprato almeno una volta su Internet, anche se sono acquirenti esclusivi online solo il 6%, che non va a sostituirsi con chi predilige un rapporto diretto con il farmacista.
Un dato particolarmente significativo riguarda il potenziale di crescita del settore: il 35% degli italiani che non hanno mai acquistato medicinali omeopatici si dichiara comunque favorevole al loro utilizzo. "L'esistenza di un bacino di utenti potenziali che, pur non avendo mai assunto medicinali omeopatici, è propenso al loro utilizzo - sottolinea Nencioni - è un dato certamente interessante che indica come il mercato dell'omeopatia possa avere significativi margini di crescita. Per far sì che sempre più italiani si avvicinino con soddisfazione e fiducia a questo approccio di salute continueremo, come associazione, a sostenere la formazione e la diffusione della conoscenza dell'omeopatia presso i professionisti della salute, punto di riferimento fondamentale per rendere i pazienti consapevoli e informati - conclude - su questa opportunità terapeutica".
Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - L'introduzione di dazi sui farmaci da parte degli Stati Uniti "rappresenterebbe una minaccia che potrebbe avere un impatto molto forte e sarebbe, innanzitutto, una minaccia per i cittadini americani perché è impensabile che 11 miliardi di farmaci acquistati dall'Italia siano surrogabili agevolmente da altri Paesi". Così il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, a margine dell'evento 'Inventing for Life Health Summit', in corso a Roma. "Pur volendo potenziare la capacità produttiva americana, questo richiederà anni", ha sottolineato Cattani.
"Siamo convinti e fiduciosi che l'azione del governo Meloni sull'Europa possa far ragionare gli Usa per ricondurli a una pozione di buon senso", ha aggiunto. "I farmaci sono un asset strategico per la sicurezza di un Paese, compresi gli Usa, per l'economia e per lo sviluppo sociale. Siamo confidenti che sui farmaci possa esserci una riconsiderazione di questo rischio", ha concluso il presidente.
Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - "L'industria farmaceutica è strategica per la salute, la crescita economica e la sicurezza. Per la salute perché le aziende farmaceutiche offrono un contributo fondamentale per la salute dei cittadini. In Italia, per esempio, in 20 anni la mortalità totale è diminuita del 25% e per le patologie croniche del 35%. Per la crescita economica, come dimostra il record storico raggiunto dall'export: 54 miliardi di euro nel 2024. Con i dati che confermano l'industria farmaceutica al primo posto per indice di competitività, produttività, open innovation, e con farmaci e vaccini, per surplus con l'estero, +20 miliardi di euro nel 2024". Lo ha detto Marcello Cattani, presidente Farmindustria in occasione della settima edizione dell'Inventing for Life Health Summit, dedicato ancora una volta al tema 'Investing for Life: la Salute conta!', organizzato oggi a Roma da Msd Italia.
La farmaceutica "è fondamentale anche per la sicurezza nazionale soprattutto nell'odierno contesto geopolitico, turbolento e competitivo", ha evidenziato. "L'industria apprezza l'operato del Governo, che sta andando nella giusta direzione - ha aggiunto Cattani - Ora però per restare attrattivi è fondamentale una strategia nazionale sulla farmaceutica e le scienze per la vita. Con una decisa riforma della governance della spesa farmaceutica pubblica, che punti a migliorare ulteriormente l'accesso alle cure, superare progressivamente i payback, aumentare la competitività delle imprese e attrarre gli investimenti".
Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - "Per la salute globale quello che viviamo oggi è un momento importante. La sanità rappresenta una questione nevralgica da affrontare in maniera sinergica per ridisegnare il futuro del nostro Paese e preservare un Servizio sanitario nazionale universalistico di valore come il nostro. La chiave di volta è l'innovazione, frutto di un'intensa e ingente attività di Ricerca&Sviluppo di cui realtà come Msd si fanno promotrici. Siamo parte di un comparto farmaceutico che eccelle nel mondo, siamo l'unico settore manifatturiero in crescita e tra i primi per import ed export, con le nostre attività incidiamo positivamente sul Pil nazionale. Siamo un'eccellenza da preservare e sostenere perché volano della crescita economica italiana per cui necessitiamo di interventi mirati. Pertanto, una riforma sistemica che incentivi gli investimenti, supporti la ricerca e premi l'innovazione si configura come l'unica soluzione per garantire un accesso alle cure equo ed efficiente per porre davvero al centro i pazienti e i loro bisogni". Lo ha detto Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di Msd Italia, nel suo intervento in occasione della settima edizione dell'Inventing for Life Health Summit, dedicato ancora una volta al tema 'Investing for Life: la Salute conta!', organizzato oggi a Roma da Msd Italia, durante il quale sono stati presentati i risultati del sondaggio promosso da Ipsos 'Priorità e aspettative degli italiani per un nuovo Ssn'.
"Il recente incremento del Fondo sanitario e le nuove regole per il Fondo farmaci innovativi rappresentano un ulteriore passo nella direzione desiderata - ha aggiunto Luppi - ma è fondamentale adottare misure strutturali e costruire una visione strategica a lungo termine. L'Italia deve puntare a diventare 'hub' di riferimento per l'innovazione in campo sanitario e attrarre investimenti per la ricerca clinica nel nostro Paese con adeguati incentivi. L'Italia ha inoltre l'opportunità di guidare, a livello europeo, un ripensamento dei criteri contabili affinché voci strategiche come l'immunizzazione non siano più trattate come spesa corrente, ma vengano riconosciute come un investimento e detratte dal calcolo deficit/Pil". "Possediamo le risorse, le competenze e il know-how per ritagliarci un ruolo da protagonisti. E' fondamentale avere il coraggio di compiere oggi le scelte giuste per trasformare queste potenzialità in un vantaggio concreto per la salute dei cittadini e per il futuro del Paese e dell'Europa", ha aggiunto Luppi.
"Con 30,5 miliardi di dollari investiti in Ricerca&Sviluppo, siamo la prima azienda biofarmaceutica ad alta intensità di ricerca nel mondo. Nostro obiettivo è quello di offrire, da 134 anni, soluzioni innovative grazie alle quali dare risposte e nuove speranze di vita. Sono oltre 200 le soluzioni innovative che abbiamo inventato insieme ai ricercatori di tutto il mondo, tra farmaci e vaccini, per le tante aree terapeutiche nelle quali siamo presenti. Un impegno forte, il nostro, per fare la differenza nella vita di pazienti e cittadini che siamo onorati di servire. Un impegno che non conosce fine, perché vantiamo una pipeline innovativa e diversificata che riflette la forza della nostra ricerca e la solidità delle nostre scelte strategiche con oltre 25 molecole in fase 3, in aree terapeutiche che vanno dall'oncologia ai vaccini, alle malattie infettive, dal cardiometabolico all'immunologia per citarne solo alcune" ha proseguito Luppi.
"La scienza è globale, l'innovazione è open e in network ed è quindi importante investire anche nelle start up di ricerca - ha spiegato - La nostra passione per l'innovazione si riflette in un altro dato importante: più del 50% delle nostre revenue viene reinvestito in R&S. Un investimento importante di cui siamo molto orgogliosi, perché è l'ulteriore dimostrazione che l'innovazione è il tratto distintivo della nostra carta d'identità. Ma è un dato che appare ancor più impressionante se lo andiamo a paragonare a quelli di alcuni giganti dell'high tech che investono una percentuale che sfiora al massimo in 25% in investimento in Ricerca&Sviluppo".
E ancora: "Sono 460 milioni i pazienti raggiunti da Msd nel solo 2024, molti dei quali grazie ai nostri progetti di partenariato di valore e donazioni. Un traguardo di cui siamo davvero molto fieri perché abbiamo fatto la differenza", ha sottolineato Luppi. Ricordando poi che "Msd ha contribuito al Pil italiano per quasi 1 miliardo di euro, con un'intensità di ricerca anche del nostro Paese pari al 47%. Un impegno, un radicamento nella nostra nazione, che ci vede protagonisti anche nella ricerca clinica con investimenti, ancora una volta, distribuiti su tutto il territorio italiano di quasi 140 milioni di euro. Infine, oltre 9mila posti di lavoro supportati in Italia attraverso i nostri investimenti diretti e indiretti. Msd supporta concretamente la crescita e la stabilità economica del Paese e ancora una volta i numeri lo dimostrano. Per ogni euro di Pil generato direttamente da Msd vengono generati ulteriori 2,15 euro di Pil nell'economia italiana, dimostrando quindi un forte effetto moltiplicatore della nostra presenza" ha concluso.
Roma, 5 mar (Adnkronos) - "E’ la destra del gioco d’azzardo. Non ci sono più dubbi dopo il voto in commissione al Senato, che delega il Governo ad introdurre la pubblicità nel gioco del calcio, su maglie e campi". Lo dice il deputato democratico Stefano Vaccari, segretario di presidenza della Camera.
"L’idea non è solo quella di fare cassa ma anche di favorire i grandi capitali incuranti dei dati sul gioco d’azzardo che richiederebbero ben altre decisioni. Nel primo semestre del 2024 sono stati raccolti dallo Stato 90 miliardi di euro. Tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore azzardo è stata di circa 1.617 miliardi di euro, un valore che è pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021 -prosegue Vaccari-. Basti pensare che gli italiani per l’acquisto di cibo e beni di consumi hanno speso nel 2024 134 miliardi di euro. Di fronte alla gravità del fenomeno si allargano ancora le maglie anche in quel mondo dello sport frequentato da giovanissimi. E chissenefrega delle infiltrazioni mafiose, delle distorsioni, dei danni sociali ed economici e delle migliaia di cittadini che cadono nella sindrome della ludopatia e per i debiti accumulati sono arruolati dalla criminalità organizzata".
"Peraltro il governo sta per presentare una riforma di riordino del gioco che avevano consigliato di approfondire con tutti i portatori di interesse convocando gli Stati generali. La risposta è arrivata dal Senato con un voto a dir poco inquietante", conclude Vaccari.