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Ma che vi ha fatto il contante?

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Il provvedimento appena emanato dal governo contiene, tra le altre, le annunciate misure sul contante. Si limitano i trasferimenti tra privati a 1.000 euro, a modifica della normativa contro il riciclaggio. Ciò non solo per contrastare quest’ultimo, cui – a dire il vero – l’evasione è intimamente connessa, ma per tracciare i pagamenti, onde condurre ad un recupero degli imponibili sui quali calcolare le nostre tasse. Tale impostazione soffre, a mio avviso, di qualche lacuna metodologica, e rischia di produrre effetti indesiderati.

a) Innanzitutto, “pagare” in contanti è diverso dal “prelevare” oppure “versare” contanti in banca o alle poste. La grande confusione tra queste condotte ha portato (e temo porterà) a chiedere giustificazione, taluni intermediari lo fanno già, dei prelevamenti (dei versamenti ovviamente no!) di denaro sopra la soglia antiriciclaggio. Ma la limitazione vale, secondo il decreto 231/2007, solo per i “trasferimenti” tra privati; uno con il suo denaro sul conto corrente fa quello che vuole, e fuori deve stare attento al pagamento di contanti per non incorrere in sanzioni amministrative (quelle penali sarebbero anticostituzionali, come efficacemente spiegato da Thomas Tassani giorni fa su La Voce.info).
b) Tutti i movimenti di contante nel nostro Paese, se transitano per le banche sotto forma di versamenti e prelievi, sono ovviamente tracciati a prescindere dagli importi, e rilevabili in qualsiasi momento dalle Autorità. Le “valigette” sono meno intercettabili, ma ciò non c’entra con le soglie di limitazione legislativamente imposte.
c) I riciclatori e gli stessi evasori professionali non usano il contante. Essi, come dimostrano le evidenze investigative, o occultano del tutto i propri redditi (vedi l’efficace analisi di Oscar Giannino sull’Eco di Bergamo del 30 novembre), oppure pagano fatture (false) con bonifici e assegni non trasferibili.
d) In molte zone del nostro Paese e in molti tipi di operazioni commerciali limitare il contante produce danni sociali senza benefici. La costrizione dei ceti medio-bassi al ricorso a carte di credito, ancorché a commissioni ridotte (si badi bene, il decreto non le elimina!), limita la libertà di pagamento, e inoltre non riduce i “frazionamenti” eventualmente costruiti per pagare la prestazione cosiddetta in “nero”.

La normativa contro il riciclaggio prevede già, efficacemente, la segnalazione di movimenti anomali e transazioni non congrue sui conti correnti, specie se in contanti. Una banca che oggi non segnali all’Uif versamenti ripetuti e ingiustificati di contante si espone essa stessa a sanzioni. E l’Uif ci dice che queste segnalazioni sono aumentate esponenzialmente. Siamo il Paese a maggiore “tracciabilità” dei pagamenti in Europa, con le norme antiriciclaggio più copiate al mondo (fonte: il Gafi, organizzazione dell’Onu).

Non merita poi commento la proposta della “tassa sul contante”, per fortuna nemmeno considerata. Vediamo di non esagerare.

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