A Milano la mafia esiste. Ma se la intendiamo come cultura omertosa, allora non c’è. Lo dice il ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, arrivata nel capoluogo lombardo per inaugurare la sede regionale dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Un ufficio che servirà a gestire le proprietà sottratte ai boss. In un territorio molto fertile per gli affari malavitosi, visto che il capoluogo lombardo è al quinto posto nella classifica nazionale per la confisca di immobili e addirittura al terzo per quella di aziende. Con buona pace dell’ex sindaco Letizia Moratti e del prefetto Gian Valerio Lombardi, oggi presente al taglio del nastro, che in passato hanno dichiarato che all’ombra della Madonnina, di mafia, non ce n’è.
Teorie negazioniste non più di moda. Almeno in parte. Cosa è cambiato oggi? Risponde il ministro Cancellieri: “Bisogna distinguere se intendiamo come mafia la cultura omertosa o lo sfruttamento del territorio per lo sviluppo dei capitali. Come cultura omertosa a Milano la mafia non c’è”. La criminalità organizzata, secondo la responsabile del Viminale, viene al Nord per reinvestire quanto guadagnato illecitamente. Ma i cittadini meneghini hanno una forte capacità di reazione e denunciano il malaffare. Parole che contraddicono l’allarme lanciato appena un anno fa da Ilda Boccassini, capo della direzione distrettuale antimafia di Milano, che ha parlato di intimidazioni ed estorsioni ai danni di imprenditori che non denunciano alcunché. “Forse sull’imprenditoria – ha ammesso il ministro – ci sono state delle difficoltà. Bisogna far crescere la volontà di reagire, che comunque c’è”. Prima dell’invito finale: “Reagire, reagire, reagire”.
Reagire contro quelle organizzazioni che oggi concentrano i propri sforzi per infiltrarsi negli affari di Expo 2015. Per questo la Cancellieri ha annunciato che nei prossimi giorni a Milano verrà firmato un protocollo quadro di legalità per le opere in vista dell’esposizione universale. Il documento fa parte delle misure per la prevenzione antimafia e, tra l’altro, prevede la creazione di una banca dati web, in cui verranno registrate le informazioni sugli imprenditori e sugli altri operatori economici che lavoreranno nei cantieri dell’Expo.
Queste misure cercheranno di contrastare la morsa della criminalità organizzata. In un territorio che ha l’8,5% del totale dei beni immobili confiscati in tutta Italia e il 13,7% delle aziende confiscate. Segno che Milano è terreno assai fertile per gli affari di mafia e ‘ndrangheta. Per questo i rappresentanti degli enti locali hanno salutato con soddisfazione la nascita della sede locale dell’Agenzia per i beni sequestrati. Presenti alla conferenza stampa in prefettura il sindaco Giuliano Pisapia, il governatore Roberto Formigoni e il presidente della Provincia Guido Podestà. Tutti a parlare di un nuovo passo avanti nella lotta alla criminalità e nell’affermazione della cultura della legalità. Senza fare però alcun cenno alle difficoltà che le istituzioni incontrano quando alle parole devono fare seguire i fatti. Come sta accadendo per la nascita della commissione comunale antimafia, che continua a essere tribolata: è di tre settimane fa il veto messo da Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl a Palazzo Marino, sulla candidatura alla presidenza di David Gentili (Pd). Colpevole di aver osato chiedere un chiarimento al consigliere del Pdl Armando Vagliati. Che, sebbene non indagato, è finito nelle carte dell’ultima inchiesta della Boccassini, perché in contatto con il presunto boss della ‘ndrangheta Giulio Lampada.
Per la sede lombarda dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati è stato scelto un appartamento in centro (via Moscova 47), confiscato nell’ambito dell’inchiesta sul re delle bonifiche Giuseppe Grossi e sul quartiere Santa Giulia. Il nuovo ufficio si va ad aggiungere a quello centrale di Reggio Calabria e a quelli distaccati di Palermo e Roma. Mentre entro febbraio – ha annunciato il direttore Giuseppe Caruso – ne verrà aperto uno anche a Napoli. All’inaugurazione di oggi ha partecipato anche Roberto Maroni, che da ministro degli Interni si era speso per la nascita della sede milanese. Stamattina il primo atto: una villa a Rescaldina (in provincia di Milano), che apparteneva a un boss della ‘ndrangheta, è stata consegnata alla onlus Obm e verrà utilizzata come residenza per ospitare i familiari dei bambini ricoverati all’ospedale Buzzi.
di Luigi Franco e Franz Baraggino