Poniamo che Italia e Francia, nel corso di un’esercitazione militare congiunta sulle Alpi, abbiano provocato una serie di esplosioni nella zona del Gran Paradiso; e che molti stambecchi in preda al panico si siano gettati giù dai dirupi sfracellandosi. Ne sarebbe venuto fuori un casino con probabili dimissioni dei Capi di Stato maggiore dei rispettivi paesi. Non si capisce perché quando cose simili avvengono sott’acqua nessuno dice niente. Forse perché lontano dagli occhi – in questo caso dalle orecchie – lontano dal cuore?
Purtroppo “cose simili” avvengono quotidianamente, nella totale impunità di coloro che perpetrano azioni che di fatto si possono ascrivere alla strage, illegale e deliberata, di specie protette dalla legge. Alcuni giorni, fa tra il 30 novembre e il 1 dicembre, cinque zifi – rari e timidi cetacei presenti anche nel Mediterraneo – sono finiti morenti sulle coste ioniche, sia in Grecia che in Calabria; in quest’ultimo caso erano una femmina con il suo piccolo.
Si tratta qui soltanto dell’ultimo episodio di una serie, che ci fa temere che questa specie, una sorta di delfinone lungo oltre 5 m, finirà per scomparire dal Mediterraneo. Gli zifi hanno una grande sfortuna: sono i più sensibili tra i cetacei al rumore, e ci sono suoni, come quelli prodotti dalle navi militari con i moderni sonar a media frequenza, che li mandano nel panico facendoli emergere forse troppo velocemente dalle grandi profondità dove si spingono in cerca di calamari. Questa condizione può provocare negli animali gravi patologie da decompressione, ed ecco perché poi ce li troviamo agonizzanti sulle spiagge.
Oltre al disturbo causato dalle marine militari, si aggiunge oggi in maniera massiccia quello delle navi che effettuano prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio nel fondo marino, e i suoni fortissimi trasmessi nel mare da queste operazioni sono in grado di sloggiare i cetacei dal loro habitat in ampie porzioni di mare. Nella fattispecie, lo Ionio nei giorni scorsi era affollato sia da navi militari impegnate in esercitazioni, sia da navi specializzate nella ricerca di petrolio, per cui non fa meraviglia lo spiaggiamento degli zifi, anche se risulta difficile, forse impossibile, capire in quale direzione puntare il dito.
Il “mondo del silenzio” di Cousteauiana memoria non esiste più da un pezzo. In un mondo popolato da un’umanità sempre più famelica di petrolio, il mare è attanagliato da una morsa di rumore assordante che si aggiunge a quello delle esercitazioni militari e al sottofondo delle eliche di centinaia di migliaia di natanti di ogni dimensione. L’industria del petrolio si ammanta dietro valutazioni d’impatto ambientale addomesticate, i militari dietro la segretezza. La cosa non è priva di conseguenze, ma la gente non lo sa, e se lo sa, fa spallucce.
Eppure non è il fatto intrinseco dell’esistenza dell’industria e dei militari a creare il problema. Molto si potrebbe fare per ottenere che queste attività siano rese compatibili con la tutela dell’ambiente, imposta da una legge che non potrebbe essere meno trascurata. Gli animali non sono sempre dappertutto; la scienza è oggi in grado di indicare stagioni e località più delicate. Il problema è essenzialmente causato dall’arroganza di chi vuole operare in mare senza il fastidio di alcun tipo di vincolo, e dalla condiscendenza delle istituzioni la cui raison d’être è la tutela dell’ambiente.
Foto di Vidal Martin. Per ingrandire clicca qui