Il dottor Attilio Manca è morto nel suo appartamento di Viterbo il 12 febbraio del 2004. In via Monteverdi 10. Da allora la sua morte “per overdose”, si legge in una perizia medico-legale, è divenuta un mistero che si “lega” al nome del boss Bernardo Provenzano. Uno dei capi di Cosa Nostra. Siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio aveva 35 anni. Laureato e specializzato in urologia con il massimo dei voti, dal 2002 lavorava presso l’ospedale viterbese del Belcolle. Uno dei pochissimi in Italia a saper operare il tumore alla prostata in laparoscopia.
Dall’istante della sua morte, sono passati quasi 3mila giorni senza alcun processo. Ma con tre richieste di archiviazione, tutte e tre respinte. L’ultima, poche settimane fa. Il gip della Procura della Repubblica di Viterbo, Salvatore Fanti, ha deciso di riaprire le indagini. Sei gli indagati. Tra questi c’è uno degli uomini di spicco del clan mafioso dei Barcellonesi, Angelo Porcino, 55 anni. Gli altri sono: Salvatore Fugazzotto, Ugo Manca, Renzo Mondello, Andrea Pirri, tutti oringinari Barcellona Pozzo di Gotto e, infine, una donna romana, Monica Mileti. Il gruppo avrebbe fornito la droga al medico che poi lo ha ucciso. Per gli inquirenti viterbesi la morte è dovuta quindi a un’overdose. Tuttavia chi lo conosceva ha sempre negato che Attilio avesse fatto uso di sostanze stupefacenti. Per i genitori del medico, invece, il loro figlio sarebbe stato costretto ad accompagnare per una delicata operazione in Francia, in una clinica di Marsiglia, Bernardo Provenzano. E poi di lì ucciso.
Quali sono i punti sospetti a suffragare la tesi che l’urologo sia stato “suicidato”? Prima di tutto i “buchi” da siringa erano sul braccio sinistro. Fatto decisamente insolito, perché lo specialista era un mancino puro. Non solo. Il suo cadavere presentava il setto nasale rotto e le ecchimosi sui polsi. Dove abitava e nell’armadietto del Belcolle non si riuscì a trovare nulla. Né il portafogli, né un documento. Inoltre i genitori Angela e Gino dovettero risarcire la proprietaria della casa viterbese per i danni causati da una lesione sul parquet, in un punto di fronte alla porta del bagno. Ingresso del bagno dove venne ritrovata una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago. Un danno che dava l’impressione di essere causato da un colpo violento dovuto a un oggetto rotondo.
Qual’è invece l’ipotesi della famiglia Manca? Per loro, Attilio sarebbe stato assassinato dalla mafia barcellonese perché avrebbe operato o assistito il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, durante la sua latitanza francese nell’autunno del 2003.
Il primo a parlare dell’operazione alla prostata di Provenzano fu Francesco Pastoia, arrestato il 25 gennaio del 2005 nell’ambito dell’operazione “Grande Mandamento” e suicidatosi appena tre giorni dopo nel carcere di Modena. I viaggi di Provenzano a Marsiglia sono stati due, entrambi nel 2003. L’ultimo dal 2 ottobre al 21 novembre, quando venne operato nella clinica Casamance alla prostata e all’omero sinistro. Dov’era Attilio Manca in quei giorni? In Costa Azzurra, dove fece pure un paio di telefonate ai suoi genitori. Dopodiché, nell’estate del 2005 Francesco Campanella, ex segretario nazionale dei giovani dell’Udeur, dopo aver confessato di far parte della famiglia mafiosa dei Mandalà a Villabate (Palermo), raccontò alle autorità sia del viaggio che dell’intervento fatto a Marsiglia dal boss di Cosa Nostra. “Un sottufficiale dei carabinieri – scrive Joan Queralt nel libro “L’enigma di Attilio Manca” (ed. Terrelibere 2010) – riferì confidenzialmente ad Angela che il pentito Francesco Campanella, il mafioso incaricato dell’organizzazione del viaggio di Provenzano a Marsiglia, aveva messo a verbale tutta la verità sul caso”.
“Bastava entrare in contatto con i giudici della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che raccolsero le dichiarazioni, e chiedere loro i verbali degli interrogatori”. Infine, il nome di Angelo Porcino di Barcellona Pozzo di Gotto, arrestato il 27 giugno in provincia di Messina dai militari del Ros e della Dia(Direzione Investigativa Antimafia) nell’ambito delle operazioni Gotha e Pozzo 2 che hanno visto finire in manette 24 persone. Secondo i genitori di Attilio, Porcino potrebbe essere in qualche modo ricollegabile alla vicenda del figlio tanto da chiedere alla magistratura di confrontare le impronte del barcellonese con quelle rinvenute nell’appartamento di via Monteverdi. Così come che venisse effettuata l’analisi del Dna dei mozziconi trovati nei pressi della casa di Viterbo. “La vicenda di Attilio Manca – dichiara il senatore Pd Giuseppe Lumia della Commissione parlamentare antimafia – merita la massima attenzione. Una vicenda con molti punti oscuri, che hanno come sfondo uno scenario ben più complesso e – conclude – articolato di quel che appare, com’è tipico delle vicende della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, e dove è nascosta la verità”.
di Daniele Camilli e Roberto Pomi