Potrebbe valere 20 miliardi la manovra che il governo si appresta a varare per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Secondo quanto si apprende da tecnici al lavoro in questi giorni sui conti, con l’ipotesi di un calo del Pil dello 0,5% servirebbe una correzione di 20 miliardi comprensiva di 4 miliardi della delega fiscale. Nove miliardi in più quindi, di quanto chiesto dal commissario Ue Olli Rehn. Undici miliardi che l’Europa chiede di trovare subito, e suggerisce anche come. Congelamento degli assegni previdenziali in caso di Pil negativo. Maggiore facilità di licenziamento. Questo, in sintesi, il contenuto delle sedici pagine di rapporto firmate dal commissario europeo agli Affari Economici, rivelato questa mattina da Repubblica. Nel testo di “Addressing Italy’s high debt/low growth challenge” l’Europa disegna le prime sfide del governo Monti che, al di là della piena fiducia al neo presidente del Consiglio, non saranno una passeggiata.
Intanto le cause: scrive il commissario che le debolezze strutturali del paese “sono precedenti alla crisi globale, non partono da essa” e che l’Italia “a differenza di altri paesi, è entrata nella crisi con un alto tasso di risparmio e con un settore bancario robusto”. Buone notizie, insomma, che non bastano però a sostenere la carenza di riforme “degli ultimi dieci anni”. E qui parte la sfida delle “riforme formidabili” che il nostro Paese deve affrontare rapidamente: “Nel formulare la sua agenda il nuovo governo deve essere ambizioso e per invertire l’umore dei mercati le riforme chiave devono essere fatte subito”.
Quali riforme? Per evitare il rischio default bisogna innanzitutto partire dal già citato pareggio di bilancio nel 2013, impegno assunto da Berlusconi che Monti ha già provato a scambiare con un più semplice mantenimento in ordine dei conti. Ma la Ue da questo orecchio non sente. Va bene la crescita, che il presidente del Consiglio voleva in cima alla lista degli impegni, solo se questa sarà accompagnata da un intervento che per ora (resta da vedere come si muoverà il nostro debito) viene quantificato in undici miliardi di euro e che gli effetti del debito potrebbero portare ai 20-25 miliardi ventilati oggi. Altri interventi, nota Repubblica, coincidono esattamente con gli impegni presi da Monti. Innanzitutto l’abbassamento della soglia per il pagamento in contanti, misura di base per contrastare l’evasione fiscale. Poi viene la questione pensioni: “Sospensione dell’indicizzazione automatica degli assegni all’indice dei prezzi, tranne che per gli assegni più bassi, in caso di crescita negativa”. Esclusi dalla mannaia, insomma, solo i redditi più bassi.
Infine l’odiata questione dell’articolo 18, che potrebbe diventare pesante terreno di scontro tra governo e sindacati. Senza alcuna citazione diretta, l’Europa si limita a chiedere di “eliminare le rigidità”: “Per esempio sostituendo l’attuale l’attuale sistema di protezione attraverso il reintegro obbligatorio (in vigore per le aziende con più di 15 dipendenti) con il pagamento di una indennità di liquidazione legata allo stipendio percepito”.
Oggi Monti vola a Bruxelles per fare il punto con i ministri economici e lunedì 5 dovrebbe portare in Consiglio dei ministri le prime misure, quelle attese dal giorno del suo insediamento. Tra il 5 e il 9 dicembre, poi, sarà una marcia a tappe forzate per arrivare preparati al vertice europeo dei capi di Stato. Per quel giorno, ha detto ieri negli Usa il presidente della Ue, Herman Van Rompuy, la Ue “sarà pronta con una vera e propria road map per il salvataggio dell’Euro”. Due gli elementi fondamentali di intervento: l’estensione del Fondo salva stati (e qui conta molto il parere dei Bric, i paesi emergenti, che chiedono concessioni commerciali in cambio di denaro) e la modifica del ruolo della Bce, oggi considerata da molti troppo lenta e limitata negli interventi. Per questo si tratta sulla modifica dei trattati europei. Il tempo stringe, dicono in molti. Chi dice 20 giorni, chi meno. Come il Financial Times: “L’euro ha 10 giorni al massimo per evitare il collasso”. Molto del successo di questo salvataggio dipenderà da ciò che il governo Monti saprà realizzare.
Ma nel dubbio, le economie mondiali si stanno attrezzando. Tanto che il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, nel corso di un’audizione davanti ai giudici costituzionali di Karlsruhe si è spinto a dire che nelle prossime settimane Italia e Spagna avranno bisogno di “essere rifinanziate in misura straordinariamente elevata”. Schaeuble non ha fatto riferimento a cifre precise, ma l’indiscrezione è rimbalzata anche dall’altra parte dell’oceano e ripresa da Bloomberg: finanziamenti Bce tramite il Fmi per aiutare Italia e Spagna. Questa l’ipotesi allo studio dei ministri finanziari europei, che darebbe la possibilità di erogare prestiti ai Paesi in difficoltà utilizzando il Fondo monetario, ma senza violare il divieto per Francoforte di finanziare in via diretta i governi.